A distanza di quattro anni dal demo "In A Life Of Death To Nothing", rieccomi alle prese con gli italiani
Unconventional Disruption in occasione del loro debutto sulla lunga distanza con questo
"Flood To Euthanasia", edito da
Memorial Records. Le vicissitudini legate alla perdita del precedente batterista non hanno scoraggiato questi ragazzi, che dopo uno stop forzato durato fino al 2011 riescono a trovare un sostituto in Tedone e che con questo album ci propongono mezzora di musica tritaossa. L'album riparte da dove il primo demo ci aveva lasciati, ovvero un metal fortemente influenzato dagli svedesi
Meshuggah e con qualche richiamo al math di gente come
Cephalic Carnage, dove sono le chitarre ad 8 corde ad essere le assolute protagoniste. Facile quindi immaginare suoni grossi e corposi, che tuttavia rimangono distinguibili all'orecchio di chi ascolta (anche se dal vivo questo può rivelarsi un problema), tempi "storti" e sincopati con una buona dose di groove accompagnati da dei vocalizzi che sono veri e proprio grugniti, emessi dal cantante Gory. Gli Unconventional Disruption puntano tutto sull'impatto dei pezzi, asciugati di qualsiasi orpello e limitando al minimo sindacale i frangenti solisti per mettere in piedi un disco che schiacci letteralmente l'ascoltatore, annichilito dal muro sonoro eretto dal quintetto. L'unico difetto da imputare "Flood To Euthanasia" è quello di un'eccessiva ripetitività, dal momento che tutti i brani mirano a riproporre i medesimi pattern e clichè del genere rendendo il disco un po' troppo monocorde. D'altronde è anche difficile sfuggire a certi schemi se si vuole suonare questo specifico genere, e la durata limitata del disco consente di attutire questa sensazione di ripetitività.
Gli
Unconventional Disruption propongono quindi un buon disco che siamo certi potrà incontrare il favore degli amanti di Meshuggah e Cephalic Carnage (svuotati però della loro componente più schizofrenica) e magari interessare anche a coloro non bazzicano solitamente questi territori sonori.
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