I dischi delle one-man band, devo essere sincero, mi spaventano sempre un po’. Sarà l’esperienza, saranno tante cose, ma mai sono stato attratto e conquistato da questo tipo di proposte.

Il lavoro dell’artista laziale Mario Contarino fa però eccezione, grazie a un disco piacevole dalla prima all’ultima nota, con qualche momento noioso che abbassa un po’ il voto ma tanti spunti interessanti e qualche sobbalzo dato da picchi veramente notevoli.

Il genere proposto è un progressive infarcito di influenze: metal, hard rock, funk, blues, elettronica, fusion. La cosa bella di questo disco è che quasi mai si ha la sensazione di avere a che fare con un prodotto fondamentalmente costruito e poco suonato. Questo è il vero punto di forza di un disco onesto, passionale e di valore.

Certo, forse non potrà competere con decine di altri album che oggi affollano il mercato, non sarà un lavoro epocale da tramandare ai posteri, ma fa il suo mestiere: ti consente di trascorrere un’oretta in compagnia di buona musica. Il mio consiglio è quello di dargli un ascolto e provare a vedere se ci trovate di che appassionarvi.

In chiusura, vi devo dire anche un’altra cosa, che omettere sarebbe ipocrita e considerare al primo posto altrettanto idiota. Mario Contarino è un ex batterista, oggi costretto a fare musica attraverso un PC perché affetto da distrofia muscolare. Un album dunque frutto di una passione grande, di una forza di volontà rara, di un amore che tutti noi conosciamo (quello per la musica) ma soprattutto di un amore che dovremmo imparare a considerare di più, quello per la vita.