Copertina 5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2004
Durata:45 min.
Etichetta:Mausoleum
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. KING OF PAIN
  2. THE LION
  3. MIRRORLAND
  4. CHAINED TO THE DARK
  5. ALIENS IN SPAIN
  6. WINGS OF AN ANGEL
  7. UNCHAIN THE BEAST
  8. DID YOU SAY YOU LOVE ME?
  9. FACE THE STORM

Line up

  • Oliver Oppermann: vocals, keyboards, drum programming, acoustic guitar
  • Philippe Candas: drums, percussion, keyboard programming
  • Kai Reuter: guitars, sound effects
  • Cyborg Haines: bass

Voto medio utenti

Tempi duri per i “music junkies” … il prezzo dei Cd ha raggiunto vette stratosferiche, che non permettono molti esperimenti e se poi i vostri gusti musicali spaziano all’interno di vari generi … la situazione è ancora più critica. Ma niente paura, contro il “caro Cd” ecco spuntare gruppi come questi The Ordeal (da non confondere con la quasi omonima gothic band italiana), che con il loro debutto “Kings of pain”, licenziato dalla “storica” etichetta belga Mausoleum, riescono a condensare un elevato numero di stili musicali differenti tra loro, anche all’interno dello stesso pezzo.
Prendete per esempio “The lion”, in cui il singer Oliver Oppermann alterna vocals evocative ad attitudine quasi nu metal, così come il sound oscilla tra heavy metal “moderno” e sonorità di metallo più tradizionale, nelle quali s’inseriscono anche break centrale orchestrale, stacco corale e solo neoclassico, o “Aliens in Spain”, che dopo un intro di chitarra acustica esplode in un episodio di heavy molto classico, caratterizzato però dalla già citato conflitto nell’approccio al cantato, e che dire di “Did you say you love me?”, dalle chitarre pesanti, samples elettronici, un ritornello non molto azzeccato, in quello che si rivela come un pessimo tentativo di crossover dall’appeal commerciale, o ancora di “Face the storm”, che sarebbe anche un discreto up-tempo di heavy melodico anni ’80, se non fosse parzialmente rovinato da un passaggio vocale rappato / filtrato completamente fuori luogo.
Accanto a questi episodi più “singolari”, troviamo brani più canonici come la discreta “Mirrorland”, che, preceduta da un prologo acustico, si evolve in un tipico heavy metal di stampo teutonico, con tanto di cori, un buon guitar solo e che si concede anche un finale quasi da trip psichedelico settantiano (un po’ alla Scorpions di “Lonesome crow”), l’hard’n’ heavy con qualche influenza NWOBHM di “Chained to the dark”, la cui resa è però limitata da fastidiosissimi effetti elettronici e da una voce non completamente “a fuoco”, o la power ballad “Wings of an angel”, per la verità non molto riuscita e per finire con lo scontato ma grintoso H.M. di “Unchain the beast”, dove ritroviamo ancora una volta suoni di tastiera abbastanza irritanti.
Sebbene la volontà di sperimentazione sia generalmente un aspetto apprezzabile, quest’attitudine al modernismo ad ogni costo, mantenendo contemporaneamente anche un legame molto saldo con la tradizione metallica, in modo però piuttosto “slegato”e senza la necessaria armonia, inficia in modo rilevante il debutto di questi The Ordeal (per i quali si è scomodato Hermann Frank – già chitarrista con Accept/Victory/Moon’Doc – in sede di produzione), anche a causa della laringe di Oppermann … un incrocio tra Udo Dirkschneider e Gerrit Mutz, leggermente più puliti e dall’estensione maggiore, colpiti, però da un improvviso attacco di “rap metal mania” galoppante.
Il risultato finale non è, quindi, molto convincente, dal momento che realizzare un disco con velleità “crossoveriane” non significa buttare in un unico calderone un po’ di espressioni musicali e accostarle in modo confuso.
“Kings of pain” è un disco che ha come principale difetto la mancanza di coesione e che, nel tentativo di accontentare un po’ tutti i fans delle varie diramazioni del metallo, finisce per ottenere il risultato completamente opposto.
Ritornando all’elevato costo dei dischetti ottici, credo che sia consigliabile evitare questo lavoro (o quantomeno dedicargli un attento ascolto preventivo) e rivolgersi altrove, dirigendosi verso quelle bands che la materia “fusione tra generi”, la sanno trattare con sapienza (mi vengono in mente, in ambito completamente diverso, gli ottimi Mars Volta) o verso gruppi meno "moderni", ma di sicuro più coerenti e sinceri…
L'offerta speciale paghi uno e prendi molti (in questo caso generi musicali...) è una formula che non sempre conviene!

P.S. altra piccola nota negativa, anche se non fondamentale: la sequenza dei brani pubblicata sulla cover del platter è completamente errata (almeno sulla mia copia), difetto ovviato in parte dal fatto di essere un cd text, in cui l’ordine delle tracce è corretto ma leggibile solo da cd player equipaggiati con tale funzione.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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