Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2012
Durata:51 min.
Etichetta:Avenue of Allies
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. DANCE THE NIGHT AWAY
  2. SIN CITY
  3. HOW COULD IT COME TO THIS
  4. BAD MAD MAN
  5. FOREVER YOU & ME
  6. MISSING LINK
  7. GREEN UNIT (INSTRUMENTAL)
  8. LOOK THE GHOST IN THE EYES
  9. THE HOUSE UPON THE HILL
  10. CASTLE OF MINE
  11. WELCOME TO MY ISLAND (INSTRUMENTAL)

Line up

  • Sven Larsson: guitars, vocals on “Dance The Night Away”, “How Could It Come To This”, “Forever You & Me”, “The House Upon The Hill”
  • Goran Edman: vocals on “Sin City” and “Missing Link”
  • Anders Ahlund: vocals on “Look The Ghost In The Eyes” and “Castle Of Mine”
  • Thomas Eriksson: vocals on “Bad Mad Man”
  • Christian Johansson: drums
  • Bjorn Lodmark: bass
  • Fredrik Bergh: keyboards
  • Ulf Pettersson: keyboards
  • Soren Karlsson: keyboards
  • Daniel Karlsson: keyboards
  • Ove Lundstrom: backing vocals, keyboards, bass
  • P-O Larsson: steel guitar, organ, backing vocals
  • Totte Karlsson: sax, flute
  • Par Forsberg: Hammond
  • Goran Fors: Taurus pedals

Voto medio utenti

Disco sopraffino.
Non credo esista definizione migliore per “Bad mad man”, il secondo lavoro solista di Sven Larsson.
Con il contributo di amici e colleghi di certificata qualifica artistica, il chitarrista degli AOR-sters Street Talk, ma noto anche per la militanza in Galleon e Xinema (e per importanti collaborazioni … Lionville, Coastland Ride, Sapphire Eyes, Charming Grace …), con cui ha frequentato pure territori maggiormente progressivi, consegna a questi cinquantun minuti di raffinate vibrazioni sonore tutta la cospicua dotazione di feeling, tecnica e versatilità che possiede e che lo rendono uno dei musicisti più sensibili dell’intera comunità melodica.
Qualcuno si stupirà per un’affermazione così “impegnativa”, soprattutto perché il nome del nostro non è forse uno di quelli particolarmente cool all’interno di una scena molto (ben) frequentata, eppure sono sufficienti anche solo un paio di ascolti dell’albo in questione per rendersi conto della classe, del talento e della scintillante preparazione di Larsson (e dei suoi sodali ...), tra l’altro qui impegnato con profitto, in talune situazioni, anche nel canto.
Un altro aspetto piuttosto evidente è che questo Cd rimarrà probabilmente un prodotto elitario, poiché pur evocando di frequente le delizie sonore dei Toto (mescolate con la grazia della Michael Thompson Band, il tocco sofisticato degli Steely Dan, l’aristocratica adultness dei GTR, un pizzico della spiritualità di certi Kansas e addirittura qualcosa di Al Jarreau …), è quasi completamente privo di quella “malizia commerciale” che ha spesso reso questi ultimi degli impareggiabili hitmakers, risultando alla fine un paradigma di eleganza non straordinariamente trendy.
Questo non significa assoluta mancanza di energia o insormontabili problemi di “comunicazione”, anzi in un paio di casi il suono s’irrobustisce fino ai confini dell’hard-rock (la splendida “Sin city”, con un grande Goran Edman, la stessa title-track, nonostante la sua atmosfera complessiva vellutata e notturna) o scandaglia efficacemente i terreni adatti all’airplay adulto ("Dance the night away”), ma anche in questi casi il tasso di “ruffianeria” è costantemente assoggettato a quello dell’intensità espressiva.
Chi vorrà concedere i suoi favori cardio-uditivi a “Bad mad man” ne riceverà ampia e profonda gratificazione, in graduale e costante incremento ad ogni nuova audizione, la quale svela sfumature e piccoli anfratti emotivi sempre sorprendenti e appaganti, grazie a composizioni trasognate e vaporose (“How could it come to this”), fluttuanti, esotiche e magiche (“Missing link”), levigate e jazzy ("Look the ghost in the eyes”, "The house upon the hill” e l’incantevole "Castle of mine”, con i suoi bagliori prog-AOR), che solo sporadicamente rischiano di apparire leggermente stucchevoli (“Forever you & me”).
Gli estimatori di Steve Lukather, Neal Schon, Martin Landau ed Eric Johnson potranno, inoltre, ritrovare molte delle scintillanti peculiarità tecnico-interpretative dei loro beniamini anche in un paio di suggestivi strumentali (“Green unit” e "Welcome to my island”), a completamento di un lavoro da considerare pura ambrosia per i palati più chic e delicati.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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