Copertina 7,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2005
Durata:44 min.
Etichetta:Karmageddon Media
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. ARMY OF THE DESPISED
  2. 7 MONTHS OF SUFFERING
  3. CONCRETE SARCOPHAGUS
  4. UNDER THE BLOOD CAMPAIGN
  5. THE HAUNTED RAVINES
  6. ORIGIN
  7. THE CRUEL HUNTERS
  8. 1917 SPRING OFFENSIVE
  9. THE WHITE CREMATORIUM

Line up

  • Robin Kok: vocals, guitars, bass
  • Martjin Moes: guitars
  • Michiel Dekker: guitars, programming
  • Sjoerd Visch: drums

Voto medio utenti

Da una band che si chiama The Monolith Deathcult e si fregia di una cover macchiata di sangue non ci si può aspettare altro che un massacro Brutal Death Metal di immane proporzioni. Ciò si verifica puntualmente, ma la sorpresa maggiore è scoprire che questa band ha personalità nello scrivere le proprie canzoni, e non annoia assolutamente, il che è fondamentale per il genere proposto.
Figli di una scuola, quella olandese che a sua volta si rifà a quella americana più intransigente, che ultimamente ci ha regalato notevoli perle in questo ambito, i The Monolith Deathcult impressionano per viscerale foga di far mattanza, per la brutalità profonda della loro musica, per le accelerazioni di batteria e chitarre che “grindano” senza pietà, e per un singer totalmente malato. “The White Crematorium” è un monolite pesantissimo, dove l’intensità raggiunge livelli da cardiopalma.
Le canzoni sono tutte abbastanza strutturate e non difettano di varietà, laddove ad un pezzo brutalissimo e alquanto ordinario come “Concrete Sarcophagus” succede un pezzo, “Under The Blood Campaign”, che da solo vale il prezzo del disco, vuoi perché è ancora più brutale della precedente, con continui cambi di ritmo, laddove le accelerazioni sembrano non aver mai fine, vuoi per alcune atmosfere totalmente morbose e ricche di pathos che oserei definire putrescenti. La puzza di morte è insopportabile. Per fortuna che subito dopo arriva la strumentale “The Haunted Ravines” che non sfigurerebbe su un disco dei Nile, sia per le atmosfere, sia per gli strumenti usati (anche se in questo caso credo siano samples).
Ed è così che il disco fila fino alla fine, e si rischia di arrivare definitivamente annichiliti e sfibrati, in modo da non riuscire a sostenere la prova finale, la title-track, la quale si snoda per ben undici lunghissimi minuti. “The White Crematorium” inizia lenta e minacciosa, con un flavour decisamente affine a certo doom funerario, e prosegue su questa falsariga per ben otto minuti e si chiude con un sample di una canzone popolare sovietica (non a caso la canzone parla di un gulag stalinista, il famigerato Kolyma in Siberia).
Ciò mi dà lo spunto per parlare dell’impianto lirico, il quale è di tutto rispetto e racconta la storia di diverse battaglie, ed è davvero bello che la band, nel booklet molto ben curato e fornito, abbia dedicato ad ogni lirica un breve commento esplicativo.
Vi sarete resi conto che ci troviamo di fronte ad un prodotto molto ben curato sotto tutti i punti di vista, che offre oltre alla pregevole materia prima musicale, una confezione di notevole spessore, anche a livello visivo. I veri fan del Death Metal non possono farsi scappare questo disco, non possono non apprezzare questa band incredibile, che di questo passo è destinata a scrivere splendide pagine di musica estrema. Purtroppo non ho ascoltato il loro precedente disco di debutto “The Apotheosis”, e quindi non so dirvi se questa è una conferma oppure un exploit. Preferisco tenermi relativamente basso col voto, ma se avete letto quanto sopra con attenzione, potete pure aggiungerci un voto sopra a quanto sotto. E scusate il gioco di parole.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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