Wine Guardian: promesse mantenute …

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Essere considerati una delle prog band italiane più interessanti della scena contemporanea comporta una certa “responsabilità”, onere (e onore) che i Wine Guardian dimostrano di saper sostenere in maniera egregia con “Timescape”, godibilissimo albo da poco uscito per Logic Il Logic Records / Burning Minds Music Group.
Approfondiamo la questione con i diretti interessati, Lorenzo Parigi (vocals, guitar), Stefano Capitani (bass, backing vocals) e Davide Sgarbi (drums, backing vocals) …

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Ciao ragazzi, grazie per la disponibilità e benvenuti su Metal.it!
Iniziamo con una domanda che sono sicuro non vi avrà mai fatto nessuno :)... da cosa deriva la vostra “singolare” denominazione?
Davide: dal piacere di suscitare ogni volta una domanda come la tua :)… no, scherzi a parte, il nome è nato senza un motivo principale. Come tutti, abbiamo iniziato a suonare da ragazzini in una cantina insonorizzata, siamo tutti e tre fan dei Blind Guardian, amiamo bere … e il gioco è fatto!
Siete stati citati come una delle prog band italiane più interessanti della scena contemporanea nel libro "Metal Progressive Italiano" di Massimo Salari ... una gratificazione che però implica anche, in qualche modo, una sorta di obbligo nei confronti della comunità musicofila ... come avete vissuto tale “dolce fardello”?
Lorenzo: è stato estremamente inaspettato, perché essendo noi molto poco abili nell’autopromozione e nella cura dell’immagine pubblica, social in primis, per conoscerci a fondo è necessario scavare, trovare e ascoltare la nostra musica. Per questo motivo siamo molto grati che in Italia ci siano persone come Max.
Ed eccoci dunque al nuovo interessantissimo “Timescape”, che arriva dopo un Ep e un full-length ... in che cosa vi sentite “cresciuti” rispetto ai vostri lavori precedenti?
Stefano: crediamo innanzitutto nell’ascolto degli altri gruppi e nell’allargamento dei riferimenti. Questa è stata la benzina fondamentale per migliorare (speriamo) il nostro songwriting!
Come ho affermato in sede di recensione, considero il disco un fausto esempio di “equilibrio”, in un genere, il prog-metal, in cui il rischio è di “sovraccaricare” la musica di tecnica e/o di forzata estrosità ... era un obiettivo che vi eravate prefissati o si è trattato di un approccio completamente “istintivo” alla materia?
Lorenzo: l’una e l’altra cosa. “Istintivo” perché abbiamo tutti e tre background differenti e non siamo cresciuti fin da subito nel “culto” del progressive, ma ci siamo arrivati per il piacere di evolvere la nostra musica. Ovviamente c’è anche una parte di pianificazione nell’equilibrio che hai citato e che è uno dei nostri obiettivi, per provare ad arrivare a un pubblico che non sia di soli fan del progressive.
Un bilanciamento tecnico / compositivo che merita un ulteriore approfondimento ... come nasce un pezzo dei Wine Guardian? La “scintilla” nasce da intuizioni individuali o da elaborazioni collettive?
Stefano: la maggior parte dei riff e delle idee provengono da Lorenzo, voce e chitarra; dopodiché l’arrangiamento è collettivo. Io e Davide, rispettivamente basso e batteria, a volte proviamo a sganciarci dalla linea di chitarra per costruire un groove complementare. In alternativa, come per alcuni brani di “Timescape”, Lorenzo scrive una parte di chitarra molto ritmica e la lavora insieme a Davide, io successivamente introduco l’armonia … e poi si procede tutti assieme.
Come “maturo” rockofilo e “coscienzioso” scribacchino, sono il primo a ritenere che la musica, soprattutto quella di un “certo tipo”, necessiti di numerosi ascolti per poter essere “capita” e apprezzata ... purtroppo però viviamo tempi frenetici in cui spesso anche l’appassionato finisce per “giudicare” e magari passare oltre dopo un contatto occasionale e superficiale ... come si fa ad attrarre l’attenzione dell’astante e “convincerlo” ad approfondire? C’è un pezzo nell’album che ritenete adatto a tale scopo?
Davide: direi “Little Boy”, che è anche il singolo che abbiamo scelto. Abbiamo anche lavorato a una versione single edit più corta, proprio per poter confezionare un prodotto minimamente radiofonico.

Nel vostro ambito espressivo, i Dream Theater hanno rappresentato un modello “assoluto”, con relativa profusione di cloni più o meno abili. Per voi mi sembra invece che uno dei riferimenti principali siano i Rush, inseriti in un contesto comunque parecchio personale e variegato ... quanto è difficile svincolarsi dai propri “numi tutelari” e chi considerate effettivamente i vostri “buoni maestri”?
Davide: se parli a me dei Dream Theater possiamo stare a chiacchierare tutto il giorno! Sicuramente i Rush sono ottimi maestri quanto a varietà compositiva e nella costruzione di un sound completo anche come trio. Nel recente passato, che è stato la principale fonte d’ispirazione per “Timescape”, ti dobbiamo dire Porcupine Tree, Soen e Opeth, in quest’ordine.
Timescape” segna il debutto della collaborazione tra voi e il Burning Minds Music Group ... com’è nata e perché avete scelto questa etichetta per il vostro nuovo lavoro?
Lorenzo: abbiamo capito che ci serviva un supporto già nel momento in cui abbiamo pubblicato in totale autonomia il nostro album precedente, “Onirica”, nel 2017. Quando “Timescape” era ancora in una fase di crescita, nel corso della nostra ricerca di un’etichetta siamo stati fortunati a entrare in contatto con i ragazzi di Burning Minds, persone molto disponibili e che non hanno pregiudizi nel supportare musica come la nostra, indipendentemente dalle prospettive commerciali.
In questi nostri tempi di certo non felici per l’universo della musica e della discografia, è più importante fare un bel disco o avere la possibilità di suonare molto dal vivo? Dal punto di vista delle esibizioni live, quali sono le prospettive, oggi che la situazione pandemica sembra lentamente migliorare?
Lorenzo: un lavoro in studio soddisfacente è il principale obiettivo artistico per un musicista, suonare molto dal vivo invece è la realizzazione professionale e la chiusura del cerchio. Per un professionista della musica, penso sia più importante la seconda, in termini assoluti (e di sopravvivenza). Per quanto riguarda noi, avere avuto l’opportunità di vedere realizzata una produzione di questa qualità (un enorme ringraziamento va ad Andrea Seveso e Alessandro Del Vecchio) è già di per sé un grande appagamento. Le prospettive per il nostro futuro live sono un’incognita. Stiamo lavorando per tornare sul palco, ma al momento non sappiamo dire né dove né quando, né se riusciremo a fare da soli come abbiamo fatto finora o se avremo bisogno di bussare alla porta di un’agency.
Siete “in giro” dal 2008 e un minimo di “bilancio” sulla vostra parabola artistica credo lo abbiate già fatto ... quali sono state le conclusioni? Qual è l’aspetto più appagante dell’essere musicista e quale quello meno soddisfacente?
Stefano: in parte ha già risposto Lorenzo alla domanda precedente, comunque in generale direi che l’aspetto più soddisfacente è che continuiamo a divertici a suonare insieme, diversamente avremmo già smesso. L’aspetto meno soddisfacente, forse, è quello di dover fare i conti con questo paese, musicalmente parlando.
Siamo alla fine, dopo aver rinnovato ringraziamenti e complimenti, lascio a voi i commenti finali ...
Davide: ma grazie a voi di Metal.it e a tutte le persone come voi che si sbattono con passione e convinzione per raccontare la musica che non passa su Virgin Radio!
Intervista a cura di Marco Aimasso

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