Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2011
Durata:42 min.
Etichetta:AFM Records

Tracklist

  1. DOMINATOR
  2. SEARCHLIGHTS
  3. LET SLEEPING DOGS LIE
  4. FIRE IN THE BRAIN
  5. SEASONS IN THE DARKNESS
  6. TURN THE CROSS UPSIDE DOWN
  7. BURNING LEATHER
  8. GAMBLER
  9. ENTER STADIUM
  10. TOTAL METAL
  11. THIRD WARNING

Line up

  • Ape DeMartini: vocals
  • Mark Ruffneck: Drums
  • Jay C. Blade: Bass
  • Costello Hautamäki: guitar
  • Markku Petander: guitar

Voto medio utenti

Un pugno guantato di nero si innalza tra le fiamme, in una copertina che racconta tutto da sola: tornano, dopo vent’anni di pausa, i rockers finlandesi OZ, già alfieri del metallo in piena era NWOBHM. Qualche buon album alle spalle, tanta fama tra le mura amiche (e in Svezia, dove la band si è recentemente trasferita), ma lo split era arrivato inesorabile nel 1991, quando la marea fangosa del grunge aveva fatto scempio della nostra amata terra metallica. Orbene, questa è la dimostrazione lampante che il Metal è una malattia dalla quale non si guarisce mai! Vent’anni dopo, la band del sensazionale vocalist Ape DeMartini torna con un nuovo album, “Burning Leather” che presenta brani nuovi e vecchi classici ri-registrati, e che contiene la summa di cosa sono stati, ed ancora sono, gli OZ.

Dalla mia citazione precedente avrete capito che qui ci muoviamo in territori cari ai primi Priest, agli Iron Maiden, agli Accept di Udo ed a Ronnie James Dio; è la voce di Ape ad essere il perfetto connubio tra Rob Halford ed il Nano Magico, ed alle sue spalle la band a due asce sforna i più classici dei riffettoni che tanto piacciono ai nostalgici come noi. “Burning Leather” è in pratica un bignami di cosa è stata la NWOBHM, anche quando alla B di ‘British’ si può sostituire un’altra lettera, in questo caso la F di ‘Finlandia’ (i puristi avrebbero sostituito con la S di ‘Suomi’, ma tant’è!).

Fa bella mostra di sé come opener dell’album la nuova track “Dominator” (di cui potete vedere il video in fondo), che è la miglior dichiarazione d’intenti di ciò che gli OZ vogliono essere, grazie ad un sound inconfondibile e ad una grinta che tante bands odierne potrebbero solo invidiare. L’album procede poi su livelli più che accettabili, includendo pezzi da novante della discografia degli OZ come la famosa “Turn the Cross Upside Down”, tratta da un EP che diventò nel 1984 oggetto di culto tra i collezionisti. La domanda che, invece, si fa strada prepotentemente nella mente del sottoscritto è: il mercato odierno è ancora desideroso di prodotti come questo? Ci siamo irrimediabilmente allontanati dalle nostre origini metalliche, o c’è ancora spazio per un heavy metal classico e puro, come quello degli OZ? La risposta giace di sicuro nelle menti (e nei portafogli) dei discografici, ma mi auguro vivamente che la risposta sia sì; ascoltare questi 50enni schitarrare come dei quindicenni riempie il cuore di nostalgia, qualche sorriso e rinforza l’amore immenso che nutro nei confronti del mio heavy metal, una delle poche cose che non mi ha mai deluso o abbandonato in questa vita sempre più incerta ed indefinibile. Horns Up!


Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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