MASTERPLAN (Roland Grapow, guitars)

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Gruppo:Masterplan

Attesi al varco dopo un primo album ben accolto da pubblico e critica, i Masterplan arrivano al sempre difficile traguardo del secondo disco, intitolato "Aeronautics", in cui confermano le proprie ambizioni e tutte le caratteristiche della propria musica. Un loquace Roland Grapow, che i più attenti ricorderanno nelle fila degli Helloween e che si sta dimostrando un valido produttore oltre che ottimo chitarrista, ci ha svelato i retroscena della lavorazione del nuovo album.

Ad un primo ascolto, “Aeronautics” sembra essere un album più solido e meglio definito rispetto al vostro esordio. Che ne pensi?
"La differenza maggiore rispetto al primo album, è senz’altro rappresentata dal fatto che adesso ci sono cinque compositori all’interno della band: per esempio, Axel (Mackenrott, tastierista, nda) si è reso autore di due canzoni, mentre Jan, il bassista, ha scritto ‘After This War’. A onore del vero, si tratta di un brano già apparso su un album degli Iron Savior (‘Dark Assault’, nda), ma abbiamo modificato sia l’arrangiamento che il testo, per cui credo che la nostra versione sia del tutto differente dall’originale. Anche per questo motivo abbiamo voluto cambiare leggermente il titolo, che da ‘After The War’ è diventato ‘After This War’. Il fatto, quindi, di avere contribuito tutti quanti alle composizioni, ha automaticamente cambiato un po’ il nostro sound, senza contare che tutte le 14 canzoni realizzate durante le sessioni di registrazione, sono state arrangiate da Jorn, Uli e me insieme. Abbiamo scelto di pubblicare l’album in due diverse versioni, una con una bonus track esclusivamente per il mercato europeo, ‘Treasure World’, e una invece con una bonus track differente, destinata al solo mercato giapponese. I restanti due pezzi sono invece andati a finire sul singolo ‘Back For My Life’. Abbiamo deciso di offrire qualcosa di più ai fans europei, oltre che a quelli giapponesi, proprio perché praticamente ogni disco che esce in Giappone ha uno o più brani che non vengono pubblicati nel resto del mondo. Oltre alla bonus track, la versione digipack europea include anche un booklet più ampio e non dovrebbe costare più di un euro in più rispetto alla versione normale. Questa è stata una nostra scelta precisa, sia per dare un valore aggiunto ai fans, che per arginare un po’ la tendenza a scaricare i pezzi da internet.”

Spesso i Masterplan vengono presentati come una creatura tua, di Uli e di Jorn, cosa rispondi?
"E’ vero che noi tre siamo innegabilmente i compositori principali, e come ti dicevo prima, il fatto di esserci occupati di tutti gli arrangiamenti, alla fine ha influito parecchio. C’è anche da dire che in effetti io ho un ruolo ancora più preponderante, poiché mi sono occupato personalmente della produzione dell’album insieme ad Andy Sneap, che è comunque rimasto in studio solo per un mese. I restanti due mesi e mezzo sono stati gestiti da me e precisamente mi sono occupato di registrare in parte la voce di Jorn e tutte le parti di tastiera, basso e chitarra solista. Andy invece ha prodotto la voce in cinque brani, più tutte le parti di batteria e di chitarra ritmica. Il processo di produzione è stato quindi un lavoro di squadra fra me e lui, ma siccome ho seguito praticamente da solo il successivo lavoro di missaggio e di mastering, si può dire che ho coordinato la maggior parte delle registrazioni. Gli altri ragazzi hanno avuto molta fiducia nei miei confronti e adesso posso dire di essere molto soddisfatto del risultato finale. Penso che sia meglio lavorare in questo modo, piuttosto che con due o tre produttori insieme, che alla fine rischiano di non trovarsi mai d’accordo su come procedere… pensa ad esempio, se il chitarrista pretendesse di avere il volume più alto e il giorno dopo il batterista alzasse quello del suo strumento perché altrimenti non lo si sentirebbe abbastanza, in breve tempo diventerebbe tutto un disastro! Io ho cercato, invece, di non pensare solo come un chitarrista ma di avere il più possibile una visione d’insieme. OK, le chitarre su questo disco sono abbastanza in evidenza, ma in questo è stato Andy a decidere, io non ho detto niente! Scherzi a parte, ho cercato di evidenziare soprattutto la voce, mentre non ho voluto mettere le tastiere troppo alte, per non rischiare di sminuire l’impatto delle canzoni. Mi spiego, preferisco sentire le parti di tastiera come arricchimento, ma non come strumento principale, soprattutto nei punti più aggressivi, in cui si perderebbe qualcosa in termini di energia. Quando, invece, ti trovi con la canzone giusta, vedi la nostra ‘Soulburn’ ad esempio, allora trovo più che giusto dare alle tastiere un ruolo predominante, perché danno l’atmosfera adatta. Anche per quanto riguarda il basso, nelle nostre canzoni suona spesso lo stesso riff della chitarra, per cui è importante che riesca a dare sostanza e potenza ai pezzi. Molti mi chiedono come mai, in un gruppo come il nostro, il basso non ha un grande spazio, ma in realtà non è così, ha un ruolo preciso e fondamentale, anche se ad un primo ascolto non sembra di rendersene conto. Per fare un esempio, negli Helloween la situazione era molto diversa poiché Markus (Grosskopf, nda) è un bassista dallo stile particolare, che ama suonare ‘intorno’ alle chitarre, in modo molto melodico e non lineare. Nei Masterplan invece abbiamo un approccio più orientato alla compattezza delle canzoni. In questo, devo dire di aver imparato molto sia da Andy Sneap che da Roy Z. (produttore di grande fama, che ha lavorato anche sul famigerato ‘The Dark Ride’ degli Helloween, nda) i quali mi hanno fatto capire ed apprezzare un modo diverso di produrre i dischi. Aggiungerei anche l’influenza fondamentale di una band molto famosa, i Metallica, che con il loro ‘black album’ hanno creato uno degli esempi migliori di arrangiamento e produzione: in quell’album, infatti, ti sembra di non sentire mai il basso perché suona insieme alle chitarre, ma in realtà c’è, eccome, ed ha secondo me un’importanza enorme nell’economia dei brani. Considero Bob Rock uno dei migliori produttori al mondo, e le vendite straordinarie che hanno realizzato quello e molti altri album registrati da lui, gli danno pienamente ragione. Un altro produttore che ammiro molto è Mutt Lange, che ha materialmente dato il successo ai Def Leppard. Ecco, quel tipo di produzioni, anche se ovviamente in un contesto abbastanza diverso, penso lo si possa trovare anche nella nostra musica: se riusciremo a raggiungere un pubblico più ampio, penso che lo dovremo anche al fatto che i nostri dischi sono prodotti in modo da dare il giusto spazio ad ogni strumento e di far capire cosa ognuno di essi sta suonando. Ovviamente, anche il lavoro di arrangiamento è fondamentale, e in questo senso posso dire che nei Masterplan, anche all’epoca del primo album, abbiamo sempre investito molto più tempo di quanto non facessimo con gli Helloween. Un esempio te lo posso fare riguardo agli assoli di chitarra: uno può pensare che registrare un assolo di venti secondi sia una cosa immediata, ma in realtà, spesso si possono anche impiegare delle ore per ottenere quei venti secondi! Voglio dire, se un chitarrista vuole cercare di esprimere qualcosa e non solo limitarsi ad un esercizio di tecnica, deve lavorare molto, provare la stessa parte decine di volte finché non riesce a trovare lo spunto giusto. E lo spunto giusto, quasi sempre arriva per caso, magari dopo ore di tentativi. Alla fine, considerando tutto ciò, diventa più facile capire perché molti gruppi impiegano quattro o cinque mesi per registrare un album!”

Tu hai suonato per anni insieme ad un altro chitarrista, mentre nei Masterplan ti ritrovi ad essere l'unico axeman, coadiuvato invece da un tastierista: questo ha fatto sì che ci fosse qualche cambiamento nel tuo modo di comporre?
“E' evidente che nei Masterplan le tastiere hanno un ruolo decisamente più importante rispetto agli Helloween. Prima ho parlato dello spazio che ogni strumento dovrebbe avere, e nel caso delle tastiere, il fatto che si tratti di uno strumento con un ruolo ben definito e non solo d'accompagnamento, mi permette di creare con la chitarra delle parti sicuramente più interessanti. Trovo molto più stimolante poter suonare insieme ad un tastierista, piuttosto che avere due chitarre che fondamentalmente suonano la stessa cosa durante una canzone. Ora mi sento, come dire, non più limitato dalla presenza di un altro strumento uguale al mio. Il dualismo con le tastiere è diverso e più interessante e gruppi come i Rainbow ne hanno dato esempi straordinari. Diciamo che mi sono ispirato proprio ai Rainbow, chiaramente senza volerne copiare lo stile, ma prendendone alcuni spunti per poi portarli in un sound più moderno e aggressivo.

Il tuo stile comunque si è chiaramente evoluto nel corso degli anni, c'è stato per caso un momento particolare che secondo te ha rappresentato un punto di svolta?
“Sì, certo: è stato 'The Dark Ride'! All'inizio della sua lavorazione ebbi molte discussioni col resto degli Helloween, Uli compreso, e per un certo periodo ammetto di essere stato in una posizione abbastanza critica: infatti passavo il mio tempo libero a casa con mia moglie, stavo preparando il mio album, insomma, gli altri avevano l'impressione che non mi interessassi più alla band. Il fatto è che io, per natura, non sono il tipo che va alle prove col suo gruppo e poi trascorre la serata in un pub a bere e a discutere per ore, in fondo con loro avevo già passato molti anni e li conoscevo già tutti molto bene, per cui non mi sembrava indispensabile doverci uscire per forza, capisci? Questa situazione sfociò in una discussione piuttosto pesante in sala prove, dove gli altri mi dissero di non apprezzare più il mio modo di suonare. Io naturalmente caddi dalle nuvole e chiesi spiegazioni. Weiki (ovvero Michael Weikath, chitarrista degli Helloween, Nda) disse che quando mi aveva conosciuto, io suonavo in modo più melodico e col tempo ero cambiato. Io però penso che, con gli anni, sia giusto cambiare ed evolversi. Comunque, poco dopo arrivò Roy Z., il produttore, che mi è sempre stato molto vicino e mi fece notare che anche secondo lui il mio posto all'interno della band stava vacillando. Allora, a quel punto decisi di impegnarmi per trovare un compromesso e mi concentrai moltissimo, passando parecchio tempo in studio, per ritrovare quella componente melodica che avevo un po' perso. Il risultato è stata una combinazione fra i due aspetti, quello più aggressivo e quello più melodico. Devo ammettere che, una volta ascoltato il prodotto finito, sono rimasto molto soddisfatto del sound che avevo ottenuto e ci sono canzoni di cui sono decisamente fiero, anche e soprattutto dal punto di vista melodico, che poi era quello che gli altri contestavano..."

Tornando ai Masterplan, al tempo del vostro esordio, hai mai avuto l'impressione che la band fosse vista solo come un "supergruppo" senza futuro e non come un nuovo inizio?
"Certamente, in pratica tutti i giornalisti me lo hanno chiesto e ogni volta io cercavo di spiegare che in realtà questo è un gruppo vero, ma non molti mi credevano... Per me era diventato fondamentale andare in tour al più presto, in modo da dimostrare alla gente ciò che siamo in grado di fare dal vivo. I fans credono molto di più in un gruppo che vedono impegnato in una seria attività live, mentre è già più difficile farsi strada solamente pubblicando dischi in studio una volta ogni qualche anno. Il tour è stato importante per noi, abbiamo suonato in locali anche molto piccoli ma è andato tutto bene, perchè abbiamo preso ancora più confidenza nei nostri mezzi e l'alchimia fra di noi, soprattutto grazie al feeling che Jorn è in grado di trasmettere, è diventata più forte, dandoci un ulteriore stimolo per andare avanti. Adesso abbiamo ambizioni molto maggiori, per esempio Jorn stesso dice di non voler più suonare ogni sera solo davanti a duecento persone, perchè ritiene che la band abbia il potenziale per crescere ancora e per raggiungere un'audience più vasta. Ovviamente non andremo a riempire gli stadi, non siamo certo i Nightwish, ma abbiamo voglia di metterci in gioco a livelli più alti. Infatti abbiamo deciso di fare il tour da headliners e non più di fare da spalla ad un'altra band, anche perchè con due album alle spalle penso che siamo in grado di offrire uno show più completo. Sinceramente non avrei voluto fare di nuovo da supporto agli Hammerfall, il tempo a disposizione ci avrebbe limitato troppo, mentre con altri gruppi più famosi, tipo Metallica o Scorpions, per esempio, non penso avrebbe funzionato perchè ai loro concerti c'è un tipo di pubblico diverso, con molti vecchi fans che probabilmente non ci apprezzerebbero. Abbiamo per un attimo pensato agli Edguy, ma si sarebbe posto il problema di chi avrebbe fatto di volta in volta da headliner. Per tutti questi motivi abbiamo scelto di affrontare il tour come band principale. In fondo, dal punto di vista musicale, penso che abbiamo raggiunto la dimensione giusta, e l'immagine che il titolo dell'album 'Aeronautics' vorrebbe creare, dando l'idea del volo e della libertà, mi sembra decisamente adatta al nostro momento."

A proposito di concept e di testi, "Aeronautics" ha per caso a che fare con temi bellici?
"No, assolutamente. Se ti riferisci a titoli come 'Wounds' o 'After This War', si tratta di argomenti molto più personali: 'Wounds' infatti parla dei dolori che si provano durante la nostra vita, quando per esempio perdiamo una persona a noi cara. Le ferite che danno il titolo alla canzone, sono perciò ferite interiori e non hanno niente a che vedere con la guerra. 'After This War' parla invece di un rapporto di coppia fra un uomo e una donna e delle difficoltà che possono venirsi a creare. Anche 'Back For My Life' tratta più o meno degli stessi argomenti. Invece, 'Headbangers Ballroom' è una specie di tributo che abbiamo voluto fare per un famoso locale di Amburgo, di cui sono socio, ma senza averci mai lavorato. Onestamente l'idea non è stata mia, io ho composto la musica ed il testo è arrivato da Jorn, che ha proprio voluto fare un omaggio a quello che è il vero proprietario del locale, che gestisce il nostro fan club e che in passato ha diretto quello degli Helloween. Il locale è piccolo, ma sta diventando davvero ben conosciuto ed è possibile incontrarci molti gruppi metal della zona."

Poi avete questo pezzo di ben dieci minuti, "Back In The Burn"...
"Capisco che la durata possa spaventare, ma chi si appresta ad ascoltare questa canzone, non deve aspettarsi cose in stile prog, con cambi di tempo continui et similia. Quando l'ho scritta, avevo in mente pezzi come 'The Dark Ride', o 'Keeper Of The Seven Keys' o ancora certi brani dei Savatage: canzoni che essenzialmente vogliono raccontare una storia in maniera completa, e infatti penso che 'Back In The Burn' presenti tutti gli aspetti dello stile dei Masterplan: ci sono parti aggressive, cori che richiamano gli Helloween, parti più moderne e altre più d'atmosfera, senza dimenticare l'intro e l'outro. E' in definitiva uno dei pezzi che può rappresentarci meglio."

Un'ultima domanda: personalmente e professionalmente, cosa ti aspetti dal futuro dei Masterplan?
"Sono dell'idea che tutto sia possibile, con questa band. Se 'Aeronautics' venderà bene e la risposta del pubblico sarà positiva, avremo tutti gli stimoli per continuare e per progredire. Ho sinceramente voglia di continuare a suonare dal vivo e a ricevere il supporto dei nostri fans, vorrei salire ogni volta sorridente sul palco e vedere davanti a noi un pubblico soddisfatto di quello che stiamo facendo: questo ci darà senza dubbio la conferma che stiamo percorrendo la strada giusta. Mi aspetto comunque di tutto, ma sono abbastanza fiducioso. In conclusione, vorrei dire grazie a tutti i nostri fans e in particolare a quelli italiani, per il supporto che continuano a darci!"

Intervista a cura di Michele 'Freeagle' Marando

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