Doomraiser, reverse the god!

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Gruppo:Doomraiser

I Doomraiser sono da poco tornati a farsi sentire con nuovo materiale, proseguendo sulla loro strada fatta di doom metal profondo, riflessivo ed energico ma variando alcuni dettagli. Abbiamo già analizzato il nuovo Reverse (Passaggio inverso) in fase di recensione ed ora abbiamo l’opportunità di approfondire direttamente con la band, nello specifico con Andrea “BJ” Caminati (basso) e Nicola “Cynar” Rossi (voce). I ragazzi si sono dimostrati gente pregna di passione, gente che vive con la musica nel cuore, gente semplice ma con la capacità di creare grande musica. Ecco la nostra chiacchierata.

Il nuovo Reverse (Passaggio Inverso) ha alcuni elementi che lo differenziano dai vostri lavori precedenti tra cui una maggiore potenza dei riff ed un suono più robusto. Siete d'accordo? A chi vi siete affidati per la produzione?
BJ – Ciao, si è evidente sin dal primo ascolto che il nostro nuovo lavoro ha dei punti che lo differenziano dai precedenti, così come ne ha altri che lo accomunano. E’ stato così per ogni album, proseguire un discorso al livello musicale, lirico e concettuale evolvendolo. Ogni disco aggiunge dei tasselli, smussandone altri e recuperandone altri ancora. In questo disco ci sentivamo di voler recuperare parte del suono delle nostre origine, quello più metal. Per quanto riguarda la produzione abbiamo lavorato in fase di registrazione nella nostra città con Marco “Cinghio” Mastrobuono e Matteo Gabbianelli presso i Kick Recording Studio, mentre per mix e mastering ci siamo affidati alle sapiente mani e orecchie di Billy Anderson. Avevamo le idee alquanto chiare su quello che volevamo ottenere come risultato finale.

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Cynar – E’ stato uno degli obbiettivi centrali dell'album quello di potenziare il suono, dando in fase compositiva una caratteristica più robusta e diretta. Più di altri nostri lavori precedenti quest'album viene concepito con degli obbiettivi maggiori sia stilistici che emotivi. Billy Anderson è stata la ciliegina sulla torta proprio perchè nel suo lavoro è un vero maestro, ed ha avuto un ruolo importante nel fare emergere i caratteri distintivi di un sound più oscuro e nello stesso tempo più granitico.
Oltre al suono più "brillante" di cui abbiamo appena parlato, si nota una diminuzione delle parti psichedeliche in favore di pezzi più diretti, con i muscoli in evidenza. Siete d'accordo? È una scelta consapevole verso una nuova "direzione" che cerca di staccarsi da radici seventies?
BJ – Come dicevo prima era nostra intenzione evidenziare maggiormente la componente metal, o meglio doom metal per questo nuovo lavoro, il lato robusto del nostro sound. Vedi, con il precedente album “Mountains of Madness”, secondo noi, abbiamo raggiunto l’apice della psichedelia per noi suonata in quella maniera. Abbiamo cercato quindi di mantenere si il punto in cui eravamo arrivati, ma di riportare allo stesso tempo un po’ di ciccia in più. Abbiamo lavorato da prima sullo schiarire il suono ed avevamo già preso in parte questa via quando abbiamo registrato e pubblicato il 12” di Dream Killers, anche se il pezzo manteneva un’alta dose di psichedelia. Volevamo, comunque, che il passaggio non fosse troppo netto e seguisse quelle che erano le nostre tempistiche evolutive. Ciò ha portato a staccarci in parte dalle radici seventies, anche se rimangono, come ci sono sempre state, sia per le dinamiche che utilizziamo sempre che per la libertà compositiva che utilizziamo, non a livello di sound.

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In aggiunta alle caratteristiche sonore di cui stiamo discutendo, penso che nella riuscita di ottimi brani sia evidente il merito di una voce poliedrica ed efficace come quella di Cynar che, nel nuovo album, si allontana parzialmente dalle coordinate dei dischi precedenti. Siete d'accordo? Quali sono i tuoi modelli? Alcuni sono evidenti, altri forse meno, cosa ti piace cantare all'infuori dei Doomraiser? Dicci un po'!
Cynar - Io in realtà non ho dei veri e propri modelli, il tutto nasce da un vasto magazzino emotivo, non c'è un cantante/artista/band a cui mi accosto e mi ispiro in particolare, sta tutto nel mio bagaglio musicale. Quello che ho ascoltato negli anni e che ascolto ora nel presente sono comunque linfa vitale per l'ispirazione musicale, senza dei riferimenti saremmo totalmente persi credo.
Ci sono molte influenze nel vostro sound ma sono perfettamente amalgamate ed è impossibile estrapolarne solo un paio. C'e il doom ovviamente, lo stoner, la psichedelia, il dark, qualcosa di death-doom... Sembra quasi che mettiate in musica una parte profonda del vostro essere, siete d'accordo? Cosa o chi vi ispira?
Cynar - Non abbiamo dei veri e propri modelli a cui ci ispiriamo, tutte le nostre composizioni sono il frutto di una grandissima personalità che è Doomraiser stessa, ascoltiamo comunque tanta musica, quindi o in un modo o nell'altro le influenze esterne entrano nella nostra orbita e riflettono sulla sfera compositiva. Sono d'accordo sul fatto che mettiamo in musica una parte profonda del nostro essere, la nostra musica ci permette di estrapolare il nostro vissuto esorcizzandolo nello stesso tempo, è la parte nera dell'animo che emerge sotto forma di musica e concetto.

BJ – Si è vero non ci limitiamo nel comporre, non ci piace essere statici pur muovendoci all’interno a dei confini che secondo noi appartengo ad un stile musicale. L’unica cosa che purtroppo io personalmente non riesco a capire è il continuo paragonarci od inserirci, o parlare all’interno di nostre composizioni di stoner. Non l’ho mai capita sin dall’inizio. Se per stoner s’intende quando ci muoviamo sul filo del rasoio di certo hard rock, o per lo spirito più rock’n’roll, o perché in alcuni frangenti riusciamo ad essere psichedelici, o abbiamo avuto più o meno a tratti un approccio seventies, non lo so proprio. Noi siamo un gruppo doom metal, e sottolineo metal, perché quelle sono le nostre radici e ciò che ci sentiamo di essere. Noi suoniamo la parte del metal più intimista e profonda ed è per questa dose di sensibilità che forse riusciamo a fondere tanto nella nostra proposta e forse anche perché il doom è un genere che ha le sue radici nei primi anni settanta e di fasi ne ha attraversate tante e che quindi, nonostante la staticità di molti gruppi che suonano doom, ha sicuramente molto da raccontare, non solo la ripetizione di un riff suonato lentamente all’infinito.


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Cosa potete dirci dei testi? Di sicuro non parlano di party selvaggi, di draghi o di lotte tra gang, sembrano invece molto riflessivi e introversi. Di cosa vi piace parlare? Vi viene facile la stesura?
BJ – Infatti, i nostri testi sono sempre stati molto riflessivi e profondi, oserei dire in alcuni casi anche intimi. Della scrittura se ne occupa interamente Cynar che condivide, comunque, sempre con tutti noi quelle che sono le argomentazioni che va ad affrontare, a volte anche per trovare parlandone il modo di andare avanti nella stesura, per fa si che tutto si sposi al meglio con la parte musicale di cui i testi e le liriche in generale, ne sono parte integrante. In tutto il disco, pur non essendo un concept album, c’è un filo conduttore che ruota intorno al tema del passaggio inverso. Riprendo il discorso della profondità dei nostri testi dicendo che il legame che c’è tra loro in questo disco è a livello emotivo. Si procede ad una sorta di esorcismo dei mali della coscienza più profonda. Si toccano temi come l'assuefazione, la depressione, il concetto della morte per maturare una ricerca interiore che ci accresca e questo interpretando simboli che si pongono davanti quotidianamente e che spesso non approfondiamo o addirittura non carpiamo perdendoli. Una sorta di esame per arrivare alla sapienza attraverso altre strade, strade inusuali che varcano la soglia dell'oblio. Un’analisi della parte oscura dell'animo umano, del subconscio più buio, per arrivare a svelare i segreti più antichi attraverso le strade fitte dello spirito.
Molto bello anche l'arwork di Roberto Toderico che richiama un po' l'Andreas Mashall in voga una ventina di anni fa. Gli avete dato delle dritte per la realizzazione della copertina? È legata a una canzone in particolare?
BJ – Rob ha fatto un grandissimo lavoro, riuscendo anche a mantenere bene il legame visivo concettuale che abbiamo adottato dal secondo album in poi. E’ riuscito a pieno a seguire e interpretare le nostre indicazioni. Siamo abbastanza dei rompiscatole e tutto ciò che deve trasmettere emozioni da ciò che facciamo, sia questo il lato e/o visivo, lo seguiamo allo stremo. Deve rispecchiarci e convincerci a pieno. Come ogni copertina segue la precedente e prende elementi da ogni brano.

Cynar - È stato un immenso piacere lavorare con una persona come Roberto Toderico poiché oltre ad essere un grande amico è un grande artista ed è riuscito alla perfezione a creare una copertina molto bella ma soprattutto molto fedele a come noi l'avevamo concepita. L'entità Doomraiser dà alle fiamme tutti i percorsi passati, all'interno della nera grotta dell'io che rappresenta il proprio subconscio, quello più atavico e arcano, la parte nascosta che bisogna risolvere e svelare in questa dimensione. Attua un atto di purificazione esorcizzando i mali e i disagi interiori.

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Siete indicati da molti come il gruppo doom per eccellenza, tra i pilastri della scena italiana. Sentite la "responsabilità" di tenere alta la bandiera (niente doppi sensi eh!)?
BJ – AHAHAH!!! Fa piacere questa cosa, anche se non ci diamo troppo peso, stiamo lontani dal respirarne la “responsabilità”. Cerchiamo di far bene e convincere noi stessi in primis e stop. Poi per il resto ci piace stare in mezzo alla gente e ciò ci fa stare sempre al pari di tutti.
Battete molto l'aspetto live, con concerti frequenti (anche all'estero) dal sicuro coinvolgimento. Pensate sia questa la vostra dimensione più congeniale? La vostra proposta viene accolta diversamente all'estero rispetto alla nostra Italietta? Notate differenze?
La dimensione live per noi è importantissima, se mentre lo studio rivela l'intimo della nostra musica, ci permette di incidere quella che è la vera natura concettuale e spirituale dei Doomraiser, quindi in questo senso il lavoro in studio è svelare l'intimo attraverso i solchi del disco; il live invece rappresenta un rituale quasi sciamanico in cui le nostre energie sono trasmesse agli altri tramite la musica. Per noi queste dimensioni sono importanti entrambe: una trasmette il sacro, l'altra il profano, sono le due facce della stessa medaglia.

BJ – Aggiungo quella che è la terza dimensione e che è per la band altrettanto importante e sicuramente quella più intima e che è solamente nostra, la fase compositiva. Io dico sempre che le dimensioni musicali per una band sono tre: quella compositiva, quella in studio e quella live. Tutte sono belle e hanno il loro modo di dare e far condividere energia. Quella che però per noi è la più congeniale e cerchiamo quindi poi di portare sul supporto registrato e di cui teniamo molto conto mentre componiamo è quella live. Confermo questa cosa. Il motivo è perché è quella più diretta, quella in cui lo scambio di energie è immediato, la dimensione in cui non siamo solo noi a dare, ma riceviamo anche noi in diretta. Il live ha un’intensità e porta emozioni ad un livello alto ed è per questo che per noi il concerto diventa una vera e propria cerimonia, dal pre al durante al post. Per quanto riguarda portare in giro la nostra proposta ovunque ha modi diversi di accoglienza, dove è migliore? Non si può fare un discorso di nazione specifico, perché varia ovunque come è differente anche spostandosi in Italia. Quello che penso è che bisogna cominciare a togliersi dalla testa e come attitudine, chiunque, di parlare sempre e solo di Italietta, di vedere tutto e vedersi sempre di serie B, sempre con quella marcia in meno perché siamo i primi a sentircisi. Le cose poi siamo noi i primi a farle vedere e a vederle diversamente ovunque.

Ecco il video girato per Addiction





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Intervista a cura di Francesco Frank Gozzi

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