Second Brain: la synthesis perfetta del free-form metal (Agravain & Lala Gabarth)

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Autori di un metal particolarmente libero da schemi mentali e catalogazioni ma pur sempre fondato su dinamiche thrash e privo di qualsivoglia pretenziosità, i capitolini Second Brain approdano con "Synthesis" al loro primo lavoro sulla lunga distanza, che ci ha impressionato per coraggio e maturità.
Ne parliamo con i due componenti della band, Agravain e Lala Gabarth.
Buona lettura!

Salve ragazzi e benvenuti sulle nostre pagine. Iniziamo la nostra chiacchierata sul perchè questa lunga attesa tra il vostro ep di esordio "Into the Circle" del 2010 e questo debut sulla lunga distanza.
Agravain: Grazie a voi per averci ospitato. Consideriamo “Into the Circle” come poco più di un demo. Questo spiega forse perché ci siano voluti quattro anni per fare uscire il nostro primo disco vero e proprio. In questo periodo io e Lala Gabarth abbiamo affrontato diverse situazioni non legate alla musica che ci hanno costretto a rallentare l’attività del progetto. Per tutto il 2011 praticamente non siamo esistiti e solo dall’anno successivo abbiamo ripreso ad arrangiare i pezzi che sono finiti sul disco. Volevamo crescere rispetto a quel demo, quindi abbiamo lavorato molto sulle dinamiche dei pezzi. Alla fine, tra una cosa e l’altra, siamo riusciti a completare il disco soltanto alla fine dello scorso anno.
Coraggiosamente, nella vostra biografia, come genere di riferimento inserite la definizione di "free-form metal", decisamente una scelta controcorrente con l'attitudine ormai quasi obbligatoria di etichettare e catalogare ogni genere e sottogenere musicale, specie nel metal. A cosa è dovuta questa vostra decisione?
A: La definizione “free-form metal” è effettivamente poco usata, ma è anche l’unica che ci è sembrata adatta al nostro sound. Non perché rifiutiamo a priori le etichette più convenzionali o pensiamo che sia
necessario usare un termine così insolito per definire la nostra musica. Semplicemente, ci siamo resi conto che nessuna delle altre definizioni ci rappresentava appieno. Con “free-form” vogliamo solo dire: noi facciamo metal a modo nostro, in maniera libera e a suo modo estrema. Siamo un progetto con radici profonde nel metal ma amiamo concederci una sana sperimentazione.
Iniziamo a parlare approfonditamente di "Syntesis", sebbene accettiamo volentieri la definizione di free-form metal, ai nostri lettori presenteremmo la vostra musica basata tendenzialmente su un thrash metal di matrice più sperimentale possibile, che quindi riecheggia su nomi storici come Voivod e Coroner, su cui poi si dipana la vostra voglia di sperimentare ma senza risultare fuori contesto o pretenziosi, mantenendo sempre un preciso equilibrio tra impatto, melodia e desiderio di osare. Può andare o avete una vostra visione più personale?
A: Credo tu abbia inquadrato perfettamente il nostro stile. Personalmente mi hanno molto influenzato i lavori del thrash e del death svedese più creativi, tanto che considero “… And Justice for All” dei Metallica e “The Gallery” dei Dark Tranquillity due autentici monumenti alla sperimentazione “intelligente” in campo metal. Potrei dirti lo stesso dei Death, dei Tool o dei Samael dell’epoca di “Passage”, ma anche degli Alchemist e dei francesi S.U.P., questi ultimi due purtroppo molto sottovalutati dal grande pubblico.
Ecco, se a queste influenze aggiungi il background classico di Lala e una miriade di altre sonorità, dall’elettronica all’alternative, ottieni un quadro generale di cosa può potenzialmente confluire nella nostra musica.
Ho detto “potenzialmente” perché con così tante influenze c’è sempre il rischio di uscire fuori tema. Per questo crediamo nella sperimentazione solo se usata nella giusta dose, cercando di trovare un’alchimia tra le varie componenti. Ci interessa molto fare in modo che la musica rimanga sempre scorrevole pur essendo creativa.
Quello che colpisce maggiormente, in positivo, è l'armonia dei vari brani che si mantiene inalterata nonostante gli elementi di sperimentazione, se vogliamo a partire già dalla stessa voce, ma anche musicalmente a cause delle scelte degli strumenti e delle soluzioni stilistiche; insomma, i brani non si perdono in assurde divagazioni fuori luogo ma mantengono una ben precisa identità ed uno spirito estremo!
Lala Gabarth: Credo che il nostro lavoro si basi soprattutto sull’essenza della musica, senza preoccuparsi troppo della forma. Suoniamo metal, ma quello che è davvero importante, al di là del genere, è il significato che trasmette ogni canzone. È questo che ricerchiamo. Canzoni come “Hierarchies” e “Final Eclipse” sono molto diverse tra loro, ma tutte e due sono nate in modo naturale e rappresentano la nostra identità. Siamo molto più spontanei di quanto possa sembrare.

A: Forse l’unico aspetto “ragionato” del nostro modo di scrivere riguarda l’arrangiamento dei pezzi. Quando creiamo un pezzo prendiamo in considerazione ogni riff e ogni idea che nasce spontaneamente, anche quelli che sulla carta sembrano meno metal. Al momento dell’arrangiamento cerchiamo però di mantenere il più possibile la coerenza all’interno di ogni brano. In passato abbiamo provato a scrivere pezzi più articolati e lunghi, ma ci troviamo meglio nella veste attuale, con canzoni che non superano i 5 minuti e mezzo.
I Second Brain sono tuttora un duo o con la presenza live del drummer Gygon possono essere considerati a tutti gli effetti un trio? E da cosa proviene la scelta di comporsi in questa modalità, lontano dagli stilemi "four/five pieced band" più consoni per una band dalle vostre caratteristiche?
A: Al momento siamo io e Lala gli unici membri fissi. Il fatto di essere un duo non è stata una scelta, ma una diretta conseguenza di come sono nati i Second Brain, che inizialmente erano un mio progetto solista. Ora quel progetto sta pian piano crescendo e le esigenze stanno cambiando. Gygon ci aiuterà dal vivo quando sarà necessario, ma in quel tipo di situazione dovremo avvalerci anche di un chitarrista solista.
A proposito di live, quali sono state le vostre esperienze finora e come vi trovate a riprodurre dal vivo le vostre opere che almeno su cd presentano maggiore complessità, come presenza di doppie chitarre
ritmiche/soliste e tastiere? E' difficile trovare spazio nei locali con una proposta che si differenzia dal "solito" gruppo classic, metalcore o death/black?
A: Come ti dicevo avremo bisogno di aggiungere nuovi componenti per suonare questi pezzi dal vivo. La ricerca è già partita, stiamo valutando le proposte e nel futuro prossimo ci saranno sicuramente novità. La parte elettronica dei pezzi non è un problema, abbiamo già fatto esperienze dal vivo con questo tipo di sonorità. In questo momento stiamo comunque lavorando prevalentemente alla promozione di “Synthesis”. Dalla seconda metà dell’anno penseremo anche ai contatti con etichette e promoter e quindi anche a suonare dal vivo.
Leggiamo che "Synthesis" è stato mixato e masterizzato negli USA, a cosa è dovuta questa scelta, in Italia od Europa il risultato finale sarebbe stato diverso? Ed invece la registrazione dove è stata effettuata?
A: Il risultato non sarebbe stato molto diverso in Italia o in Europa. Abbiamo anche contattato diversi studi più vicini a noi, quasi tutti però avevano una lista d’attesa enorme o non ci ispiravano molta fiducia.
Oppure, come è successo con un noto studio di Roma, si sono addirittura tirati indietro perché ritenevano i pezzi non abbastanza “true”! Purtroppo è così, in Italia può accadere anche questo. Ci siamo rivolti a Bob Davodian di Transcending Music Audio perché è un ottimo professionista e ha una mente aperta, avendo lavorato con gruppi underground di ogni genere. Credo che il risultato finale sia molto valido. Per quanto riguarda la registrazione, è stata curata interamente da noi presso Ecko Sound, una sala prove di Roma che abbiamo utilizzato come studio per l’occasione.
Il disco uscirà fisicamente in cd a fine aprile, ma lo avete già diffuso e distribuito digitalmente su piattaforme come bandcamp o youtube se non andiamo errati. E' stata una strategia definita fin dall'inizio o ci siete arrivati man mano che maturava il risultato finale? A livello fisico avete trovato qualche “coraggioso" pronto a supportarvi o avete dovuto provvedere da soli?
A: Vuoi sapere la verità? Non siamo stati noi a diffonderlo prima! È stato un complotto dei russi… Scherzi a parte: quando abbiamo finito la masterizzazione del disco lo abbiamo messo provvisoriamente in vendita su Bandcamp senza dirlo a nessuno, solo per testare le funzioni del sito. Eravamo tranquilli, pensavamo che nessuno se lo sarebbe andato a cercare. Il giorno dopo abbiamo visto che alcune persone lo avevano addirittura acquistato e abbiamo pensato “Caspita! Questa cosa funziona anche senza pubblicità!”. Non ci eravamo accorti però che quelli che lo avevano comprato erano degli utenti russi di Bandcamp, che a loro volta lo hanno messo in download gratuito su una serie di portali e torrent. Lo abbiamo scoperto tempo dopo, quando i pezzi sono comparsi su Youtube, Lastfm e altri siti dove la gente li scaricava gratis. Sapevamo che su Internet il download gratuito è normale, ma non pensavamo che le cose potessero essere così veloci. Comunque non è un problema, l’essenziale è far girare la musica e diffonderla il più possibile. Quanto al supporto fisico, il digipack è disponibile dal 28 aprile come anche il formato digitale, ufficialmente in vendita sui vari siti “legali”. Al momento la distribuzione dei CD fisici avviene tramite il nostro sito, su http://www.secondbrain.info
Un album così architettato e maturo non potrebbe presentare dei testi buttati via in maniera frettolosa; su cosa vertono le lyrics di "Synthesis"?
A: I testi vertono su molti aspetti della vita quotidiana, della politica e della società, spesso in una visione volutamente disincantata o metaforica. Ma la loro funzione principale è quella di adattarsi alla musica, che nasce sempre prima. A volte è la musica stessa a dettare le parole, che poi, nel loro insieme, assumono un significato tutto loro, come nel caso di “Before the End”.
Quali gruppi, nella vostra fase adolescenziale ed attuale, sono stati più importanti per la vostra crescita come musicisti?
A: In campo metal, a prescindere dal sottogenere, direi senz’altro i Metallica (fino al Black Album), i Testament e i Tool. In altri campi ho sempre apprezzato gli Ulver e i Depeche Mode, per me non sbagliano un disco. Poi, se parliamo di crescita, ogni volta che ascolto musica classica o persino alcuni artisti folk mi trovo spiazzato, ci sono così tante idee e spunti invidiabili che mi fanno venire voglia di imitarli e quindi, presumo, di crescere musicalmente.

LG: Io posso dire di avere avuto a che fare in un modo o nell’altro con quasi tutti i generi musicali. Ho una formazione di tipo classico avendo studiato violoncello in Argentina e lavorando ancora oggi come corista
lirica. Ma sono stata molto influenzata dal folk argentino, dal jazz e dalla musica sperimentale e l’elettronica. Nel metal mi piacciono i Paradise Lost, i Samael e gli italiani Sound Storm, gruppi che combinano in qualche modo varie influenze creando un sound molto particolare. Credo di avere portato queste mie influenze nei Second Brain soprattutto a livello di arrangiamenti.
Adesso che l'uscita del disco è alle porte quali sono i prossimi passi che vi aspettano e cos'è invece che voi vi aspettate a fronte di esso?
A: Continueremo con la promozione del disco almeno per altri due mesi. Contemporaneamente cercheremo di definire meglio la line-up per non farci trovare impreparati se si profilasse la possibilità di suonare in giro. Le reazioni a “Synthesis” sono state finora superiori alle nostre aspettative, considerando che non abbiamo molto tempo né moltissimi fondi per promuoverlo. L’obiettivo è di continuare a crescere e siamo sicuri che strada facendo capiremo meglio le nostre potenzialità.
Come sempre, le ultime parole sono per voi, aggiungete pure tutto ciò che volete e grazie per averci concesso la vostra attenzione!
LG: Siamo noi a ringraziarvi!
Esatto. Potete seguire le nostre mosse future dal nostro sito internet o su twitter, Facebook e altri siti. Grazie ancora per il supporto!
Intervista a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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