Martiria: Roma caput mundi (de gravis metallum).

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Gruppo:Martiria

Intervistare i Martiria è sempre una grandissima soddisfazione … persone intelligenti, erudite, disponibili e profondamente coinvolte e appassionate, che hanno voglia di condividere con il pubblico le loro “visioni” artistiche e personali.
Sarà “anche” perché i loro dischi sono costantemente opere straordinarie, ricche di fascinose prerogative musicali e narrative, in grado di offrire molteplici spunti di discussione e di approfondimento, ma è sempre un piacere raro interloquire con qualcuno che ha molto “da dire” e non solo tramite la sua musica .
Andy Menarini (chitarrista, tastierista e principale compositore) e Marco R. Capelli (lyricist del gruppo romano) sono, quindi, ancora una volta graditissimi ospiti della webzine più gloriosa della Rete e ci raccontano tutto di “Roma S.P.Q.R.”, ennesimo capolavoro di una discografia impeccabile …

Allora, nuovo disco, nuovo Top Album e nuova intervista! Bentornati ancora una volta su Metal.it e complimenti di cuore per “Roma S.P.Q.R.”! Stavolta non possiamo che iniziare dall’importante (e “ansiogena”, per i fans …) defezione di Richard Anderson e dall’ingresso (piuttosto “tranquillizzante”, per fortuna, sempre per i suddetti …) del bravo Freddy … raccontateci tutto di come si sono svolti i “fatti” e presentate come si deve il nuovo vocalist dei Martiria!
Andy: ciao e grazie a te e Metal.it per lo spazio che ci concedete e soprattutto per il supporto. Riguardo la tua prima domanda, è stata una decisione molto difficile da prendere, in virtù del fatto che Rick “è uno della band” (e un amico), ma eravamo arrivati ad un punto di non ritorno, volevamo dare un “volto” live alla band e, ovviamente, la distanza che ci separava da Rick non ci consentiva di farlo. Non si può vivere musicalmente di soli lavori “di studio” e quindi abbiamo fatto questo passo.
L’aspetto più difficile è venuto dopo, durante la ricerca del nuovo singer.
Abbiamo avuto modo di “provinare” molti cantanti, ma il più delle volte (nonostante le capacita tecniche di questi ultimi), la timbrica ricadeva in uno standard disarmante. Non potevamo sostituire Rick con un singer fotocopia di Dickinson o Halford, cosi dopo qualche mese, abbiamo provato a contattare Freddy (nostra vecchia conoscenza, suonavamo insieme cover più o meno quindici anni fa), il suo background è molto legato ai classici del metal Black Sabbath, Dio, ed hard rock Deep Purple, Bon Jovi, ecc. … quindi leggermente più morbido di alcune nostre atmosfere. Cosi, dopo avergli lasciato un nostro CD con diversi pezzi ed un po’ di tempo per riflettere, abbiamo avuto la sua adesione piena. E’ stato un po’ come tornare indietro nel tempo, ma ad oggi siamo pienamente soddisfatti della scelta, Freddy ha comunque una sua timbrica molto personale ed una grande esperienza live … proprio quel che ci voleva.
In una precedente chiacchierata avevate definito il gruppo come un’entità che vive di una “simbiosi atipica”. In che modo si è inserito in tale situazione questo nuovo elemento? Sinceramente non avete mai avuto la “tentazione” di selezionare un cantante che, invece di agire in continuità con il vostro passato (puntando, quindi, sulla forza delle interpretazioni), enfatizzasse gli aspetti più “spettacolari” dell’arte della fonazione modulata, come fanno i singer che basano essenzialmente il loro approccio sull’esplosività dell’estensione?
Andy: Assolutamente no, esistono già milioni di Iron Maiden, di Queensryche, Manowar, ecc. noi abbiamo un nostro stile e ci teniamo a portarlo avanti, è la nostra identità, non saremmo credibili come semplice band metal o rock che dir si voglia. La simbiosi è atipica proprio perché ognuno di noi ha un proprio background musicale tendenzialmente diverso l’uno dall’altro … credo che questa sia la chiave di volta, la particolarità che fa funzionare la cosa.
Con “Roma S.P.Q.R.” avete voluto celebrare avvenimenti e personaggi dell’Epoca Romana antica … da cosa nasce questa rinnovata esigenza, che in qualche modo fa parte del vostro DNA fin dagli esordi? Come avete vagliato i temi e i protagonisti del periodo da trattare? Sono incuriosito in modo particolare dalla scelta di Didone, figura non così convenzionale, che voi avete deciso di raffigurare nella sua interpretazione Virgiliana …
Andy: per questa risposta lascio la parola a Marco.
Marco: per questo nuovo disco abbiamo in realtà vagliato diversi temi (non faccio anticipazioni, perché alcuni potrebbero diventare la base di lavori futuri), e devo dire che, inizialmente, avevo qualche dubbio. Non che la storia di Roma antica non sia una miniera di spunti epici, anzi, al contrario, mi spaventavano sia la smisurata vastità del tema che … la concorrenza che mi sarei trovato ad affrontare. Voglio dire, se si parla di Roma c'è da fare i conti con gente come Virgilio, Livio, Cicerone, perfino Shakespeare o Kubrick! E tutti che ti guardano dall'alto al basso ...
Però la tentazione era troppo forte, ed io non sono mai stato bravo a resistere alle tentazioni (“life is too short ... ”), così ci siamo buttati.
Dovendo scegliere una decina di temi su cui lavorare, abbiamo proceduto per eliminazioni successive. A noi interessavano avvenimenti che potessero essere condensati in un'unica, epica scena. Un momento di assoluto climax che segnasse un cambiamento epocale (come la morte di Cesare, l'incendio di Roma; gli ultimi anni di Bisanzio, ovvero l'attimo di quiete che precede la tempesta). Però c'erano anche alcuni punti “fissi” che dovevano essere considerati, l'imprescindibile mito delle origini ad esempio. Ma volevo qualcosa di più di Romolo e Remo (che abbiamo comunque provato a cantare in veste “inedita”) ... a quel punto mi sono ricordato che Virgilio, incaricato da Augusto di nobilitare l'origine di Roma, si era trovato col medesimo problema, e l'aveva risolto riprendendo le leggende legate ad Enea e Didone e collegando così i cicli classici dell'epica greca, dall'Iliade in poi, ai più recenti miti di Roma. Avevo ancora in mente – residuo dei miei preistorici ricordi scolastici - gli splendidi versi di Virgilio che chiosano la morte di Didone 'moriemur inultae, sed moriamur (…) sic iuvat ire sub umbras'. A spanne: “Moriamo invendicate, e comunque moriamo (…) ma era tempo di svanire tra le ombre”. Sintesi di pura epicità.
Poi mi è capitato di ascoltare lo splendido lamento funebre di Henry Purcell “When I am laid in earth”, ed ho capito che era Didone stessa che reclamava il suo posto nella storia di Roma. D'altra parte, mi piaceva l'idea di creare un collegamento ideale tra le diverse canzoni, visto che Dido fa, in un certo senso, da prologo sia a “Tale of two brothers” (dove i discendenti di Enea fondano la città che diventerà Roma), che ad “Hannibal” (il figlio dell'Africa che vendica la “madre” tradita). Mi sono solo permesso di “cambiarle il nome”, riprendendo il più antico Elissa, che è nome di donna ma anche di divinità; dea madre perché, alla fine, tutto inizia sempre da una donna...
Il soggetto del disco, in effetti, non è esattamente “inedito” … film, serie televisive e addirittura cartoni animati (ehm, il più recente è “Gladiatori di Roma” con la celeberrima Belen Rodriguez tra le doppiatrici …) l’hanno ampiamente frequentato, e anche se voi lo avete affrontato con la consueta sensibilità e ispirazione, non temete eventuali accuse di “opportunismo”?
Andy: ma, guarda se ti dovessi dire da quanto tempo avevamo in mente quest’album … probabilmente Romolo ancora doveva discutere per la prima volta con Remo!
Non sto scherzando ... è dai tempi di “The Age of the Return”, che avevamo in mente di fare un concept sull’antica Roma ed ora finalmente lo abbiamo fatto. Il resto sono solo una serie di coincidenze, cosi come quella di quattro anni fa, quando “Time of Truth” dopo alcuni ritardi di stampa andò ad uscire proprio il giorno 13 ottobre (titolo di una canzone contenuta nel medesimo album!)
Marco: non siamo stati più opportunisti di... Shakespeare! :) Semmai, un po' sconsiderati, per esserci buttati a capofitto in un campo minato. “Ma a noi ci piace così”...
Sotto il profilo musicale siamo di fronte all’ennesima “prova di forza” … dopo la parentesi maggiormente “oscura” del lavoro precedente, le composizioni hanno ripreso ad essere un misto sagace d’incisività, caligine e solennità, capace di “crescere” ad ogni ascolto … come sono nati i pezzi del disco e quali erano gli obiettivi che vi eravate prefissi durante la loro stesura?
Andy: volevamo un disco che suonasse più heavy, e fortemente epico. Per il resto abbiamo deciso prima i temi da trattare, quindi ho tirato giù le strutture, poi via via, man mano che Marco perfezionava i testi, sono stati creati gli arrangiamenti.
Come sempre accade con la vostra produzione, è per me piuttosto difficile estrapolare dei brani in particolare, allo scopo di un approfondimento di merito supplementare … così, invertendo la cosa, vi chiedo se siete completamente soddisfatti dei risultati ottenuti in “Roma S.P.Q.R.” o se ritenete che, in un paio di situazioni (e penso, nello specifico, a “Ides of march” e “Tale of two brothers”), si potessero focalizzare ancora meglio le caratteristiche espressive di brani comunque eccellenti …
Andy: complessivamente siamo più che soddisfatti del lavoro. Credo che la produzione sia ben riuscita, anche in ottica di quel che volevamo ottenere. In riferimento ai brani che hai citato, posso dirti che “Ides of March” è l’unico brano dove avrei voluto più orchestra, ma non sempre tutto ciò che si vuole si può ottenere, quindi diciamo che suona leggermente più “nudo” di come realmente voleva essere; per “Tale of two brothers”, credo sia un gran pezzo, inizialmente avevo pensato di tirarlo su di tonalità per dare maggiore risalto alla vocalità di Freddy, ma quando l’abbiamo sentito considerando il testo, abbiamo deciso di lasciarlo cosi, non doveva essere troppo aggressivo ... doveva avere un’atmosfera più eterea nonostante i cori.
Marco: dal punto di vista dei testi, “Tales of two brothers” rappresenta un tentativo di umanizzare il mito. Non ho inventato nulla, ovviamente, piuttosto ho seguito un’interpretazione “non letterale “ che mi è parsa più plausibile.
I nostri Romolo e Remo, come in molte versioni antiche del mito, sono molto “reali” e terreni. Orfani, allevati da una “lupa” assolutamente umana, la prostituta Acca Laurentia, moglie del pastore Faustolo (i romani chiamavano “lupanare” il postribolo, e “lupe” erano quindi coloro che nel postribolo lavoravano), i due gemelli conoscono la fame e le umiliazioni, ma imparano anche l'arte della guerra, il coraggio e la determinazione che, uniti al desiderio di rivincita, li porteranno a fondare una nuova città. Insieme, fianco a fianco, fino alla tragedia. Anche in questo caso ho volutamente seguito una versione minore: non mi andava (né mi sembrava logico) che Romolo uccidesse Remo per quello mi pareva poco più di un puntiglio. Forse questo elemento del mito veniva utilizzato per educare i giovani romani al rispetto delle leggi, una sorta di “credere, obbedire, combattere” ante litteram, tuttavia ho preferito seguire una variante diversa, quella secondo la quale Remo fu ucciso, per un tragico equivoco, non da Romolo ma da un suo luogotenente, un tale Fabius, che non lo aveva riconosciuto ... ancora una volta, non ho “inventato” nulla (come avrei potuto?), anche Livio riporta due versioni del mito, quella classica ed una meno nota nella quale non si dice come Remo sia morto ma, soltanto, che è morto; mentre Quinto Fabio Pictor, che scrisse una storia di Roma al tempo di Annibale (210-218 BC) basandosi sull'opera (oggi perduta) di Diocles di Pepareto (IV - III secolo prima di cristo), dice espressamente che: “Roma fu fondata da Romolo e Remo assieme, anche se Romolo ne fu il primo re”. Sì, lo so, sono puntiglioso. Giuro che non ero così, una volta, è che Andy è molto esigente ...
“Ides of March” è un punto fisso, forse la storia più “rinarrata” di tutti i tempi, in infinite varianti. Però non potevamo prescindere: la morte di Cesare rappresenta l'elemento di rottura che cambia la storia di Roma, la nascita dell'impero. Mi sono largamente ispirato alla versione di Shakespeare, ma ho (volutamente) tralasciato di raccontare i fatti per concentrarmi su quelli che potevano essere i sogni, le aspirazioni, i dubbi di un Giulio Cesare ormai cinquantenne, (forse) ammalato in una mattina di Marzo, tiepida e colma di presagi.
Come ho appena detto, è “oggettivamente” difficile e non volevo fare selezioni, ma alla fine la mia curiosità ha il sopravvento … con grande sforzo, scelgo “Callistus wake”, “Byzantum”, “The northern edge” e “Burn baby burn” e vi prego di dirci qualcosa in più sulla genesi di questi favolosi momenti di titanica suggestione “cardio-uditiva” …
Andy: beh … posso dirti che “Callistus Wake” è stato il primo brano che ho composto per “ROMA S.P.Q.R.”, un mid time molto nel nostro stile, l’idea di legarlo a qualcosa di cosi scuro come le catacombe è stata di Marco. “Byzantium” invece è un brano che prendere ispirazione direttamente dalle mie origini musicali … dai maestri Black Sabbath, tant’è che ha una struttura abbastanza lineare è un brano che si appoggia molto sulle atmosfere cupe. “The northern edge” invece è il brano che in qualche modo mi ha più sorpreso è nato piano piano, riff dopo riff … probabilmente il brano sul quale ho “penato” di più, ed infine “Burn baby burn” credo sia un piccolo capolavoro di doom metal dove testi e musica si sono incastrati alla perfezione, personalmente reputo anche notevole la prova di Freddy su questo brano in particolare.
Marco: Bisanzio, Nea Roma, città antica, decadente, misteriosa, l'aria stessa è carica di oscuri presagi ... quale luogo migliore di una biblioteca che si trasforma lentamente in polvere per raccontare la lenta fine di un impero?
“The northern edge” è, invece, un frammento di una storia più grande che, a sua volta, fa parte di un'altra ancora più grande. Un ufficiale romano viene spedito ai confini del mondo, tra selvaggi assassini ed una natura implacabile. Nebbia, pioggia, agguati, rivolte, la morte lo segue ad ogni passo mentre naviga su un fiume lento e misterioso. E' il Tamigi, duemila anni fa. E' stato assegnato alla Nona Hispanica, di stanza nei pressi dell'attuale York. Legione “dimenticata” ma con un glorioso passato, fondata da Giulio Cesare in persona, la Nona Hispanica custodisce un segreto: la famosa spada Caldea (cioè Calibica) dell'imperatore. Richiamata sul confine germanico, la legione abbandonerà definitivamente la Britannia verso il 150 d.C., ma lascerà un talismano a proteggere le terre dove è rimasta così a lungo, una spada infissa in una roccia. Una spada sulla cui lama corrosa restano - dell'originaria scritta “CAI • IVL • CAES • ENSIS • CALIBVRNVS” - soltanto poche lettere leggibili: “E .. S... CALIBUR”.
“Burn Baby Burn”, è una canzone sulla follia. Quella di un imperatore, in questo caso, e di quello a cui la follia, unita ad un potere senza controllo, può portare ... sempre, tragicamente, attuale.
Di “Callistus wake” avete anche girato un video … raccontateci tutto sulla sua realizzazione e su com’è stato accolto dalla “comunità virtuale” …
Andy: ahahhahaha!!! … Marco credimi che è stato divertentissimo. Quel video lo abbiamo girato veramente di nascosto in una catacomba romana molto conosciuta, diciamo in fretta e furia grazie all’aiuto di un nostro amico che lavora (… e spero ancora!) nella struttura. Non faccio nomi e non dò molti dettagli per evitargli problemi. Comunque considerando che è stato girato con telecamere amatoriali in tre ore siamo molto soddisfatti e devo anche dire che in brevissimo ha ricevuto anche molti click, quindi credo sia piaciuto!
Molto bello è anche, come sempre del resto, l’artwork del Cd, così come ho trovato assai opportuni e suggestivi gli inserti recitati in inglese e latino, integrati da riferimenti letterari e cinematografici … altri aspetti che denotano una cura particolare in “dettagli” che presumo siano piuttosto impegnativi … cosa ci potete dire in merito allo “studio” che sottende tale straordinario complemento estetico/didascalico?
Andy: un concept del genere non poteva essere trascurato nel packaging e nei contenuti del booklet. Doveva essere un prodotto importante, ricco di dettagli. Avevamo pensato prima alle citazioni in latino ed inglese, ma l’artefice di tutto ciò è Marco.
Marco: in realtà è una simbiosi, difficile dire dove finisca il contributo di Andy e cominci il mio o viceversa. Certo, per via del tema affrontato, questo “ROMA” si è trasformato in un intreccio di storie che rimandano, per forza, ad altre storie e poi ad altre ancora. Una sorta d’incastro “multimediale” con richiami che vanno dalla letteratura alla poesia, dal cinema al fumetto, dalla musica al teatro. Sicuramente la cosa più complessa che abbiamo fatto (fino ad ora...).
Ora, come rilevato in precedenza, con l’ingresso di Freddy e la riduzione delle difficoltà “logistiche”, l’aspetto live della vostra attività dovrebbe essere agevolato … in passato avevate, però, lamentato anche una carenza di opportunità da questo punto di vista … com’è la situazione attuale?
Andy: diciamo sempre molto difficile. In effetti, dall’entrata di Freddy nella band, ci siamo dati molto da fare sotto il profilo live, questo ci ha portato a suonare a Londra ed Atene, oltre che in altre location qui in Italia. Il problema e la difficoltà nel poter esibirsi live rimane comunque molto evidente. Non solo mancano strutture e locali degni di ospitare una band live, mancano anche gestori capaci e volenterosi nell’investire nella musica originale, cosi come manca la cultura (soprattutto in Italia) nel supportare con la presenza ai concerti le bands underground.
Questa serie di negatività genera una mancanza di giro di moneta che appesantisce e rende difficile il potersi spostare in lungo ed in largo per promuovere la propria musica.
Nonostante tutto, noi come tante altre bands cerchiamo di fare il possibile per essere visibili. Nella nostra zona stiamo cercando di creare un movimento assieme ad altri musicisti e band per auto-supportarci … insomma l’impegno è massimo.
La musica tende ad essere sempre meno “originale” e sta verificandosi un curioso fenomeno di azzeramento “generazionale”, in cui padri e figli apprezzano praticamente gli stessi suoni, quelli della “tradizione”, patrocinati indifferentemente sia dai “veterani” e sia dagli “emergenti” … come giudicate quest’apparente anomalia “sociologica” (tale arguta riflessione è in realtà appannaggio del noto giornalista musicale Gianni Della Cioppa … io mi sono limitato a condividerla in pieno e quindi a “prenderla in prestito” … n.d.a.)?
Andy: sono cicli di vita che quindi si ripercuotono anche sugli ascolti musicali. Nell’ambito musicale ormai si è fatto un po’ di tutto, quindi è molto difficile emergere dalla massa. Alla fine ti rendi sempre conto che le basi dalle quali sono partiti i vari generi sono sempre le migliori, cosi c’è un continuo riscoprire le origini. Per questo che capisaldi musicali come Beatles, Pink Floyd, Genesis, Deep Purple, Black Sabbath, ecc. non smetteranno mai di vendere dischi.
Questo credo che per alcuni aspetti possa essere una cosa molto positiva, se considerata come linea guida per le nuove generazioni … c’è da aggiungere solo un po’ di personalità e carattere nella nuova musica … qualcuno lo fa, altri (purtroppo la maggioranza) seguono solo una scia … molto corta!
Qualche giorno fa ho avuto l’occasione di intervistare Magnus Henriksson degli Eclipse e mi ha leggermente “sorpreso” (sarà per la mia visione ingenua e “romantica” della vita del musicista …) sentirlo descrivere la sua attività come se fosse quella di un normale “impiegato” … cosa ci potete dire del vostro modo d’intendere quotidianamente il “mestiere dell’artista”?
Andy: mah … lui probabilmente vive una sua condizione molto personale. Dal canto mio posso dirti solo che nel mio essere “artista” c’è ben poco d’impiegatizio. E’ una lotta continua nel cercare di ritagliare spazio, tempo ad una quotidianità che altrimenti mi sovrasterebbe. Siamo figli della superficialità e dell’ansia, entrambi caratteristiche completamente opposte a quel che dovrebbe essere una concezione di arte. Quindi o si ha il fuoco dentro che brucia la passione, o si finisce per omologarsi a questo mondo sfuggente. Personalmente amo fare musica ed amo questa forma d’arte e non permetterò mai a niente e nessuno di togliermi questa parte di vita.
Marco: io sono troppo pigro per vivere la mia partecipazione ai Martiria in modo “impiegatizio”. La descriverei, piuttosto, come un'eterna rincorsa fatta d’infiniti rinvii, ritardi (e qualche senso di colpa).
Siamo arrivati all’insidia dell’ultima domanda … questa volta cerco di agevolarvi, ringraziandovi semplicemente per il vostro lavoro e il vostro tempo e chiedendovi unicamente un saluto speciale per tutti i lettori di Metal.it …
Andy: yeah, grazie Marco per averci tolto dall’imbarazzo dell’ultima domanda, siamo ben felici mandare un gran saluto a tutti i lettori di Metal.it, invitandoli a sostenere il più possibile tutta la scena italiana metal, partecipando ai concerti e acquistando CD … se una band vi piace abbiate la voglia di seguirla fino in fondo!
Intervista a cura di Marco Aimasso

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