Copertina 9

Info

Past
Genere:Death Metal
Anno di uscita:2001
Durata:67 min.
Etichetta:Music For Nations
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE LEPER AFFINITY
  2. BLEAK
  3. HARVEST
  4. THE DRAPERY FALLS
  5. DIRGE FOR NOVEMBER
  6. THE FUNERAL PORTRAIT
  7. PATTERNS IN THE IVY
  8. BLACKWATER PARK

Line up

  • Mikael Åkerfeldt: vocals, guitar
  • Peter Lindgren: guitar
  • Martin Mendez: bass
  • Martin Lopez: drums

Voto medio utenti

Per un’adeguata panoramica della vicenda Opeth rimando al libro pseudo-biografico “Le Stagioni della Luna” degli italianissimi Eugenio Crippa e Filippo Pagani, che consiglio vivamente sia ai fan del combo svedese che a chi pensa che il “successo”, se così si può chiamare, sia esclusivamente una questione di fortuna e non di merito o di determinazione. Una verità è che “Blackwater Park” risente pesantemente dell’influenza alla regia di Steven Wilson degli arcinoti Porcupine Tree, “stregato” dall’ascolto del precedente “Still Life” e quindi motivato ad approcciare il mastermind scandinavo Mikael Akerfeldt alle porte del nuovo millennio. Dopo l’incontro tra i due, nella musica degli Opeth, iniziano infatti a comparire cantati puliti (alcuni curati dallo stesso Wilson), tastiere e abbondanti inserti acustici (che da qui in poi diventeranno “trademark” della band) e un certo spiccato gusto melodico molto “british” e poco “nordico” (insomma più Pink Floyd e meno Celtic Frost). Aggiungete a tutto questo l’approdo dall’iconica ma poco redditizia Candelight Records alla Music for Nations (di fatto una branca della Sony) et voilà, il piatto (o meglio il disco) è servito. Le composizioni sono oggettivamente tutte di spessore, dall’introduttiva “The Leper Affinity” (con il suo incipit che ha l’effetto di un violento pugno nello stomaco) alle successive “Bleak” e “The Drapery Falls” (veri e propri cavalli di battaglia dal vivo) passando per le acustiche e più intime “Harvest” e “Patterns In The Ivy”. Nella migliore tradizione opethiana i brani sono praticamente tutti più vicini ai dieci minuti che ai cinque, caratteristica che ai detrattori della band ha dato molto di cui parlare nel corso degli anni: il sound degli Opeth, storicamente, ha sempre avuto bisogno di ampi spazi strumentali (diciamo pure che l’immediatezza non è una caratteristica degli svedesi) e di importanti “range” dinamici per potersi sviluppare. Un disco ben suonato e ben prodotto, tappa obbligata per chi ha cercato (o cerca) di fondere “brutalità” metallica ed elementi acustici/progressivi.

A cura di Gabriele Marangoni

Recensione a cura di Ghost Writer

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 05 giu 2017 alle 14:12

una sola parola : CAPOLAVORO ...

Inserito il 10 ott 2015 alle 23:10

L'album che mi ha fatto amare gli Opeth. Straordinario!! Anche a me! Lo ascolto tuttora in macchina nei miei viaggi nella nebbia romagnola... Disco da isola deserta per me, perfetto dalla prima all'ultima nota. Ultimamente mi pedo in Dirge for November e Harvest.

Inserito il 08 ott 2015 alle 22:58

THE DRAPERY FALLS è immensa.

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