Copertina 5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2012
Durata:56 min.
Etichetta:SPV
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. MANUS DEI
  2. SACRIMONY (ANGEL OF AFTERLIFE)
  3. ASHES TO ASHES
  4. TORN
  5. SONG FOR JOLEE
  6. VERITAS
  7. MY CONFESSION
  8. SILVERTHORN
  9. FALLING LIKE THE FAHRENHEIT
  10. SOLITAIRE
  11. PRODIGAL SON
  12. CONTINUUM

Line up

  • Sean Tibbetts:bass
  • Thomas Youngblood: guitars
  • Casey Grillo: drums
  • Oliver Palotai: keyboards
  • Tommy Karevik: vocals

Voto medio utenti

Ed ecco giungere nell'ultimo trimestre 2012 uno dei dischi più attesi dell'anno (e questo la dice lunga sullo stato di salute del metal mainstream odierno...) ovvero il ritorno dei Kamelot, per la prima volta negli ultimi 14 anni senza il carismatico, nonchè afono in sede live, Roy Khan a cui è subentrato un ragazzo svedese di nome Tommy Karevik che molti conoscono ed apprezzano per il suo lavoro con i Seventh Wonder, un gruppo a mio avviso carino ma nulla più, ma la qualità dell'ugola è fuori discussione.

Onestamente è da "The Black Halo" che i Kamelot non sono più i Kamelot, ovvero "Ghost Opera" e specialmente "Poetry for the Poisoned" hanno rappresentato l'apice più basso della loro carriera, escludendo i lavori acerbissimi degli esordi quando ancora dietro il microfono c'era il dimenticatissimo Mark Vanderbilt di cui onestamente ignoriamo il proseguio di carriera.

Questo fattore unito al cambio di cantante era visto come occasione di riscatto da parte degli estimatori della band americana, per tornare ai tempi di "Epica", "Karma" e specialmente quel "The Fourth Legacy" che fece fare il botto ed il salto di qualità, nonchè di vendite, ai Kamelot: tutti attendevano "Silverthorn" come il Messia, tutti tranne il sottoscritto che invece era assai dubbioso e scettico sulla qualità di quest'ultimo.

E così è stato.

Tanta carne al fuoco, tante chiacchiere, per un disco assolutamente nella norma, privo di quel quid particolare, pregno di difetti ed incapace di emozionare se non per brevi e sporadici tratti: un album che reggerà la prova del tempo a malapena per qualche mese, per poi confondersi con mille altri.

Il difetto e, diciamolo pure, la fregatura principale di "Silverthorn" è proprio Karevik: per carità, la colpa non è certamente la sua, ma non si capisce il senso di prendere un cantante, peraltro assai dotato e con buona personalità, con l'unico scopo di scimmiottare quello che se n'è appena andato, con risultati ovviamente inferiori.

Al termine dell'inutile intro, all'esplodere di "Sacrimony", che è già passata alla storia per avere il videoclip più ridicolo e plasticoso dai tempi del nostro Turillone nazionale che con la sua chitarra faceva esplodere la luna, non si capisce se Khan ci sia ancora oppure no, tanta è la verosimiglianza con l'illustre predecessore norvegese: ed il tutto prosegue più o meno per tutta la drurata del disco, il solito disco pretenzioso, pesante, troppo ricco di orchestrazioni ed inutili orpelli, e troppo poco metal e diretto.

Insomma, la solita sindrome da megalomani che attanaglia questi musicisti nati a colpi di riffs di Black Sabbath e Deep Purple che giunti ad una certa età si sentono dei novelli Basil Poledouris e si lanciano in sfide improbe sotto il cui peso vengono inevitabilmente schiacciati. Ma non era meglio comporre un disco semplicemente metal, lineare, sinfonico ed elaborato ma nulla più?

Evidentemente no, ma siamo certi che in ogni caso "Silverthorn" compiacerà una gran parte dell'audience, ormai così male abituata che ogni disco decente appare come un capolavoro. Se poi ci aggiungiamo delle voci femminili, peraltro di qualche figa da piazzare in copertina di magazine o a mo' di pin-up per le interviste (tipo Elize Ryd, che per carità è bona come il pane ma i suoi Amaranthe sono un qualcosa di inascoltabile, una prece per chi li apprezza), il prodottone commercialone luccicante è pronto per fare sfracelli...beh, relativi a questi tempi in cui vendere 10.000 copie equivale a 10 dischi d'oro.

Queste sono le considerazioni fino a circa metà album, diciamo "My Confession" compresa. Per esprimersi in termini numerici oseremmo un 6,5, così perchè i Kamelot ci stanno simpatici dopotutto.

Da qui in poi un disastro completo, una sequela di pezzi BRUTTI come il peccato oppure desolatamente inutili, in cui l'ispirazione latita in maniera imbarazzante, in cui Karevik è sempre più costretto ad esprimersi su territori non suoi e perde impietosamente il confronto con Khan, giustamente poichè è un'altra persona e le copie non possono battere gli originali, colpa di chi lo ha costretto a cantare così su partiture a lui non congeniali.

Diffidate di chi vi spaccia questo disco come un capolavoro incredibile poichè è gente che si accontenta di poco, veramente poco. E non paga i dischi. Oppure ha delle convenienze a farlo.

Noi che amiamo la musica e che amiamo i Kamelot quando ce la "regalano", ed in passato lo hanno fatto più volte, vi incoraggiamo a lasciar perdere o quanto meno ad approcciarvi a "Silverthorn" in maniera assai cauta, piuttosto di volgere lo sguardo al passato, a quando Youngblood era meno innamorato di sè stesso e più della musica, sperando che in futuro si possa invertire la tendenza e che il povero Karevik possa smettere di vestire i panni del copia-Khan, anche se il timore dell'ennesimo gruppo bollito è evidentemente alto e preoccupante.

Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli
Timida Risalita

A distanza di qualche annetto e a mente fredda posso giudicare quest'album come una timida risalita verso lo stile che più compete alla band.Nulla di nuovo sotto il sole,l'album è una summa di cliché inaugurati con"TBH"e culminati con"GO",però almeno si risente qualche accenno celtico/epicheggiante vecchio stile in"Veritas".Il tutto poi rovinato dalle solite voci femminili,cori & amenità varie.Un album di pura Transizione.Pessima la cover!

tutto nuovo niente nuovo

Ho ascoltato e riascoltato l'album. Non mi sembra da buttare, anzi rimane del tutto godibile. Però sinceramente mi aspettavo che l'ingresso del nuovo cantante portasse l'intero gruppo a cercare qualcosa di nuovo, qualcosa che non ricordasse i pezzi degli album precedenti. Tommy ha stoffa da vendere ma a mio parere è stato relegato a fare da copia carbone di Khan. Ne risulta un disco dove l'attore principale è poco sfruttato.

Attento

Sto disco mi piace parécchio, Grazzzioli stai attento che ti abbrucio la machina.

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 16 apr 2015 alle 13:13

https://www.youtube.com/watch?v=JyaW-ry8tfg

Inserito il 18 nov 2012 alle 10:09

E' un album strano,può essere amato o odiato,a secondo dei punti di vista. Non è da buttare,ma è troppo sbilanciato verso la melodia a differenza di"poetry"che era troppo scuro. E' la necessaria risposta a "Poetry"ma ancora non matura. Non so se rimarrà Tommy e francamente non me n'importa(....bugiardo:-DDD). Non credo tornerà Roy,che mi sembra uno assai coerente quando prende una decisione(penso e spero più che si riformino i grandissimi CONCEPTION così di questi Kamelot nessuno sentirà più la mancanza.Tanto con Roy erano diventati i Kamception:-D ). Ci vorrebbe equilibrio tra Melodia & Pesantezza come in "Epica","The Fourth Legacy","Karma"&"The Black Halo"ed un ritorno a sonorità più epiche. Per chi vuole scoprire nuove sonorità epiche consiglio il mio nuovissimo progetto GOLDEN KINGDOM in compagnia di musicisti di talento come Dany All(Fogalord,Synthphonia Suprema,Tragedian),Davide Montorsi(Killing Touch & Michele Luppi Band)& Alex Agati(Artiaus) & forse GLENN BARRY al basso!!! Insomma proprio quello che ci vuole per chi ha nostalgia del vecchio sound della band (e di altre grandi bands come i Virgin Steele,Black Sabbath era Dio/Martin,vecchi Queensryche,Dream Theater,vecchi Fates Warning,Dokken,Fifth Angel,Ten,Dio etc) proiettato nel FUTURO. "Il Futuro ha messo radici nel Presente"(da"Excalibur"-Merlino) AG/GK

Inserito il 16 nov 2012 alle 12:59

Finalmente l'ho ascoltato tutto e devo dire che non mi è sembrato poi tanto male, anzi......si tratta sicuramente di una band in fase creativa "calante" ma, almeno in questo disco, se la cava ancora.... E per quanto riguarda Karevik, devo dire che nei pezzi dove fa il verso a Khan (Sacrimony e Torn...principalmente) lo trovo irritante, ma dove è un po' più "lui" il risultato è apprezzabile. Secondo me qualcosa di suo nelle melodie vocali c'è ed il risultato, per quanto non freschissimo, è decisamente apprezzabile. Con buona pace dei wannabe trombati :P

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