In un universo come quello dell’
alternative /
crossover , che negli ultimi tempi non sembra vivere un momento particolarmente fulgido, soprattutto per scarsità d’idee e di nuovi stimoli, i
Keam tentano di offrire una propria “versione dei fatti” quantomeno “credibile”, coinvolgente ed evoluta, entrando nelle regole di un “gioco” irto di difficoltà come questo con un lavoro magari non estremamente “innovativo”, ma ideato e realizzato con la stessa dovizia e la “scaltrezza” di chi è sulla scena da ben più tempo di loro.
(
Nu)
metal,
rock,
pop ed elettronica si combinano con perizia tecnica (con la particolarità della presenza in
line-up di un
synth bass …), gusto estetico e maturità espressiva in un disco che inevitabilmente riporta la memoria alla formula vincente concepita da gente del calibro di Linkin’ Park, Lostprophets, 30 Seconds To Mars e Orgy (o anche quella di formazioni magari meno celebri e tuttavia assai significative, come Videodrone e Deadsy …), e che, pur senza per ora minare risolutamente il ruolo egemone di tali modelli, riesce nell’impresa di non farli “rimpiangere” attraverso un
sound al tempo stesso dinamico, affabile e seducente.
Per arrivare a conquistare le vette dell’affermazione sarà presumibilmente necessario rendere ancora più intenso, accattivante e concreto un
songwriting a volte vagamente lezioso e superficiale e ciononostante la cura già riservata a composizioni e arrangiamenti non è sicuramente una faccenda trascurabile, sorprendendo, come anticipato, per una calibrazione dei vari elementi davvero appropriata e persuasiva.
La partenza, con “7000 Dreams”, è di quelle col “botto”, almeno se vi ritenete
fans del
post-metal alienante di Jane’s Addiction, Warrior Soul e Tool, mentre nella successiva “Billy’s tripp(y)” il contributo dell’elettronica comincia a diventare preponderante in un pezzo assai affascinante anche per il tocco imprevedibile delle sue cangianti traiettorie sonore.
Piuttosto buoni, nonostante le loro peculiarità “furbette” e un po’ derivative appaiono “Raven’s nest”, “Black ink”, “Monochrome life” e il vischioso singolo ”Robin’s revenge”, “roba” in grado di fare bene nelle classifiche radiofoniche specializzate e tuttavia leggermente carente in fatto di tensione emotiva, una caratteristica che ritroviamo invece vivida in “The secret”, degna di Jay Gordon & C., e nelle scintillanti schizofrenie di “A night with the alien” (la mia preferita, in cui si affacciano al proscenio delle influenze pure bagliori dei Muse), così come non sarà facile liberarsi dalle travolgenti melodie
cyber-pop di “Avoid the circle” e “ShowDown”, altri due brani che certificano la cultura, il talento e l’abilità di un gruppo veramente interessante, per cui immaginare a breve un significativo
exploit anche in senso commerciale (purtroppo non dipendente solo da aspetti squisitamente artistici …) non è per nulla azzardato e chimerico.
In bocca al lupo!
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