Copertina 6

Info

Anno di uscita:2010
Durata:53 min.
Etichetta:Metal Blade Records

Tracklist

  1. INTRO
  2. EINHÄRJAR
  3. VÄMODS TALE
  4. THE LAST JOURNEY
  5. NEVER WILL YOU KNOW OF FLESH AGAIN
  6. WRATH OF THE GODS
  7. SNAKE TONGUE
  8. BRETHREN OF THE NORTH
  9. DAY OF SORROW
  10. LINGERING A SACRED GROUND
  11. HEROES' BRIGADE
  12. STRIKE OF THE HAMMER
  13. FI'MBULVINTR (OUTRO)

Line up

  • Karl "Kalle" Beckmann: vocals, guitar
  • Jonas Albrektsson: bass
  • Karsten Larsson: drums

Voto medio utenti

Questo “Fi’mbulvintr” aveva tutte le carta in regola per poter essere un signor disco. La formazione: tutti i membri sono stati o sono coinvolti in altri progetti più o meno importanti della scena svedese (Mithotyn, Thy Primordial, Falconer, etc). La produzione, ad opera di Andy LaRocque, di certo non l’ultimo venuto. La bella copertina di Ola Larsson. Poi inizi ad ascoltare il cd e ti cadono le palle per terra (concedetemi questo francesismo…).

Quante altre migliaia di volte abbiamo sentito brani del genere, probabilmente, peraltro, fatti meglio? Il viking metal è un territorio delicato, e non basta qualche innesto folk o qualche coro birraiolo per suonarlo. C’è bisogno di riuscire a creare pathos, atmosfere, bisogna essere convincenti quando si cerca di ricreare la drammaticità di una battaglia vichinga o la spensieratezza di una bevuta in una locanda, e non tutti hanno la capacità di farlo.

Quindi, da musicisti navigati come questi coinvolti nei King Of Asgard, mi sarei aspettato ben altro.
Certamente non stiamo parlando di pivellini, e i brani composti non sono sicuramente da buttare via, però neanche di quelli che riescono a lasciare il segno più di tanto, a maggior ragione in un territorio già pesantemente sovraffollato come questo. La sensazione che si ha ascoltando le tracce dell’album è che la band, e il suo leader Karl “Kalle” Beckmann in particolare, si sia limitata a svolgere il compitino senza sforzarsi più di tanto, ma, soprattutto, senza riuscire a riportare in auge il nome Mithotyn, band storica del genere, dalla quale il nostro arriva. E sempre di storia si parla se tiro in ballo Borknagar, Vintersorg, i mitici Bathory e perfino qualche spruzzata di Mayhem, tutti nomi fondamentali, ma che fanno riflettere, in quanto non stiamo parlando di una band al suo primo demo, ma di musicisti più che navigati, dai quali ti aspetti che le influenze siano ridotte all’osso.

Brani che scorrono via, che non hanno particolari intoppi, ma che sanno di incompiuto, come se, con pochissimo impegno in più in fase compositiva, si sarebbe potuto scrivere ben altro. E nulla riesce ad aggiungere la buona produzione di LaRocque, anch’essa formalmente perfetta, con suoni nitidi e potenti, ma che manca un po’ di ‘anima’.

Piccola nota positiva è il tipo di approccio al viking avuto dai nostri, sicuramente più legato alle sue origini (e qui l’appartenenza ai Mithotyn ha sicuramente avuto il suo peso), e cioè ad una sorta di black metal con sprazzi death, quindi molto più chitarristico che tastieristico, anziché alla scialba trasposizione dei giorni nostri, ricca di stupide cantilene e innocue melodie che sanno più di Cristina D’Avena che di sporchi e zozzi vichinghi. In tutto ciò vanno senz’altro segnalate due o tre song che riescono dove le altre falliscono, e cioè la titletrack, strumentale posto in chiusura di cd, finalmente un brano veramente epico, e le più trascinanti “Einhariar” e “Wrath of the Gods”, nelle quali il wall of sound che pervade tutto l’album riesce ad essere meno impenetrabile, a favore della fruibilità delle canzoni.

Sono convinto di andare un po’ controcorrente con questo giudizio negativo sull’album e sulla band, ma d’altra parte loro non hanno certo fatto molto per evitare critiche di questo tipo. Io la vedo come un’ottima occasione sprecata...
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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