Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2012
Durata:40 min.
Etichetta:Non Serviam Records

Tracklist

  1. AND YET IT MOVES
  2. GOD OF CARNAGE
  3. WHERE TEARS ARE BORN
  4. IT ALL TURNS TO ASHES
  5. CAGE OF PAIN
  6. WHEN SILENCE BECAME ETERNAL
  7. WARSTORMS
  8. STORMLEGION (WARSTORMS PART II)
  9. THE THIRDE ECLIPSE

Line up

  • Johnny Lehto: Vocals, Guitars
  • Christer Bergqvist: Guitars
  • Andreas Hedström: Bass, Vocals
  • Carl Karlsson: Drums
  • John Havås: Keys

Voto medio utenti

Con molta probabilità il nome dei Grief of Emerald non dirà molto alla maggiorparte di voi, eppure il gruppo di Uddevalla ha avuto un suo peso specifico nella scena estrema svedese della prima metà degli anni '90 contribuendo, anche per le passate esperienze di alcuni suoi membri, a determinare un tipo di suono diventato poi celebre in tutto il mondo.
La storia del gruppo si era bruscamente interrotta nel 2002 quando i nostri cessarono di farci avere loro notizie non senza, però, averci regalato vere perle di swedish sound, soprattutto con i primi due lavori.
L'anno scorso, grazie alla Non Serviam Records, i Grief of Emerald avevano rivisto la luce con "The Devils Deep" album che però conteneva un solo inedito più altri pezzi presi dai loro precedenti lavori e quindi è solo adesso, con il nuovissimo "It All Turns To Ashes" che possiamo parlare del vero e proprio ritorno di un gruppo tanto valido quanto poco conosciuto.
La musica del nuovo album, il cui titolo è emblematico del contenuto, è l'ideale crocevia tra la violenza di band come Naglfar e Unanimated e l'approccio sinfonico di gente come i Dimmu Borgir, il tutto all'insegna di una proposta fortemente abrasiva, violenta che poco regala alla melodia, aspetto che di solito troviamo nei gruppi svedesi.
"It All Turns To Ashes" è, quindi, un disco che picchia duro, durissimo, e non disdegna influenze americane, soprattutto nel riffing e nella ferocia esecutiva, e che certamente farà la gioia degli amanti dell'assalto sonoro e della violenza con pochi compromessi.
Certamente i fasti del passato sono lontani ma, nonostante questo, i Grief of Emerald sono ancora in grado di scrivere brani come "God Of Carnage", dal riff crudo ed assassino, o "Cage of Pain", irresistibile pezzo sinfonico dal ritornello che non vi uscirà più dalla testa, che testimoniano la bontà di un progetto che ha ancora diverse frecce al suo arco.
Se siete amanti dell'estremo svedese, in tutte le sue sfumature, e se siete stanchi di gruppi di plastica, vi consiglio caldamente di dare una possibilità a questo disco.
Ben tornati.
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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