TMK... eterno divenire...

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Gruppo:T/M/K
Chi segue la scena Italiana deve essersi imbattuto per forza nei Thee Maldoror Kollective, e non importa in quale fase artistica, se quella prettamente Black Metal degli esordi, quella Industriale di metà carriera, oppure l'ultima più fumosa e Noir... quello che conta è il fascino e la capacità che hanno questi artisti di catturarti e trascinarti in altre dimensioni. E' da poco uscito il loro ultimo disco intitolato Need The Needle, e noi di EUTK non potevamo lasciarceli scappare, buona lettura!

Sono passati già tre anni da quando è uscito Pilot [The Man With The Meat Machine], credo si possa tirare un esauriente giudizio sulla sua riuscita, oppure no?

Sono volati questi tre anni, e ne è passato uno e mezzo di anno da quando abbiamo terminato le registrazioni di Need The Needle. Un po’ di acqua sotto i ponti, qualche scazzo, ma credo che Pilot sia un album che ha funzionato. Almeno dal riscontro che abbiamo ricevuto da chi materialmente lo ha comprato, e dalla critica. Questo perché non siamo in grado di poter parlare di una riuscita economica o di vendita: sappiamo poco o nulla a riguardo, al punto tale che abbiamo smesso di interessarcene. Abbiamo fatto l’album, con grande soddisfazione, e poi che ci piaccia o meno questo è transitato sotto altri meccanismi, di cui conosco poco.

Il vostro è letteralmente un collettivo in piena evoluzione. Sin dagli esordi sotto il monicker Maldoror in cui suonavate Black Metal, per poi passare attraverso le sperimentazioni sotto il nome di Thee Maldoror Kollective, ed ora T/M/K, e qui lascio a te la parola… a cosa si deve questo ennesimo cambio? E soprattutto Textbook Of Modern Karate (T/M/K) può essere considerata una nuova e totale identità?

Per certi versi è una cosa legata al discorso precedente. Non caviamo un soldo dalla nostra musica, non ne ho mai visti e ci sono buone probabilità che questo continui ad accadere, quindi in fin dei conti l’unica cosa che abbiamo e che manteniamo è la libertà di fare tutto ciò che ci passa per la testa. E’ un lusso credo. Un lusso piuttosto diffuso che ripaga l’assenza sempre più grave di riscontri economici per il mercato indipendente. Quindi il movente di base è come sempre l’urgenza creativa, che nel nostro specifico caso tende ad essere onnivora. Abbiamo mantenuto la sigla TMK, e questa ci permette di giocare con il linguaggio, assecondando la personalità dell’album che pubblichiamo di volta in volta. Il Textbook non è un’identità definitiva proprio perché ho decisamente voglia di fare altri album ed altre cose. T/M/K continua a cambiare in sintonia con la nostra personalità, e se questa può risultare instabile o compulsiva ha l’innegabile pregio di appassionarci.

Che rapporto avete con il pubblico? Bisogna ammettere che non deve facile essere per un vostro fan stare al ritmo di questi continui cambiamenti stilistici, come vivete questa situazione?

La viviamo benissimo, soprattutto se consideri che il nostro rapporto con il pubblico consiste principalmente nel contatto diretto, quasi familiare, con tutti quelli che ci seguono da anni e che sono entrati in sintonia con il nostro divenire continuo. Sono parecchi tra l’altro, più di quanti mi aspettassi. Penso che non sia facilissimo seguire i vari dirottamenti dalle linee precedenti, ma probabilmente è proprio questo il nostro focus, e chi ci segue lo sa benissimo.

Netaudio: favorevoli o acerrimi detrattori?

Assolutamente favorevoli. Come siamo favorevoli al cd, al vinile, alla musica su chiavetta USB, all’edizione limitata in box di cartongesso con interni in radica. L’importante è poter scegliere e poter accedere ad una informazione secondo le proprie disponibilità. E la musica è una informazione vitale.

Il vostro nuovo album, Need To Needle, per certi versi continua ad esplorare in maniera ancora più profonda il vostro lato più “umano & rock” se vogliamo così dire, a questo punto dove pensi si possa andare a finire? Mi spiego, la vostra imprevedibilità è ormai totale, non è che prima poi tornerete anche alle origini?

Può essere che accada, non mi sento di escluderlo, e Need The Needle è comunque un album dove l’elettronica è più presente che in qualsiasi nostro precedente lavoro. Suona più umano perché siamo abituati a ricondurre a certe forme musicali come il jazz o il blues un approccio fisico. Cosa che condivido perfettamente, ci mancherebbe, solo che nel nostro immaginario ci sono un sacco di junkies che improvvisano con un contrabbasso, con un sax o con i comandi di un synth. Come se Philip Dick fosse ospite di Charlie Parker su un piccolo palco di periferia. Dalla periferia vengono un sacco di cose strane, in questi tempi.

Dopo un ascolto più attento emerge un certo filo conduttore dietro il concept, pur essendo un disco quasi interamente strumentale, ma ad ogni modo cosa si nasconde dietro l’immaginario extra-musicale di Need To Needle? La dicitura “Hate Songs For Mary/Love Songs For Lucy” non credo sia casuale.

Siamo in un momento cruciale. Se fosse appena uscito New Era Viral Order, sarei quanto mai ansioso di snocciolare una intrigante e complessa teoria esoterica che tratteggi il background ideologico che ci accompagna da una vita, e qualcuno sarebbe anche interessato a leggerlo. Per Need The Needle abbiamo deciso di costruire un palco, con un sacco di oggetti che hanno un significato, ed altrettanti che potrebbero averne. Ci sono dei personaggi che dicono poche battute nelle scene in cui sono presenti, e tutti gli altri li sistemano gli ascoltatori. Ho ricevuto un sacco di feedback da parte di chi ha avuto modo di ascoltare l’album, e nessuno la pensava come gli altri. Sono queste le cose che mi piacciono, quelle che hanno i margini un po’ più fluidi e permettono al pubblico, la controparte nel processo creativo, di creare una trama propria. Certo c’è un’idea di fondo piuttosto precisa e viene raccontata dalla musica, ma un disco deve essere lasciato libero di andare e moltiplicarsi. O almeno, Lucy farebbe così.

Ma in sostanza... TMK rincorre l’avanguardia perché fa intellettuale, colto, contemporaneo? Ci siete o ci fate?

Ci facciamo. Non ci frega assolutamente nulla di essere contemporanei o d’avanguardia: ci interessa fare una musica che ci regali gratificazione, e ci restituisca qualcosa di diverso quando andiamo a riascoltarla. Non abbiamo (più?) pretese intellettualoidi, e meno ancora quello snobismo che spesso le caratterizza. L’unico costante problema è che qualsiasi cosa tu faccia troverai sempre chi pretende da te il contrario. Portate pazienza.

Quanto c’è voluto per metabolizzare e mettere in musica questo vostro nuovo percorso evolutivo? Solitamente come nasce un brano dei T/M/K?

C’è voluto un anno e mezzo, tra scritture e riscritture, poi cestinando tutto e suonando di impulso. Generalmente i nostri pezzi nascono sempre da qualche sogno più vivido di altri, o da quei momenti in cui si è immobilizzati con l’espressione idiota perché si scivola fuori dalla realtà consensuale. Un metodo che è applicabile in molti modi, e tutti hanno un prezzo: di impegno, di ricerca, di energia, di soldi.

Non credi che sia finalmente giunto il momento di portare nella dimensione reale, il palco, la vostra proposta musicale? Per quanto mi riguarda dal precedente Pilot ci sono tutte le premesse per allestire un bello show.

Si, ne sono convinto. Per ora cominceremo a fare qualche data all’inizio del 2010 tra Inghilterra e Germania, poi se la cosa sarà divertente continueremo. Ma non con i pezzi che hai sentito sul disco, perché sarebbe una presa per il culo per il pubblico, come sentire suonare l’orchestra sinfonica di Berlino e vedere solo tre persone sul palco.

Come mai HK non è più il vostro chitarrista. Amici o nemici?

Più amici di prima, semplicemente abbiamo sentito la necessità di seguire strade diverse, di cercare stimoli nuovi, e abbiamo preferito separarci per non rovinare tutto quanto di intenso è stato fatto insieme. HK è un grande musicista, e la notte in cui abbiamo formalizzato la separazione mi rimarrà impressa per un po’.

Cambiando completamente discorso... chi si è occupato della copertina? E’ molto particolare, c’è un significato dietro oppure è il frutto della fantasia più pura?

La copertina originale era molto diversa, poi abbiamo preferito chiedere a Y8 (il ragazzo che ha sviluppato il layout) di ascoltare semplicemente il disco e di buttare giù quello che sentiva, ed il risultato è il digipack che vedi. Ci è piaciuto molto, spero di lavorare ancora con lui in futuro.

Tornando a parlare di musica in senso stretto vorrei sapere quali sono attualmente i vostri gusti, sempre che seguiate un particolare genere musicale. Insomma ci sono speranze di un’evoluzione concreta nella musica, oppure è soltanto un lento e terminale declino?

Il declino è quello del mercato, delle etichette che affondano e che continueranno a farlo, e ha poca importanza che si continui a dare la colpa al download selvaggio senza preoccuparsi minimanente del fatto che la percentuale corrisposta all’artista è una sonora cazzata paragonata a quelle dei distributori e dei negozi. Ma la musica, a parer mio, sta decisamente bene, basta cercarla. Certo non sono più i tempi in cui una band riusciva ad unificare generazioni e gusti diversi riempiendo stadi e palazzetti, la musica si è frammentata in migliaia di possibilità, ipotesi e correnti. E al posto di una rivoluzione globale ci sono centinaia di micro-rivoluzioni individuali. Una cosa che è anche un bene. Nessuno di noi segue un particolare genere musicale di elezione, io personalmente in questi giorni sono preso molto bene da 65 Days Of Static, Religious Knives, Teiji Ito, Acid Mothers Temple, Phobia, Apparat, OM, il nuovo dei Current 93, Ministry, Hollow Bush, Black Dice, Lightning Bolt, e un sacco di altri.

Come vedi il progetto T/M/K alle prese con una colonna sonora? In passato c’è già stato qualche tentativo, ed è impossibile non cogliere sfumature per quello stile da parte vostra, è un mondo che vi affascina? Quali sono i vostri compositori preferiti?

Abbiamo completato da poco un paio di pezzi per un thriller italiano che vedrete tra non molto (speriamo) su Sky, è un ambiente che ci è congeniale, e credo continueremo su questa strada. A breve metteremo di nuovo in cantiere un progetto con Carlos Atanes, con cui avevamo già lavorato per il film di fantascienza Proxima. E’ una persona eccezionale, ed è un piacere collaborare con lui. Accanto ai classici, mi piacciono molto Trevor Jones, Dave Grusin, Desplat, Emilie Simon, e lo Zorn cinematografico.

Sbaglio oppure i rapporti con la Code666 si sono esauriti? Come vi trovate con la Aentitainment? Vi supportano a dovere?

Non sbagli, sono completamente esauriti. Noi non siamo il gruppo giusto per loro e loro non sono l’etichetta giusta per noi. Per ciò che riguarda la Aentitainment, è presto per poter fare un bilancio del loro lavoro su Need The Needle.

Bene, siamo alla fine, progetti futuri?

In autunno faremo uscire l’album di debutto di .E., il progetto a cavallo tra psichedelia, elettronica e Kraut di Eve in cui partecipo in vesti rumorose. E’ molto bello: so di non essere imparziale, ma lo penso veramente. E poi, finalmente, Knownothingism, in cui introdurremo il nuovo elemento del collettivo, subentrato ad HK da cui in questi giorni ci siamo separati. Nel frattempo, mi muoverò un po’ nel campo dell’arte visiva con un paio di mostre interessanti, e poi prenderemo a lavorare su un nuovo album T/M/K che – presumo – sarà molto più rumoroso.

A te i saluti!

Grazie Andrea per il supporto, ed a tutto lo staff di EUTK. Se vi avanza qualche euro, comprateci. In alternativa, scaricateci selvaggiamente.
Intervista a cura di Andrea 'BurdeN' Benedetti

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