Embryo: una vivida... intervista sull'infelicità!

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Con "A Vivid Shade On Misery" gli Embryo hanno messo in contatto l'arte di Caravaggio e il Death Metal, un binomio che a prima vista può sembrare azzardato ma che poi si è rivelato vincente... ed avvincente. Parliamo di questo ed altro con il loro chitarrista, Eugenio Sambasile...

Ciao Sergio ed un saluto a tutti i lettori, grazie a te per averci dedicato del tempo.
Ho letto qualche recensione qua e là e diversi commenti sul vostro nuovo album, e mi sembrano tutti più che positivi, ma sicuramente voi li avrete seguiti con maggior attenzione, come è stato accolto "A Vivid Shade On Misery"?
Fino ad ora, come hai detto, le recensioni sono tutte molto positive. Inoltre, il nuovo album sembra essere stato ben accolto anche dai fan, infatti non vediamo l'ora di suonare i brani in sede live e di vedere le reazioni sotto al palco.
Sono passati molti anni da "A Step Beyond Divinity" e sembra proprio che non abbiate lasciato nulla al caso: scelte accurate, una gestazione piuttosto lunga...
In realtà avremmo voluto fare uscire “A Vivid Shade On Misery” tra il 2020/21: purtroppo a causa delle restrizioni dovute alla pandemia abbiamo dovuto rimandare più volte le registrazioni in studio. Ad ogni modo è vero, il lavoro svolto per la composizione di questo disco è stato lungo e meticoloso.
Inizialmente mi sono occupato delle musiche e della struttura di ogni brano, e per fare questo avevo bisogno che tutto fosse coerente e chiaro nella mia testa, quindi mi sono informato leggendo libri e guardando ogni sorta di film o documentario per trovare dentro di me quella scintilla che avrebbe poi incendiato il processo compositivo. Nel frattempo Roberto ha reperito gli argomenti e le parole più significative su cui lavorare attraverso le liriche. Ci tengo a specificare che quando diamo avvio ad un nuovo progetto gli dedichiamo tutte le energie che abbiamo a disposizione e si tratta generalmente di processi lunghi ed impegnativi, che possono richiedere anche anni. É un continuo tenere e scartare cose e fino a quando non siamo nella stessa direzione artistica continuiamo a lavorarci per cercare di raggiungere l'obiettivo al massimo delle potenzialità.
Finito il lavoro direzionale, e dopo aver trovato la giusta attitudine (tonalità e struttura dei brani), i nuovi arrivati (Gabriel/George) hanno apportato il loro contributo al disco: la collaborazione è stata indispensabile affinché ogni brano diventasse ciò che potete ascoltare oggi.

Avete superato anche qualche cambio di formazione, e tra questi anche il momentaneo abbandono di Roberto, cosa puoi dirci a riguardo?
Era il 2019 e dopo le registrazioni del nostro singolo “Misguided Legacy” siamo partiti per il tour europeo di supporto agli Immolation. Roberto in quel periodo era molto stressato e aveva alcuni impegni familiari da risolvere, pertanto ha deciso di lasciare la band durante il tour.
Abbiamo quindi scelto di ingaggiare Vitali Mats e in questo modo siamo riusciti a concludere dignitosamente ogni data.
Per noi quel periodo è stato sicuramente problematico perchè trovare un valido sostituto di Roberto si è rivelata un’impresa difficile: fortunatamente però, dopo circa un anno di lontananza, e dopo aver ascoltato i nuovi brani, ha deciso di tornare a far parte della band e credo sia inutile sottolineare quanto la sua presenza negli Embryo sia importante, per non dire indispensabile.
E a proposito di line-up va segnalata la presenza su "A Vivid Shade On Misery" di George Kollias, come siete arrivati a questa collaborazione?
Ho conosciuto George nel 2015 durante il tour nel quale eravamo di supporto ai Nile: da allora ci sentiamo spesso e siamo rimasti grandi amici, perché oltre alla musica abbiamo in comune alcune altre passioni come le moto, la motogp e le giornate in pista. La mia prima collaborazione con lui risale al 2016, quando ha registrato le batterie per il mio singolo strumentale "Conversion Disorder".
Parlando con Kollias di “A Vivid Shade on Misery” e di quello che avremmo voluto realizzare con questo disco si è dimostrato da subito interessato e, quando gli abbiamo proposto di registrare con noi, era eccitato all'idea di cimentarsi in qualcosa di così diverso rispetto a ciò che solitamente suona nei Nile. Collaborare con un batterista del calibro di George é stato estremamente formativo ed ha accresciuto la nostra voglia di fare meglio: il suo contributo all'album è stato importantissimo.
Che puoi dirci delle canzoni che compongono il nuovo disco... ci sono dei passaggi che reputi importanti e maggiormente significativi per l'album?
Il brano su cui ho sicuramente qualcosa da dire è “Medusa” perché rappresenta un trait d'union "lirico" tra i nostri ultimi due album: è il soggetto scelto sia da Leonardo che da Caravaggio per due opere che all'epoca sconvolsero i loro contemporanei e che esprimevano, ognuna a proprio modo, una visione molto particolare e unica dell'arte: visione che consiste nello “scuotere” coloro che vi si approcciano.
Per il resto credo che a livello musicale tutte le canzoni che compongono il disco rappresentino gli Embryo: la forte impronta ritmica, l'evoluzione tecnica sviluppata in tutti questi anni, il grande impatto e la continua ricerca di melodie che non mitighino l’aggressività che ci contraddistingue, ma piuttosto la completino e la supportino. In ogni brano c'è qualcosa della band e questo penso sia estremamente importante. Chiaramente poi, ognuno di noi è legato ad alcuni brani in particolare piuttosto che ad altri, questo per svariati motivi che però hanno poco a che fare con una valutazione oggettiva.

Quali sono allora gli elementi più importanti presenti nella vostra musica? E quelli meno percepibili che magari rischiano di passare inosservati durante l'ascolto del disco?
Sicuramente gli elementi più importanti del nostro sound sono i riff taglienti di chitarra, le sfuriate di batteria, il growl abissale di Roberto e le tastiere decadenti di Simone.
Per quanto riguarda gli elementi meno immediati ma altrettanto importanti possiamo trovarli ad esempio nei testi che talvolta sono davvero molto particolari e, se si presta la giusta attenzione ai dettagli, si possono scoprire molte cose interessanti. Ad esempio nel brano “Leonardo” in “A Step Beyond Divinity” ogni frase inizia e finisce con la stessa lettera, e, leggendo verticalmente il testo, viene a formarsi la scritta Leonardo Da Vinci. Interessante no?
Si… davvero particolare e mi era sfuggito. Ma come è nata l'idea di dedicare il nuovo album a Caravaggio? Solo perché, come ho scritto nella mia recensione, è un artista maledetto e quindi più indicato per il Death Metal rispetto ad altri, oppure ci sono altre ragioni?
L'idea di realizzare una trilogia di concept album ispirati ad alcuni personaggi emblematici del Rinascimento italiano ci è venuta nel 2016, durante il tour europeo in cui presentavamo il nostro terzo lavoro: "Embryo". CI trovavamo in Germania e durante un day off siamo andati in una strana birreria, situata in una piccola cittadina di montagna di cui non ricordo il nome, per rilassarci e parlare di quello che sarebbe stato il nostro prossimo lavoro in studio. Dopo alcuni drink e alcune idee strampalate è arrivata l'ispirazione: "Siamo italiani cazzo, e chi meglio di noi può affrontare la vita di questi personaggi che hanno reso grande il nostro Paese?" Così quella che sembrava essere "la classica idea da sbronzo" è diventata il nostro nuovo percorso artistico. Il primo di questi lavori, com'è noto è stato dedicato a Leonardo Da Vinci. Per questo nuovo percorso invece abbiamo deciso di affrontare la personalità di Caravaggio, perché nessuno, a nostro avviso, è più death metal di lui. É un personaggio violento, a tratti crudele ma estremamente geniale e per noi una fonte d'ispirazione incredibile, quindi sì, la ragione principale è proprio questa.
L'artwork è un semplice omaggio/collage di alcune famose opere del Caravaggio oppure c'è anche qualcosa degli Embryo... e non mi dite il vostro "logo", troppo facile così!
L'artwork è stato creato da Simone Solla (tastierista della band): è principalmente un omaggio a Caravaggo e consiste, come hai sottolineato, in un collage delle opere più tetre e famose di Merisi.
Diciamo che di nostro abbiamo messo la musica.
Bene, restando focalizzati su "A Vivid Shade On Misery", come sono andate le cose prima in sala prove e poi in studio di registrazione, il risultato finale ha rispecchiato ciò che avevate in mente oppure avete dovuto rinunciare a qualcosa?
Ho scritto l'intero album nel mio studio, ad Annico (CR) e, mano a mano che finivo la stesura dei brani, li facevo ascoltare agli altri per sentire i loro pareri: non abbiamo mai provato i pezzi per intero prima di registrarli, ci siamo infatti occupati più volte della pre-produzione, incontrandoci spesso per ascoltare il lavoro svolto e capire se fosse la direzione che volevamo seguire.
Solo quando tutto era al posto giusto ci siamo recati in studio, e, grazie al nostro produttore, Simone Mularoni, con il quale collaboriamo da più di dieci anni, siamo riusciti a far suonare tutto nel modo più adeguato. “A Vivid Shade On Misery” è esattamente come lo volevamo.
Quanto è importante per un album avere una buona produzione? Può essere più importante della musica stessa?
È fondamentale, ma non credo sia più importante della musica stessa, o meglio, le due cose devono andare di pari passo.
Avere brutte canzoni ben prodotte non porta da nessuna parte, così come avere belle canzoni prodotte male. La produzione deve, per quanto possibile, seguire il messaggio che la musica vuol dare. La cosa più importante per un artista credo sia capire cosa vuole far emergere, con autenticità, attraverso la sua musica, e una buona produzione hai il compito di mettere in luce al meglio questo aspetto.

Pensi che sia ancora possibile essere originali nel genere che proponete o che ne valga la pena provare ad esserlo? E voi ci provate?
Provare ad essere originali, se in qualche modo si ha la convinzione di apportare elementi positivi alla scena (metal nel nostro caso), ne vale la pena.
Per quanto possibile ci proviamo, non abbiamo la pretesa di creare qualcosa di completamente nuovo, crediamo sia davvero improbabile essere la novità assoluta, soprattutto nel metal estremo, ma cerchiamo comunque di farlo a modo nostro, vogliamo scrivere musica e testi a senza doverci sentire indirizzati dal trend del momento.
Dopo 17 anni dal vostro primo album e a più di 20 dai primi passi, credo comunque siate cambiati voi... la vostra visione della vita ed anche quella musicale... cosa vi lega ancora agli Embryo degli esordi?
Ciò che ci lega agli Embryo degli esordi è sicuramente la perseveranza, siamo cambiati, certo, siamo cresciuti e abbiamo attraversato molte fasi della nostra vita, musicale e privata, ma quello che non è mai mutato rispetto ad allora è la nostra voglia di suonare, di scrivere musica, di salire sul palco ed esibirci davanti ai fan, mantenendo ancora lo stesso entusiasmo di quegli anni.
Quest'estate accompagnerete gli I Am Morbid nel loro tour europeo, ci sono altri appuntamenti live in cui potrete presentare il nuovo album?
Certo, come hai detto, quest’estate, precisamente ad agosto, saremo in Europa con I am Morbid. Gli altri appuntamenti in cui presenteremo il nuovo album sono: l'In Flemmen Festival in Germania (luglio), e il Metal Valley a Rossiglione (Genova, a settembre).
State già lavorando ai brani che comporranno il successore di "A Vivid Shade On Misery"? Pensate nuovamente a un concept album... nel caso, pur senza svelare troppo, qualche indizio ve lo fate scappare?
Non stiamo ancora lavorando ai brani, prima di iniziare a comporre dobbiamo avere ben in mente la direzione che vogliamo prendere.
Sarà sicuramente un concept album legato ad un altro personaggio del Rinascimento italiano.
Una piccola anticipazione? Probabilmente si tratterà di una donna.
Beh... a questo punto non posso che ringraziarti per la tua disponibilità e mi sembra giusto lasciarti l’ultima parola...
Grazie a te Sergio e a Metal.it per il tempo dedicatoci.
Colgo l'occasione per invitare tutte le persone che non ci conoscono ad approfondire la nostra musica, nella speranza di essere una scoperta sconvolgente.
Ci congediamo quindi da Eugenio, ringraziandolo e ricordando anche che nei prossimi giorni è in uscita il suo libro "Modern Extreme Metal", una guida sull'uso della chitarra ritmica in questo contesto musicale.
Intervista a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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