Clairvoyants: Here Today, Gone ... interview !!

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Ho seguito il percorso musicale dei Clairvoyants sin da quando un robusto cordone ombelicale - fatto di fili metallici intrecciati, ovviamente - ancora li collegava ai soli Iron Maiden, poi quando hanno deciso di intraprendere un proprio percorso musicale ho scoperto una formazione in grado di camminare sulle proprie gambe e di .... Running Free.
Sono ben tre i musicisti del gruppo a prendere parte a questa intervista: Gabriele Bernasconi (voce), Luca Princiotta (chitarra) e Paolo Turcatti (basso).

Se non vi spiace partirei dal vostro precedente album, "Word to the Wise": dopo la sua uscita avete poi raccolto le soddisfazioni che vi aspettavate? Sopratutto è riuscito a ribadire che i Clairvoyants hanno una loro ragion d'essere al di là del vostro percorso parallelo come tribute band?
Gabriele: "Word to the Wise" è stato a tutti gli effetti il nostro primo passo al di fuori del mondo delle cover band. Abbiamo dovuto cercare e dare forma al nostro sound, trovare una dimensione compositiva, affrontare per la prima volta il mercato discografico e tutti i suoi meccanismi. Con il senno di poi ci rendiamo conto di cosa avremmo potuto fare meglio, ma abbiamo certamente raccolto molte soddisfazioni e abbiamo cercato di imparare dagli errori commessi per fare meglio con "The Shape of Things to Come". Riguardo alla ragion d'essere dei Clairvoyants come band indipendente dal tributo, “Word to the Wise” è stato per molti una sorpresa; penso che “The Shape of Things to Come” sia una grande conferma in tal senso!
Un omaggio, quello agli Iron Maiden, cui non avete rinunciato ... ehm...nel vostro set avete inserito qualche pezzo da "The Final Frontier"?
Paolo: No, nessun brano da The Final Frontier! Credo siano canzoni che poco si prestano ad essere suonate live nel contesto di una tribute band: durate piuttosto lunghe e una "limitata" diffusione tra il pubblico. Poi noi come fan siamo inevitabilmente legati ai primi vent'anni di attività della band inglese, di conseguenza è su quel periodo che si concentra la nostra scaletta.
Venendo a voi, è evidente come le nuove composizioni abbiamo preso un indirizzo spiccatamente Hard & Heavy, meno "powereggiante" e con un occhio di riguardo - ok, forse pure due - al groove. A cosa è dovuto?
Luca: Sicuramente la voglia di maturare musicalmente ha permesso di sperimentare sonorità diverse. Dopo un debut album come "Word to the Wise", molto potente e diretto, volevamo costruire un secondo capitolo più variegato e groovy. Così sono nate canzoni come "No Need to Surrender" e "I Don't Believe their Lie" ed altri brani con un tiro decisamente più hard rock. Non abbiamo comunque abbandonato le nostre radici power, arricchendo il disco con canzoni più tirate. Ne è risultato un album ricco di sfumature, completo dal punto di vista compositivo. C'è groove, energia ed emozione; tutto quello che ho sempre cercato in un album!
Su "The Shape of Things to Come" ci sono delle canzoni che erano già nate, magari anche solo abbozzate, ai tempi del primo album?
Luca: In realtà no. Quando ho iniziato a comporre il secondo album sono partito da dei provini che avevo registrato per "Word to the Wise", ma li ho scartati subito perchè sentivo la necessità di lavorare su materiale fresco. Così sono iniziate ad affiorare nuove idee e tutto si è consecutivamente sviluppato in maniera naturale.
Visto che siamo in tema di brani, vi dispiace farne un breve resoconto, non solo musicale ma anche per quanto riguarda l'aspetto lirico?
Gabriele: Come già per "Word to the Wise", molti dei testi dell'album seguono un filo conduttore, pur non trattandosi di un concept. Spesso uso la musica come valvola di sfogo per esorcizzare le emozioni negative o, al contrario, per invocare la forza e la determinazione che non riesco a trovare nella vita quotidiana. Poiché nel periodo in cui ho scritto i testi stavo attraversando un momento piuttosto difficile a livello personale, molti di questi (ad esempio "No Need to Surrender" o "Endure and Survive") parlano di come sia necessario trovare sempre il coraggio di andare avanti nonostante le difficoltà, tenendo alta la testa e senza paura di "sporcarsi le mani" per migliorare il presente e il futuro. Ci sono anche testi che non hanno a che vedere con questo argomento: ad esempio la title track "The Shape of Things to Come" incita a giocarsi sempre tutte le carte davanti al destino, oppure "Prometheus" parla dell'antico titano che ha rubato il fuoco a Zeus per donarlo all'umanità, raccontata dal suo stesso punto di vista.
Ho trovato intrigante anche l'artwork, una copertina ancor più personale ed originale della precedente, no?
Gabriele: Sicuramente! Appena visti i lavori di Eliran Kantor abbiamo subito capito che il suo stile unico era proprio quello che stavamo cercando. L'immagine rappresenta il chiaroveggente, figura dai tratti volutamente androgini, con i vestiti ridotti a stracci a causa della terribile guerra che ha ridotto in rovina il mondo (un richiamo alla copertina di "Word to the Wise") che, nonostante tutto sembri morto e distrutto, trova la forza per indicare all'ascoltatore l'unico fiore che spunta dalle macerie. Eliran ha saputo realizzare la nostra idea alla perfezione, creando un'immagine dotata di una forza e di un realismo sorprendenti.
Dopo l'ospitata di Matos non si è ripresentata la possibilità di avere qualche special guest?
Paolo: E' una questione di cui abbiamo discusso nel periodo di stesura dei brani. Ma questa volta abbiamo deciso di metterci completamente la nostra faccia, senza aver nessun artista ospite e senza inserire nessuna cover, di qualsiasi genere.
Un prossimo appuntamento importante per voi sarà sicuramente quello con il Gods of Metal... ma finora non sarete certo rimasti con le mani in mano ad aspettare che le occasioni vi cadessero dal cielo, vero?
Paolo: Esatto, il prossimo appuntamento è il Gods of Metal. Apriremo in assoluto questa grandea edizione, esibendoci nella giornata di giovedì. Un altro appuntamento che rivelo ai lettori di Metal.it in anteprima assoluta è che martedì 10 luglio ci esibiremo al Live Club (MI) di spalla a Jon Oliva’s Pain, nell’imperdibile serata in cui riproporranno interamente dal vivo il leggendario "Hall of the Mountain King"!
Per il resto ti posso dire che non esiste proprio l’aspettare che le occasioni cadano dal cielo. Nel panorama musicale, puoi anche essere il musicista più bravo al mondo, ma nessuno si accorgerà mai di te se non ti dai da fare per avere delle opportunità. Noi in questo siamo molto fortunati nell’avere una persona (mr. Fulvio Trinca!) che lavora al nostro fianco e cura tutti gli aspetti sommersi della nostra attività.
Attualmente siamo concentrati nel promuovere al meglio il nostro disco qui in Italia, e dopo l’estate ci butteremo a capofitto per farlo al meglio anche all’estero!
Per supportare il nuovo album avrete la possibilità di andare a suonare anche all'estero?
Gabriele: Per il momento non ci sono piani definitivi per l'estero perché siamo ancora occupati con la programmazione delle release date in alcuni paesi. Abbiamo appena concluso un tour italiano in compagnia dei Trick or Treat, e stiamo sondando la possibilità di organizzare un tour all'estero in loro compagnia; comunque è ancora troppo prematuro per parlarne. Tenetevi aggiornati sul nostro sito e sui nostri profili sui vari social network, e non appena avremo notizie certe vi faremo sapere!
"Word to the Wise" ed ora "The Shape of Things to Come" sono stati accolti diversamente all'estero rispetto all'Italia?
Paolo: posso solo rispondere per quanto successo con il nostro primo album, dato che le recensioni estere del secondo usciranno nelle prossime settimane dato che la release date è stata posticipata rispetto a quella italiana. Una delle principali differenze è stata dovuta ai pregiudizi degli ascoltatori: in Italia in tanti ci conoscono come tribute band, e a nostro avviso questo ha influenzato oltremodo diversi recensori. Noi abbiamo sempre pensato di aver registrato un album che avesse una nostra personalità, oltre che un minimo di influenze legate al discorso Maiden che era inevitabile ci fossero. Di questo ci è stato dato credito molto più all'estero piuttosto che in Italia. Una grande soddisfazione è stata legata all'entusiasmo con cui Bruce Dickinson in persona ha lanciato "Journey Through the Stars" nel suo programma radiofonico "Friday Rock Show" alla BBC inglese.
Qual è la critica che più vi ha fatto piacere e quella che avete ritenuto la più ingiusta?
Luca: Sono tante le critiche che ci hanno fatto piacere e dalle quali abbiamo potuto imparare ma ce ne sono due che ho trovato particolarmente ingiuste: la prima, leggendo una recensione di "The Shape of Things to Come" ho avuto la percezione che il giornalista, pur dandoci un buon voto, non avesse ascoltato minimamente il nostro disco e si era limitato a paragonarci per l'ennesima volta agli Iron Maiden. Per carità, siamo lusingati ad essere accostati alla più grande band dell'heavy metal, però se questo personaggio si considera un "giornalista", poteva entrare un po' più nei dettagli. Meno male che si è trattato di un caso isolato. La seconda non è proprio una critica ma una supposizione di qualcuno che ritiene i Clairvoyants una band di raccomandati. Beh, vorrei dire a questo qualcuno di concentrarsi di più sulla sua vita o carriera e di non giudicare mai se non si è a conoscenza dei fatti. Siamo in giro da ormai 10 anni e i risultati ottenuti fino ad ora sono il frutto di sacrifici e duro lavoro.
Come giudicate la scena musicale italiana e quali sono state le problematiche che vi hanno toccato più da vicino?
Luca: La scena italiana gode della presenza di ottime band che sfornano album di qualità. Se l'Europa e il mondo si accorgessero di alcune perle nostrane sarebbe veramente la fine per gli altri continenti! E' vero, il momento non è dei migliori ma sinceramente è da quando ho iniziato a suonare che mi sento dire che c'è crisi; mi sono anche un po' rotto le scatole! Bisognare fare le cose e avere sempre un' attitudine positiva e ci sono molti gruppi italiani che, nonostante tutto, vanno avanti con dignità.
Avete mai pensato a cantare, anche un solo brano, in italiano?
Gabriele: Per il momento no. Ho scritto una bozza di testo in italiano per quella che poi è diventata “Sinner's Tale”, ma mi sono accorto che non aveva la forza espressiva che avrei voluto, quindi l'ho riscritto in inglese e ho ottenuto l'effetto desiderato. Il rock e il metal sono generi tradizionalmente cantanti in inglese, quindi nel mio primo approccio alla scrittura dei testi ho sfruttato questa lingua; inoltre il cantato in inglese permette di accedere con molta più facilità ai mercati esteri. Infine, mi piacciono molto alcune espressioni della lingua inglese, alcuni modi di dire estremamente sintetici che in italiano non trovano corrispettivi (ad esempio “Word to the Wise”!) Comunque mai dire mai: l'italiano ha possibilità espressive molto diverse rispetto all'inglese, che magari un giorno sfrutteremo a dovere!
Che dire ancora... grazie per l'intervista! A voi la conclusione...
Paolo: Grazie ai lettori e allo staff di Metal.It che ormai supporta il nostro lavoro da diversi anni! La più grande ovvietà che io possa dire in conclusione è realmente quello di cui c’è bisogno: supportate tutte le band meritevoli della scena italiana! E’ brutto come alcune band nostrane abbiano dovuto emigrare per essere apprezzate: evitiamo che ciò accada ancora in futuro!
Intervista a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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