In Flames - Daniel Svensson (drums)

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Con circa una mezz’oretta di ritardo, suona il telefono e dall’altro capo, un concentrato, ma anche uno stanco (stanchezza dovuta alle tante interviste odierne già svolte) Daniel Svensson comincia a parlarmi dell’ultima fatica targata In Flames (quel ‘Reroute To Remain’ che senz’altro al primo ascolto spiazzerà chi si aspetta una pausa sugli allori da parte del combo svedese), svelandomi alcuni retroscena sia sull’attuale studio album che sul chiacchierato live album ‘The Tokyo Shodown’. Prego dunque, al termine (o quasi), di questa calda estate, le fiamme sono ancora pronte a scaldarvi!

Ciao Daniel, parliamo subito del vostro nuovo album cominciando dal titolo, ‘Reroute To Remain’…
Beh, è anche il titolo di una song contenuta in esso. Qualche volta nella vita capita di intraprendere vie strane, nuove, che, indipendentemente dal tuo volere o meno, ti fanno ritornare alle tue origini, ti fanno ricordare chi sei veramente. Penso che il titolo sia molto esaustivo del contenuto dell’album: noi abbiamo cercato di sperimentare e riflettere, per capire dove siamo arrivati, e per tornare un passo indietro verso le nostre radici…forse questo album è il più sperimentale della nostra discografia, ma le radici sono sempre le stesse che hanno caratterizzato la nostra vita, il nostro sound e ogni album degli In Flames.

Dagli albori dei vostri primi album fino ad oggi, avete sempre introdotto elementi nuovi, mutando sempre il vostro sound. In ‘Reroute To Remain’ ho potuto notare come la vostra vena melodica, ma anche dark e wave, sembra aver preso una parte fondamentale nel vostro sound attuale, e songs come ‘Cloud Connected’ e ‘System’ sembrano darmi ragione. Come riesci a spiegare la vostra evoluzione?
Well, dopo l’uscita di ‘Clayman’ abbiamo girato molto, per tutto il Mondo, tour dopo tour, e penso che questa cosa ci abbia fatto crescere ancora. Vedere volti nuovi, conoscere culture diverse, confrontarsi con stili di vita diversi dal tuo, mettere piede in Paesi che solo prima conoscevi per il nome…tutte queste cose ci hanno molto affascinato e ci hanno in un qualche modo influenzato, sia a livello personale che musicale. Tutto quello che ci sta in torno è fonte di ispirazione per noi, almeno lo è sempre stato fino ad ora.

In questo album avete utilizzato la componente elettronica in maniera molto più spinta che in passato. Qual è il vostro processo compositivo?
Per ‘Reroute To Remain’ le cose sono andate diversamente in rispetto agli album precedenti. Per la prima volta abbiamo fatto una pre produzione del lavoro, se non ricordo male, in Settembre, molto diversa dal solito…abbiamo affittato un piccolo studio mobile e ci siamo mossi alla volta dei territori desolati della Svezia: zone senza la presenza dell’uomo, incontaminate…con noi avevamo solo il nostro equipaggiamento musicale e la strumentazione per registrare, null’altro. La cosa è stata fantastica, è stato come una lunga jam, e dopo poco avevamo i pezzi già pronti. Questa volta è stato più un lavoro di gruppo, ognuno ha avuto molto più spazio che in passato per proporre le proprie idee. Penso che la differenza fondamentale tra questo album e gli altri, è proprio da ricercarsi nel songwriting della band…non solo Jesper come fonte principale, ma tutti quanti all’unisono.

Sono rimasto piacevolmente sorpreso dall’utilizzo della voce, sempre in cerca di nuove soluzioni, sia nelle melodie che nell’effettistica che avete utilizzato…puoi dirmi qualcosa in riguardo alle liriche?
È abbastanza difficile per me entrare nel merito delle liriche, in quanto è Anders che le cura; ti posso dire comunque, per farti un esempio, che in passato, sia su ‘Whoracle’ che su ‘The Jester’s Race’, le liriche erano proprie per un concept, mentre per ‘Reroute To Remain’ la cosa non è accaduta. Ogni singola song racconta una storia, che riflette più o meno il Mondo attuale, con un focus particolare sulle relazioni umane. Penso che la cosa importante sia comunque che chi ascolta l’album possa farsi una propria idea e che riesca a ritrovarsi in quello scritto da Anders.

Cosa mi puoi dire in riguardo all’artwork? Non ti nascondo che subito di primo acchito, mi sono venuti in mente le locandine di vecchi film ambientati nella Roma antica: qual è la storia che si cela dietro la front cover?
L’aspetto grafico lo ha curato Niklas Sundin (chitarrista dei Dark Tranquillity ed affermato grafico – nds). È importante che l’aspetto grafico sia esplicativo della musica contenuta nel cd. I nostri lavori precedenti li aveva curati Marshall, ma per ‘Reroute To Remain’ volevamo un grafico nuovo, volevamo sperimentare qualcosa di diverso, così ci siamo rivolti a Niklas; appena passatogli il titolo dell’album, lui ci ha subito detto che avrebbe utilizzato pochi colori, non più di due o tre, perché ‘Reroute To Remain’ è un titolo che graficamente parlando, gli comunicava questo. Per il resto, dovresti chiedere con Niklas la scelta del soggetto!

Vi ho visto dal vivo cinque volte, e in Ottobre sarà la sesta, quindi ti vorrei fare una domanda in riguardo al vostro live album, ‘The Tokyo Showdown’. Penso che sia un buon album…guardando le songs contenute addirittura eccellente…ma con un difetto non da poco, ovvero la produzione. Il vostro live set è molto più esplosivo ed intenso rispetto a quello documentato dal platter in questione. Ad un anno di distanza, come giudichi ‘The Tokyo Showdown’?
Prima di tutto devo dirti che non era pianificato registrare un live album, ma una volti giunti a Tokyo, la produzione ci ha informato che aveva con se tutto l’equipaggiamento ideale per registrare la serata…beh, puoi immaginare che noi siamo stati entusiasti di ciò, anche perché smobilitare tutto l’equipaggiamento giusto per una live recording comporta dei costi notevoli! Abbiamo così preso la palla al balzo, non ce la siamo fatta scappare…però la cosa è finita li per li, abbiamo registrato lo show senza doppi fini. Una volta tornati in Europa, visto i lunghi tempi d’attesa per l’album successivo, ovvero l’attuale ‘Reroute To Remain’, in accordo con la label abbiamo pubblicato ‘The Tokyo Showdown’ per avere una continuità sulle uscite. Per quanto riguarda la produzione, è sempre difficile catturare l’atmosfera del live set...’The Tokyo Showdown’ rappresenta come abbiamo suonato quella sera, né più, né meno. Io, ti dirò, non sono mai stato un grande fan dei live album…non mi dicono molto, ma sono stato comunque anch’io in accordo con i ragazzi della band per la pubblicazione; oramai l’album era già registrato…perché allora non pubblicarlo per ingannare l’attesa, aspettando la prossima studio release?. Comunque, effettivamente, non è l’album migliore per potersi avvicinare agli In Flames…è destinato ai soli fans di lungo e breve corso, non ai neofiti della band.

AREA 51: Una domanda sul passato, una sul presente, una sul futuro...

Se ti richiamassi alla mente l’anno 1998…
Un grande anno! Sono entrato in una band che fino a ‘Colony’ ha sempre avuto la stessa line – up e che ho sempre seguito come fan…un passo importante per me e per loro. Senz’altro un grande anno!

Ed il nome Nuclear Blast…
Quando penso a Nuclear Blast penso a tante bands diverse che propongono tante tipologie di Metal…una grande label a 360°. È da tanto che siamo con loro e direi che ci possiamo lamentare di nulla; hanno sempre soddisfatto le nostre richieste e ci hanno sempre supportato al massimo.

Cosa ci sarà dietro l’angolo per gli In Flames?
Adesso l’unica cosa che spero è di fare tours su tours e di guadagnare sempre nuovi fans in tutto il mondo, anche se ammetto che cerchiamo di non pensare troppo al futuro, in quanto vogliamo essere totalmente concentrati sulle nostre date live, una alla volta. È troppo facile pensare al lungo periodo, noi vogliamo concentrarci sul breve, per rimanere sempre con i piedi per terra!

M: Ok, apprezzo molto la tua sincerità. Cambiando discorso, gli In Flames sono passati diversi anni fa dalla Wrong Again Record a Nuclear Blast. Quali sono le maggiori differenze che hai notato, intendo da dentro?
DS: Io sono entrato nella band nel 1998, ai tempi di ‘Colony’, quindi non sono in grado di risponderti in maniera esaustiva; però posso dirti che Wrong Again Record è una label piccola, senza la possibilità di promuovere gli In Flames alla grande, a causa di limitazioni di budget, con Nuclear Blast la faccenda è molto diversa sotto questo punto di vista. D’altro canto però, Wrong Again Record è una label svedese, e noi siamo svedesi…stessa lingua e vicinanza notevole…Nuclear Blast è tedesca, così si parla in Inglese e la lontananza è sensibilmente più elevata…ma comunque va bene così!

Un paio di settimane fa, ho parlato con Michael Stanne (voce Dark Tranquillity - nds) per un’intervista, e mi ha fornito il suo punto di vista in riguardo la scena svedese, dicendomi che la vera scena è morta nel 1993 e che, attualmente, è un’altra cosa, con alcune ottime bands, ma senza quella trade union che ha caratterizzato i primi anni 90. Tu cosa ne pensi?
Penso anch’io che ci siano delle bands “giovani” veramente valide che provengono dalla Svezia…attualmente mi vengono in mente Soilwork e Darkane, ma ve ne sono delle altre, anche se devo dire che la quantità è stata soppiantata dalla qualità. Certo, agli inizi degli anni ’90 il Gothemburg Sound era imperante, con bands come At The Gates, Dissection, Dark Tranquillity ed In Flames a capo…ora lo è meno, ma penso che vi sia comunque ancora una scena attuale, anche se è vero che le bands si formano e si sciolgono continuamente, forse in maniera maggiore che negli anni ’90…penso che messo in questi termini, ha ragione Michael, ovvero che la scena attuale è molto più debole che quella di una decade fa.

Ho surfato un po’ sul vostro web, e devo dire che è ottimo. Che rapporto hai con la rete?
Quando sono a casa navigo tutti i giorni, penso che sia uno strumento meraviglioso. È molto utile anche musicalmente parlando, soprattutto se hai una band che è senza una casa discografica alle spalle, in quanto puoi fare promozione anche da solo e con un budget limitato…dall’altro canto ho già trovato ‘Reroute To Remain’ disponibile in rete due mesi prima della sua pubblicazione, ma penso che la cosa fosse inevitabile…comunque rimane il fatto che per il sottoscritto, Internet è un ottimo strumento.

Dopo 8 anni dai vostri inizi, la vostra fiamma è ancora viva più che mai; qual è il vostro segreto?
“Yeah, I think the flame is still burnin’!” Penso che uno dei nostri segreti, forse il più importante, sia quello di non scendere a patti con nessuno, in riguardo al nostro songwriting. Potevamo fare altri cinque ‘The Jester’s Race’ ma non li abbiamo fatti, abbiamo sempre cercato di rinnovarci album dopo album, cercando di rimanere comunque sempre noi stessi. Scriviamo per noi stessi, e finché non siamo soddisfatti al 100% le cose non ci aggradano; fortunatamente la gente apprezza la nostra musica e la nostra sincerità, ma noi facciamo musica per noi stessi, senza essere condizionati da agenti esterni: ecco, questo penso che sia il nostro più grosso segreto!

Ora puoi dire quello che vuoi ai lettori di Eutk!
Spero proprio che i nostri fans italiani apprezzino ‘Reroute To Remain’, e spero che veniate in massa al nostro concerto di Ottobre. Sono due anni che manchiamo dall’Italia e non vediamo l’ora di essere di nuovo da voi!

Intervista a cura di Massimo 'Whora' Pirazzoli

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