Se già "Rogues En Vogue" prima e "Shadowmaker" poi, ci avevano mostrato un Rock'n'Rolf che aveva via via trasformato il sound dei
suoi Running Wild sotto i colpi di bordate a base di Hard Rock, proprio queste sonorità hanno ora il sopravvento nei
Giant X, una nuova realtà messa in piedi assieme a Peter J. Jordan, già al suo fianco negli stessi Running Wild.
Chiaro che ci siano dei punti in contatto, nell'inconfondibile voce e nel guitarwork di Rolf, ma anche a livello di songwriting, seppur il tutto venga smorzato dall'averci lavorato a quattro mani, e non più ad opera esclusiva del timoniere dei Running Wild.
E così non ci si deve stupire se dopo l'evitabile intro "The Rise of the Giant X", la vivace "On a Blind Flight" riecheggia vagamente (ok... un po' più che vagamente!) "Raise Your Fist".
Ad ogni modo, a spezzare le catene dai Running Wild ci pensano i coretti
BonJoviani che aprono, e si rincorrono poi nel suo svolgersi, "Don't Quit Till Tomorrow", con l'album che, infatti, si adagia su atmosfere Rock, che siano quelle dall'impronta blues e southern di "Badland Blues", oppure quelle spiccatamente easy di "Nameless Heroes" e scanzonate di "The Count" e di "Let's Dance", per tacere delle pericolosamente (e tristemente) tentazioni moderniste di un'improbabile "Friendly Fire".
Van Halen, Kiss, Bon Jovi, Cinderella, Scorpions, Bonfire: questi sono alcuni dei gruppi che possono venire in mente al termine dell'ascolto di un disco dal titolo minimale quale "I", che, senza l'ingombrante ombra del logo e sopratutto del passato dei Running Wild, riesce anche a farsi apprezzare, risultando un po' più spontaneo e
sincero di "Shadowmaker".
Well, it's a dirty job but someone's gotta do it
And it's a dirty review but someone's gotta write it ...
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