Giant: Gigante, pensaci tu!

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Quello dei Giant non può essere considerato un ritorno “normale”, nemmeno in un momento storico in cui tali circostanze sono all’ordine del giorno. Non lo è per il “peso specifico” che i capolavori passati della band hanno saputo fornire alla “causa” dell’hard rock melodico d’estrazione yankee, e non può esserlo per le importanti modifiche di line-up che il gruppo ha apportato per la sua versione targata 2010. Nonostante i sostituti autorevoli, la defezione di Dann Huff (oggi impegnato solamente in una sorta di “appoggio esterno” al progetto) non è un fatto che possa passare inosservato: lo sanno bene i fans storici dei Giant e lo sa perfettamente, come vedremo, Mike Brignardello, nostro interlocutore e superstite (assieme a David Huff, con il quale condivide in maniera impeccabile gli oneri ritmici della band) di quella formazione che, con “Last of the Runaways” e “Time to Burn” soprattutto, ha saputo definire uno stile nel trattare la materia musicale ancora oggi esemplare. “Promise Land” è, alla prova dei fatti, un ottimo disco, ma come sempre accade in questi casi, per rendersene conto fino in fondo bisogna superare qualche piccolo “pregiudizio” e cercare di affrancarsi da “scomodi” paragoni nei confronti di “opere d’arte” fatalmente ineguagliabili anche perché, in qualche maniera, probabilmente ci ricordano momenti irripetibili e sono “cresciute” con noi nel corso degli anni.
Magari tra vent’anni gli appassionati del genere ameranno “Promise Land” in modo analogo a come oggi adorano “Last of the Runaways”: Mike sembra crederci, dalle sue parole traspaiono entusiasmo per la nuova “sfida”, tanta voglia di suonare e nessun timore (apparente!) per un “vissuto” artistico piuttosto impegnativo. Lasciamo ai posteri l’ardua sentenza, mentre a noi rimane, senza troppe “paranoie”, un altro bel colpo della Frontiers.

In primo luogo, benvenuto su metal.it, bentornati nel “circo del rock” e grazie per aver trovato il tempo di rispondere alle ns. domande! Raccontaci subito le novità nella “casa” del Gigante!
Beh, innanzi tutto c’è ovviamente una nuova line-up. Insieme a me e all’altro membro fondatore David Huff, oggi abbiamo il cantante Terry Brock (Strangeways) e il chitarrista John Roth (Winger).
Abbiamo deciso di ricostituire una formazione a quattro elementi, ma senza un tastierista di ruolo. Ci siamo concentrati sulla composizione cercando di enfatizzare tutti gli elementi tipici dei Giant “originali”: melodie incisive, belle canzoni e una produzione orientata al suono delle chitarre. Anche per questa ragione abbiamo reclutato Ben Fowler, che è praticamente impareggiabile nel contribuire a rendere adeguatamente “enorme” la produzione e a fornire un sacco d’idee e di energia, fondamentali per il risultato finale.
Dann Huff ha contribuito al nuovo albo solamente nelle vesti di “ospite speciale” e Alan Pasqua, il quarto membro originale dei Giant se n’era già andato dopo la realizzazione di “Time to Burn” … Qualcuno potrebbe pensare che mantenere questo nome non sia esattamente una scelta “raccomandabile” … Come mai avete scelto di tornare conservando questo monicker così “impegnativo”, vista la devozione dei fans nei confronti di quella “versione” del gruppo?
Non penso per niente che sia un monicker “impegnativo” o “pericoloso”. Come molte altre band abbiamo semplicemente deciso di continuare nel nostro percorso anche senza i musicisti che, per varie ragioni, hanno scelto altre strade. Gli artisti devono essere liberi di andare sempre dove li portano i loro cuori, e il fatto che qualcuno decida di lasciare non implica necessariamente che gli altri debbano fare i bagagli e andare a casa. Essendo anch’io, al pari di David Huff, un membro fondatore dei Giant, non ho percepito per nulla il “rischio” di cui parli e anzi, al contrario, grazie a tutto l’incoraggiamento che abbiamo ricevuto dai fans e dalla nostra etichetta discografica, la Frontiers, è stata una decisione piuttosto facile. Per di più, Dann ha partecipato alla stesura della metà del disco, ha suonato gli assolo di chitarra in due pezzi e ci ha incitato ad andare avanti con il progetto. Alla luce di tutte queste valutazioni, abbiamo visto l’intera situazione come un passo ulteriore nella nostra naturale evoluzione di artisti.
Con quali criteri avete scelto i membri della nuova line-up?
Io e David Huff volevamo fortemente realizzare un nuovo disco dei Giant, dando un seguito a “III”, ma sapevamo che Dann era troppo impegnato per dedicare il tempo necessario a tale progetto. Avevamo già scelto il chitarrista, John Roth (Winger), sapendo bene quanto le sue qualità sarebbero state perfette per il gruppo, ma non riuscivamo a trovare il cantante “giusto”.
E’ stato Serafino Perugino della Frontiers Records a suggerirci il nome di Terry Brock come una possibile soluzione per questo ruolo. Ci siamo incontrati a Nashville nei primi mesi del 2009, abbiamo cominciato a tirare fuori qualche idea, a discutere su come dovesse essere il suono della “nuova” band, e anche a scrivere qualche abbozzo di canzone. L’alchimia è stata istantanea: David ed io abbiamo capito subito di aver trovato i nuovi Giant.
Durante la stesura di "Promise Land" avete avvertito una qualche forma di “pressione”, ben sapendo quante erano le aspettative dei fans nei Vs. confronti?
L’unica “pressione” che abbiamo avvertito è stata quella proveniente dall’interno della band. Sappiamo molto bene quanto tempo è stato necessario e quanto duro abbiamo lavorato per i nostri primi dischi, e il nostro intento principale era essere all’altezza di quegli standard. Questa è probabilmente una delle ragioni per la quale abbiamo impiegato quasi un intero anno per ottenere la giusta combinazione di canzoni, realizzate e prodotte nella maniera corretta per i Giant.
Penso che il nuovo disco sia sicuramente all’altezza della “storia” dei Giant e valuto come alquanto efficaci le prestazioni di Terry Brock (un vocalist strepitoso!) e John Roth, ma devo confessarti che è davvero un po’ “strano” ascoltare un Vs. disco senza la voce di Dann … Con questi nuovi musicisti, com’è cambiato il Vs. approccio artistico rispetto al glorioso passato della band? Cosa ci puoi dire in dettaglio sulla genesi dei brani di “Promise Land”?
E’ sempre “strano”, come dici giustamente, quando una band cambia il cantante, ma io e David Huff avevamo una visione chiara su come la band dovesse suonare e quindi è stato facile operare le scelte produttive e scrivere i pezzi seguendo una precisa direzione. Terry Brock è un cantante di statura internazionale e, una volta entrato in sintonia con il “Giant sound” (e ci ha messo davvero pochissimo) siamo stati pronti per tornare a “correre”. In più, Terry ha contribuito alla stesura di parecchie canzoni, ponendo il proprio marchio alla nuova versione della band. Le canzoni sono arrivate da ogni direzione: alcune sono state prelevate dal “forziere” dei Giant, ri-arrangiate e normalmente corredate di nuove liriche (spesso riscritte da Terry Brock), nonché registrate con una nuova impostazione produttiva. Alcuni dei brani sono stati scritti dalla band espressamente per questo disco, altri sono stati forniti da compositori esterni quali Mark Spiro ed Erik Martensson e altri ancora sono stati stilati con l’aiuto di Dann Huff. Il nostro obiettivo principale era di registrare le canzoni migliori, senza preoccuparci della loro provenienza. Come ho già detto, avevamo un’immagine chiara di come doveva suonare il disco e penso che alla fine siamo riusciti a mettere in pratica quello che avevamo in mente.
Ho trovato il Vs. sound leggermente più orientato all’AOR, rispetto al passato recente. Sei d’accordo su questa impressione? E’ stata una scelta “strategica” o una sorta di trasformazione naturale del suono, con un ritorno, in qualche modo, alle prime mosse discografiche del gruppo?
Non c’è stata nessuna “strategia”, è stato solo il modo in cui si è evoluto il disco. Abbiamo escluso dall’album parecchie canzoni di valore e anche dopo questa cernita, quando abbiamo analizzato la lista dei pezzi, non eravamo ancora soddisfatti, sentendo di non aver trovato la giusta combinazione. Con l’aiuto e l’incoraggiamento della Frontiers, siamo tornati in studio e abbiamo selezionato ulteriormente le canzoni, ottenendo, alla fine, quello che poi è diventato il programma del Cd. Mi piace la maniera in cui le tracce stanno assieme come un’unica entità e penso che le canzoni si completino una con l’altra molto bene. Con questo disco abbiamo tentato di eguagliare il celebrato passato dei Giant e credo proprio che abbiamo raggiunto l’obiettivo.
Tante belle canzoni, dunque, e tra le mie preferite ci sono la title-track, "Never Surrender", "Prisoner of Love", "Two Worlds Collide", "Double Trouble", "Dying to See You" e "I’ll Wait for You". Anche se so perfettamente che si tratta di una domanda “difficile” e “scomoda”, quali sono le tue favorite?
E’ come cercare di dire quale sia il tuo figlio preferito, ma devo dire che hai citato la maggior parte dei miei pezzi preferiti del disco, a cui aggiungerei la power ballad “Our Love”. Bisogna anche ribadire, però, che intendiamo l’albo come un’entità unica, in cui ogni canzone è fatta per mostrare le differenti sfaccettature dei Giant. Ritengo che i tredici pezzi svolgano egregiamente questo compito.
Perché un titolo come “Promise Land"? Qual è il suo significato e cosa ci puoi dire, più in generale, sui testi del disco?
“Promise Land” riguarda il recupero di una relazione, ritrovando i fondamenti iniziali della sua instaurazione. E se ci pensi, non è per nulla una metafora estranea alla storia della nostra band! “Promise Land" doveva incarnare tutti gli elementi classici dei Giant e volevamo anche un grande titolo.
Non mi piace fornire troppe indicazioni sull’interpretazione dei testi, giacché preferisco che siano gli ascoltatori a farsi ognuno un proprio “film” partendo dalle parole che abbiamo scelto di utilizzare, ma se proprio devo sintetizzare il loro significato, ammetto che trattano essenzialmente di donne. Che altro c’è di veramente interessante?
Quali sono, a questo punto della carriera dei Giant, le tue speranze professionali?

Dopo aver perfezionato i dettagli finali del packaging del disco e finito di dare gli ultimi ritocchi al video di "Promise Land”, ora stiamo vagliando alcune offerte per un tour a breve scadenza, e anche tastando il terreno per alcuni live shows da intraprendere nel corso dell’anno. Tutti i componenti del gruppo sono impegnati in carriere artistiche individuali piuttosto importanti, ma vogliamo davvero supportare con dei concerti il nostro lavoro e stiamo facendo di tutto per realizzare questo desiderio. E’ passato troppo tempo dall’ultima volta in cui i Giant si sono esibiti in Europa, speriamo con tutto il cuore di tornare a farlo e siamo tutti molto elettrizzati da questa possibilità.
Che cosa cambieresti dell’industria del disco, ora che, vista la tua notevole esperienza nel settore, ne hai sperimentati sia gli aspetti positivi, sia quelli negativi?
Credo che la cosa peggiore accaduta all’industria della musica sia l’essere stata fagocitata dalle grandi multinazionali dell’”entertainment”, che hanno acquisito tutte le principali etichette discografiche. Le labels sono passate da essere gestite da persone appassionate di musica ad essere amministrate da ragionieri attenti solo agli aspetti commerciali della faccenda. Le cosiddette divisioni di “Artists & Repertoire” delle etichette discografiche sono diventate ridicole e i loro funzionari si sono trasformati in una specie di “portinai” più interessati ad allontanare le bands non ancora pienamente pronte, piuttosto che operare come dei veri talent scout capaci di individuare e sviluppare le qualità degli act emergenti. In questa situazione, stanno crescendo realtà discografiche più piccole, come la Frontiers, capaci di diventare delle autentiche “fonti” di musica sempre più autorevoli e importanti, mentre le multinazionali del disco si preoccupano di patrocinare l’ennesimo concorrente di American Idol. Etichette come la Frontiers sono il futuro del music business e i Giant sono molto felici di aver collaborato con loro.
Cosa ti piace ascoltare nel tempo libero? Ci sono dei gruppi che senti particolarmente vicini alla tua sensibilità musicale?

Ascolto un sacco di roba, dai MuteMath, ai Safety Suit, passando per i Muse, i Foo Fighters, i W.E.T. e finendo con Jeff Beck e Al Green.
E ora cosa succede Mike? Spero ardentemente sia vero, come afferma il promo-sheet della Frontiers, che siete tornati per restare!

Lo speriamo anche noi! La nostra prossima mossa sarà, come anticipato, vedere di riuscire a portare la musica del nuovo disco in giro per il mondo. La realizzazione di “Promise Land” è stata per noi un’esperienza talmente straordinaria, che vorremmo veramente prolungare il più possibile questo momento così favorevole. Poter contare su un’etichetta discografica in grande sintonia con noi rappresenta poi ovviamente un enorme incentivo. Serafino, Mario e tutti gli altri della Frontiers hanno giocato un ruolo importante dal punto di vista creativo e siamo consapevoli di quanto siamo stati fortunati nel trovare un team così formidabile. Ora vogliamo solo continuare su questa strada e vedere cosa ci riserverà il futuro.
Ok, questa è l’ultima … Nel rinnovare i ringraziamenti per la tua disponibilità, ti chiedo, come da “tradizione”, di chiudere questa chiacchierata spendendo alcune parole per i Vs. fans italiani …
Grazie per tutto il supporto che avete concesso ai Giant in tutti questi anni. Spero di incontrarvi al più presto e vi auguro un favoloso 2010.
Ciao!
Intervista a cura di Marco Aimasso

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