(21 giugno 2019) Hellfest, Day 1

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Era il 2014 quando sono venuto per la seconda ed ultima volta qui a Clisson per assistere all’Hellfest. Come sempre l’esperienza è stata extrasensoriale, ma siccome l’età avanza, mi ero ripromesso che sarebbe stata l’ultima volta. Poi, in realtà, ti rendi conto che i concerti metal sono come l’eroina, una volta che ti entrano in corpo non ti escono più, ti sale la rota e non c’è metadone che tenga! E così eccomi di nuovo qui, per la terza volta, ad assistere a quello che da qualche anno ha scalzato perfino il Wacken nel cuore di molti metalheads. E il perché è sotto gli occhi di tutti: qui nell’Hell City gli organizzatori migliorano tutto ogni anno che passa. Il bill è sempre più stratosferico, fa incetta di tutto il meglio passi in tour in Europa alla fine di Giugno, i palchi sono diventati sei (Main Stage 1, Main Stage 2, Valley, Altar, Temple, Warzone), stand a non finire, cibo di ogni tipo ed etnia, birre a-go-go. E quando parlo di Hell City non lo faccio a caso, in quanto di vera e propria città trattasi, con tanto di riproduzioni di palazzi, strade, aiuole, vialetti, giardini (quindi grandissime zone di ombra) e via dicendo… Approfittando del gustoso antipasto del Knotfest, ho approfittato anche per girare con calma la città, e devo davvero complimentarmi con gli organizzatori. Se al Wacken prevale l’aspetto goliardico, qui, per quanto possibile, è tutto molto più professionale, e si fa di tutto per far stare a proprio agio i presenti, e quando devi viverci per quattro giorni di fila non è cosa da poco… Si parlava del bill. Inutile che stia qui ad elencarvi il numero incredibile di band chiamate a suonare in questa che è la quattordicesima edizione, basta dare un’occhiata alla locandina per rendersene conto.

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Se proprio devo trovare un paio di falle nell’organizzazione, avrei qualcosa da ridire per quanto concerne l’area VIP, e la scelta di molte delle band presenti sui Main Stage. Per quanto riguarda la prima, uno si aspetta che si tratti di una zona riservata agli addetti ai lavori, nella quale è possibile avere qualche agio in più per ricaricare le forze e poter continuare a lavorare al meglio. Invece chiunque, pagando di più rispetto al costo del biglietto, può accedervi, quindi non solo risulta particolarmente affollata, ma è piena (per lo più) di fighetti che passano le loro giornate lì, seduti su un divanetto, a guardare le band dal maxi schermo presente. Ora, sarò io vecchio, ma ditemi voi che senso ha tutto ciò… state a casa a guardare un DVD, è la stessa identica cosa!

Questione band: sui due palchi principali sono state piazzate, a parte i nomi grandissimi, quasi tutte band francesi. Ora, capisco il patriottismo, ma sant’iddio! Possibile mettere gruppi semi sconosciuti, o al massimo conosciuti (magari anche molto) in patria, sui palchi principali e relegare band storiche (un nome su tutti? King Diamond!) sui palchi minori? Per non parlare poi della proposta di questi gruppi, per lo più schifezze moderne, che però, a quanto pare, piacciono moltissimo ai francesi, calcolando che pur essendo un festival internazionale un buon 80% del pubblico continua ad essere locale. Qualche nome? No One Is Innocent, Dagoba, Ultra Vomit, Mass Hysteria, fino ad arrivare alle superstar nazionali, i Gojira, messi in chiusura della prima giornata. Un criterio di scelta un po’ più oculato e dettato dal reale valore delle band invece che dalla provenienza, sarebbe stato più opportuno, ma quest’è…

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PS: quest’anno ho deciso, sempre perché l’età avanza, di sbattermi leggermente meno delle precedenti edizioni (anche se alla fine ho comunque fatto la trottola), dedicandomi solo a quelle band che davvero mi interessavano o che erano imprescindibili e non potevano mancare in un live report, per cui non prendetevela a male se mancherà proprio la vostra band preferita, anche perché qualche sovrapposizione è inevitabile quando ci sono sei palchi a disposizione, per cui spesso le scelte diventano ardue.

PPS: questione foto: le file per entrare nel pit sono davvero interminabili, e mai come quest’anno il numero dei fotografi era davvero alto. Per questo motivo mancherà qualche gruppo, sia perché alcuni hanno posto delle restrizioni (vedi Kiss, Tool, Slash, Stone Temple Pilots), sia perché per altri ero in fila, ma il tour manager a una certa ha deciso di non far entrare più nessuno (ad esempio Whitesnake, Dropkick Murphys, Slayer, Def Leppard, Phil Anselmo). Per cui, non me ne vogliate…

PPS: Manowar! Ne vogliamo parlare? No, non ne voglio parlare, altrimenti partirebbero soltanto insulti. Ognuno di voi si sarà fatto una sua opinione, quindi meglio chiuderla qui...

Finite le polemiche e i chiarimenti, direi che sia il caso di iniziare a vedere cosa è successo durante questi tre giorni, andando in ordine, partendo dalla mattina del venerdì.

THE RUMJACKS
La prima giornata del festival, per me, inizia con calma a metà mattinata, con una bella arietta non troppo calda né troppo fredda, e precisamente al Warzone, con lo show dei THE RUMJACKS. Viste le origini celtiche della città di Nantes, i nostri vengono accolti con un incredibile calore dalla già notevole folla presente sotto il palco. C’è da dire che effettivamente la loro proposta è straordinariamente trascinante, e nonostante si tratti soltanto di mezz’ora i nostri se la giocano alla grande scatenando una bolgia assurda sotto palco, con pochi brani ma incisivi, e quando parte "An Irish pub song" il delirio è totale! Decisamente un ottimo modo di aprire le danze, per quanto mi riguarda, con tanto di colazione dei campioni a base di sidro di mele e salsiccia!
SCATENATI

Tracklist:
MY TIME AGAIN
UNCLE TOMMY
AN IRISH PUB SONG
I’LL TELL ME MA

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RADIO MOSCOW
Cambio di palco, ma soprattutto cambio di sonorità, visto che al Valley stanno per salire sul palco i RADIO MOSCOW. Era per me la prima volta che li vedevo dal vivo, e devo dire che le aspettative sono state mantenute completamente. Quaranta i minuti a disposizione del trio americano, e i nostri li sfruttano tutti al meglio dando vita ad uno show adrenalinico e corposo. Il loro hard rock psichedelico dal vivo risulta essere molto coinvolgente, e Parker Griggs oltre ad essere un ottimo cantante, dà il meglio di sé con la chitarra, sia in fase di riffing che, soprattutto, durante gli assoli, lunghi, sanguigni, sofferti… Il tendone del Valley era quasi sold out, e i presenti hanno ricambiato l’ottima performance con estremo calore e gradimento.
VERACI

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SONATA ARCTICA
È giunto il momento di andare a vedere cosa succede sui palchi principali, e quella attuale risulterà certamente come la scelta peggiore che ho fatto durante tutti e quattro i giorni di festival! Sembrerà strano, ma nella seconda metà degli anni ’90 ero un grande appassionato di power metal, e tra i dischi che più mi colpirono all’epoca c’è senz’altro “Ecliptica” dei SONATA ARCTICA. Ora, so benissimo che negli ultimi anni la band di Tony Kakko ha cambiato registro, oltre che formazione, ma da qui a ritrovarmeli sul palco a suonare uno scialbissimo ed innocuo pop, che nulla ha a che spartire con i fasti dell’epoca, beh, ce ne passa. Il loro show scorre via senza lasciare assolutamente il minimo brivido sulla pelle, Kakko ormai sembra più uno dei Take That che un cantante metal, e il resto della band non ha assolutamente personalità, e si limita ad eseguire il compitino senza la minima verve, e la povera "Full moon" buttata lì quasi per caso non può certo bastare per risollevare le sorti di uno show disastroso. Una delusione incredibile, tant’è che, vista anche l’ora di pranzo, ho preferito dedicarmi a qualcosa di decisamente più entusiasmante: mangiare!
PENOSI

Tracklist:
CLOSER TO AN ANIMAL
BLACK SHEEP
THE DAY
NO DREAM CAN HEAL A BROKEN HEART
FULL MOON
LIFE

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DEMONS & WIZARDS
Neanche a farlo apposta, come è accaduto ieri per gli Slipknot, anche oggi mi capita di assistere allo show di una band che avevo visto in azione per la prima ed ultima volta al Gods Of Metal del 2000, e come accadde per gli americani, ricordo come fosse ieri che si trattò di un’esibizione terrificante, una delle più brutte alle quali mi sia capitato di assistere in vita mia. Cosa mi aspetterà quest’oggi? Fortunatamente, come nel caso della band di Corey Taylor, anche i DEMONS & WIZARDS li ho trovati notevolmente migliorati, anche se non è che ci volesse molto a fare meglio di quella volta… Il sound finalmente è corposo, le parti sono più amalgamate e la voce di Hansi è finalmente maturata, anche se come frontman continua ad essere decisamente goffo. Il problema principale restano i brani, che non sono mai stati all’altezza dei nomi coinvolti (ah, per la cronaca, oltre alla coppia storica Schaffer/Kürsch troviamo un certo Marcus Siepen al basso), tant’è che i momenti migliori si hanno con le cover dei due rispettivi gruppi di origine, "Burning times", e "Welcome to dying", quindi nonostante abbia notato una crescita notevole come band, alla lunga lo show stanca un po’, motivo per cui decido di spostarmi sotto il tendone del Temple.
SCIALBI

Tracklist:
INTRO: CHANT
RITES OF PASSAGE
HEAVEN DENIES
POOR MAN'S CRUSADE
CRIMSON KING
BURNING TIMES (ICED EARTH COVER)
WELCOME TO DYING (BLIND GUARDIAN COVER)
THE GUNSLINGER
TERROR TRAIN
BLOOD ON MY HANDS
FIDDLER ON THE GREEN

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DIAMOND HEAD
E chi ci trovo qui sotto a sudare come dannati? Niente poco di meno che gli storici DIAMOND HEAD, dei quali riesco a gustarmi almeno l’ultima parte di show, quella più adrenalinica, peraltro. Anche se della formazione originale c’è rimasto il solo Brian Tatler, i suoi compagni riescono a riproporre alla grande le sonorità che hanno reso famosa la band, e ascoltare dal vivo brani storici come "Helpless" o la celeberrima "Am I evil?", posta in chiusura di show (con tanto di tom che vola via dal drum kit, tanta è la foga di Karl Wilcox nel picchiare sulle pelli) fa sempre un certo effetto. Qualcuno ha detto che si tratta di una semplice cover band, ma se il risultato è quello ascoltato quest’oggi, beh, ben venga…
ELETTRICI

Tracklist:
BORROWED TIME
BONES
DEATH BY DESIGN
BELLY OF THE BEAST
THE MESSENGER
HELPLESS
IT'S ELECTRIC
AM I EVIL?

PESTILENCE
Dopo tutta questa melodia e questo classicismo è ora di cambiare un po’ sonorità, quindi mi dirigo all’Altar per dare un’occhiata ai Pestilence. La band di Mameli è sempre una macchina da guerra quando sale sul palco, precisa e chirurgica quanto basta, senza mai perdere però di vista l’obiettivo, cioè la potenza che necessariamente deve sprigionare uno show death metal. Quest’oggi, però, diversi problemi tecnici si sono abbattuti sugli olandesi, tant’è che le chitarre andavano e venivano, oppure all’improvviso sparavano ad un volume allucinante. Incuranti di tutto ciò i nostri hanno continuato a maciullare tutto con riff su riff, bilanciando abbastanza bene la scaletta tra nuovi e vecchi brani (micidiali "Twisted truth" e "Out of body"!). Dal canto suo Mameli oltre ad essere impeccabile dal punto di vista esecutivo con la sua sei corde, ha dato prova di reggere perfettamente lo show anche per quanto riguarda le vocals, e tra un grugnito e l’altro non lesina occhiatacce ai suoi pard se secondo lui qualcosa è andata storta, tant’è che mi chiedo come facciano a riuscire a rimanere al suo fianco, deve essere veramente complicato lavorare con lui e le sue manie di perfezionismo, che però alla lunga lo premiano e garantiscono uno show impeccabile, nonostante i problemi tecnici di cui sopra…
LETALI

Tracklist:
INTRO: UNHOLY TRANSCRIPT
NON PHYSICAL EXISTENT
SUSPENDED ANIMATION
DEHYDRATED
THE SECRECIES OF HORROR
TWISTED TRUTH
THE PROCESS OF SUFFOCATION
CHRONIC INFECTION
THE TRAUMA
REDUCED TO ASHES
OUT OF THE BODY
LAND OF TEARS

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DREAM THEATER
Questa edizione dell’Hellfest, nonostante le migliaia di concerti visti in vita mia, mi regala ugualmente qualche “prima volta”, vuoi perché fin’ora non ero mai riuscito a beccare la band in questione, o vuoi, come nel caso dei DREAM THEATER, perché li ho sempre evitati come la peste. Ma se te li trovi in un festival, che fai, un’ascoltata almeno non gliela dai? Quando mai l’avessi fatto… L’idea che ho sempre avuto della band di Petrucci non solo è stata confermata in pieno, ma addirittura avvalorata. Non ho mai ritenuto gli americani una band da gustarsi live, troppo impegnati a masturbare i propri strumenti senza trasmettere la minima emozione, ma quest’oggi penso si siano superati. Non ho idea se si sia trattato di un episodio isolato (anche se parlando con un po’ di persone sembra proprio che al momento sia il loro standard usuale), ma vi giuro che al terzo pezzo stavo letteralmente sbadigliando. Tecnicamente ineccepibili, inutile dirlo, ma di una freddezza e di una noia mortali! Gli ho dato una possibilità, l’hanno sprecata alla grande. A mai più rivederci…
SOPORIFERI

Tracklist:
UNTETHERED ANGEL
AS I AM
FALL INTO THE LIGHT
BARSTOOL WARRIOR
PERUVIAN SKIES
THE DANCE OF ETERNITY
LIE
PALE BLUE DOT

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DROPKICK MURPHYS
Dopo l’inizio giornata all’insegna della musica celtica rivisitata, è la volta di un’altra band dedita a queste sonorità. Lo spessore artistico è senz’altro maggiore rispetto ai compagni The Rumjacks, infatti non è un caso che i DROPKICK MURPHYS siano stati alloggiati su uno dei due Main Stage, e non è casuale neanche il fatto che sotto il palco ci sia letteralmente una marea di gente, pronta a scatenarsi e a cantare i vari inni che i nostri proporranno durante il loro show. E di classici ce ne saranno diversi, sia della band, sia della tradizione irlandese, quindi ecco le varie "Johnny, I hardly knew ya", "The Irish rover", "Rose tattoo", "The boys are back" e via dicendo, tutte sparate una di fila all’altra, con una foga e un entusiasmo incredibili, e vi assicuro che pur essendo lontani dal metal e quindi dalla proposta principale del festival, è stato impossibile rimanere impassibili e non lasciarsi trascinare dall’energia positiva sprigionata dal sestetto di Quincy, Massachusetts. E il bello dell’Hellfest è anche questo, non fossilizzarsi su un unico genere ma proporre un po’ di tutto, e la risposta del pubblico dà senz’altro ragione alla scelta degli organizzatori.
TRAVOLGENTI

Tracklist:
INTRO: FOGGY DEW
CADENCE TO ARMS
THE BOYS ARE BACK
GOING OUT IN STYLE
BLOOD
PRISONER'S SONG
JOHNNY, I HARDLY KNEW YA
CAUGHT IN A JAR
THE WALKING DEAD
DON'T TEAR US APART
FIRST CLASS LOSER
OUT OF OUR HEADS
I FOUGHT THE LAW (THE CRICKETS COVER)
CRUEL
THE IRISH ROVER (TRADITIONAL COVER)
THE STATE OF MASSACHUSETTS
YOU'LL NEVER WALK ALONE (RODGERS & HAMMERSTEIN COVER)
ROSE TATTOO
UNTIL THE NEXT TIME
I'M SHIPPING UP TO BOSTON

VENOM INC.
Nonostante la simpatia travolgente dei Dropkick Murphys non potevo esimermi dal fare una scappata veloce sotto il tendone del Temple per beccare almeno qualche brano dei VENOM INC., e capito giusto quando i nostri sparano qualche vecchio classico come "Black metal", "Witching hour" o "Countess Bathory". Ho già avuto modo di parlare del valore della band in occasione del live report del concerto tenuto a Roma qualche anno fa, e devo dire che lo stato di forma del trio si mantiene costante, anche se la coppia Mantas/Demolition Man ha silurato Abaddon in favore del semi sconosciuto Kling, guadagnando sicuramente punti tecnicamente, ma perdendone altrettanti dal punto di vista dell’attitudine e della personalità. Ciononostante lo show scorre via che è una bellezza, ma mi tocca tornare al Main Stage per vedere la fine dello show dei Dropkick Murphys. Potevo mai perdermi, secondo voi, "I’m shipping up to Boston"? Naaaaa…
INOSSIDABILI

Tracklist:
AVE SATANAS
RIP RIDE (VENOM COVER)
FORGED IN HELL
WAR
LADY LUST (VENOM COVER)
WITCHING HOUR (VENOM COVER)
BLOODLUST (VENOM COVER)
BLACK METAL (VENOM COVER)
COUNTESS BATHORY (VENOM COVER)
LIVE LIKE AN ANGEL (DIE LIKE A DEVIL) (VENOM COVER)
DON'T BURN THE WITCH (VENOM COVER)
METAL WE BLEED

POSSESSED
La visione dei Venom Inc. era fondamentale anche perché faceva parte di un poker marcio di quelli che raramente riesci a mettere sul tavolo da gioco. La seconda carta di questa giocata porta il nome di POSSESSED, altri capostipiti della scena estrema che fu. Ho avuto modo di vedere in azione la band di Becerra il mese scorso a Roma, e siccome allora misero su un concerto devastante, non potevo certo perdermeli oggi qui a Clisson. E bene ho fatto a guardarli di nuovo, perché hanno confermato tutta la potenza e la violenza che sprigionarono quella sera al Traffic. La formazione ormai è rodata, e forte anche dell’ottimo ultimo album "Revelations of oblivion" riesce a mettere su uno show senza cali di tensione, perfettamente bilanciato tra nuovi brani e classici immortali come "Pentagram" o "The eyes of horror", entrati ormai di diritto nella storia del metal estremo mondiale. E quando poi ti sparano la tripletta finale "The exorcist"/"Fallen angel"/"Death metal", si scatena il delirio, consapevoli di aver assistito ad uno show che resterà nella memoria per sempre. Menzione a parte per Jeff. Vederlo sulla sedia a rotelle fa sempre un certo effetto, ma tutto passa quando ti accorgi della fierezza con cui affronta il palco e della disinvoltura con la quale ormai vive la sua condizione, a dimostrazione di che uomo con le palle sia. Sentirlo poi vomitarci addosso le sue canzoni con la sua iconica e inconfondibile voce è solo un valore aggiunto. Rispetto totale!
INFERNALI

Tracklist:
NO MORE ROOM IN HELL
PENTAGRAM
TRIBULATION
DEMON
EVIL WARRIORS
THE HERETIC
ABANDONED
STORM IN MY MIND
THE EYES OF HORROR
GRAVEN
THE EXORCIST
FALLEN ANGEL
DEATH METAL

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HELLHAMMER performed by TOM WARRIOR’S TRIUMPH OF DEATH
La terza carta viene calata dal buon Tom Warrior, che, con una formazione messa su appositamente e chiamata Triumph Of Death, ha deciso di riesumare e far rivivere il mito degli HELLHAMMER, incentrando la scaletta esclusivamente sul repertorio della pioneristica band fondata da lui e Martin E. Ain nel lontano 1982! Interrogato sul perché di questa operazione, il singer ha semplicemente risposto che lo ha fatto perché… voleva farlo! Poche elucubrazioni, aveva semplicemente voglia di suonare dal vivo questi brani, in quanto all’epoca non era mai riuscito a tenere dei concerti interi, ed essendo una sua creatura, potrà ben farne ciò che vuole, no? Scelta accettabilissima, anche se il risultato mi ha lasciato non del tutto convinto. La peculiarità di quei brani stava anche nel sound che avevano, sentirli riproposti in maniera impeccabile (anche troppo) per quanto riguarda l’esecuzione (quindi con il drummer che ha volutamente suonato “sporco” per non traviare il senso delle canzoni), ma con un sound troppo ripulito, ne ha certamente minato il fascino. Ma questo show bisognava prenderlo per quello che era, e cioè una sorta di gioco messo su da Warrior, che dal canto suo resta il solito immenso cerimoniere, con il suo timbro vocale inimitabile, e la sua capacità di creare atmosfere lugubri con due semplici riff in croce.
UNICI

Tracklist:
INTRO: CHANT OF THE PALADIN (DEAD CAN DANCE SONG)
THE THIRD OF THE STORMS (EVOKED DAMNATION)
MASSACRA
MANIAC
BLOOD INSANITY
DECAPITATOR
CRUCIFIXION
REAPER
BURIED AND FORGOTTEN
AGGRESSOR
REVELATIONS OF DOOM
MESSIAH
VISIONS OF MORTALITY (CELTIC FROST COVER)
TRIUMPH OF DEATH

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CARCASS
Si cala l’ultima carta, quella vincente, e porta le sembianze sornione dei CARCASS! Chi ha avuto modo di vedere almeno una volta la band inglese su un palco sa perfettamente cosa si trova davanti. Per chi non avesse avuto questa fortuna, posso provare a descrivere un loro show come un carrarmato che piomba senza freni su un negozio di cristallo. L’impatto sonoro è micidiale, così come la perizia tecnica ed esecutiva del quartetto. Jeff Walker è letale dietro il microfono, spalleggiato da Bill Steer, che macina riff infernali con una semplicità disarmante. E se Daniel Wilding può dirsi ormai parte integrante e importante della band, al povero Tom Draper resta solo il ruolo di comprimario, visto che tutte le attenzioni sono rivolte alla storica coppia che dal 1986 porta avanti il proprio concept fatto di grindcore, death metal e patologie mediche estreme! Anche in questo caso il materiale più nuovo si integra molto bene ai vecchi classici, ma è ovvio che le ovazioni più grandi arrivino con brani come "Reek of putrefaction", "Incarnated solvent abuse", "Genital grinder", così come altrettanto ovvio era aspettarsi un vero e proprio boato quando parte il micidiale riff di "Heartwork". Se questa doveva essere una sorta di prova del nove per testare lo stato di salute della band, beh, direi che è stata ampiamente superata.
CHIRURGICI

Tracklist:
INTRO: 1985
316L GRADE SURGICAL STEEL
BURIED DREAMS
EXHUME TO CONSUME
REEK OF PUTREFACTION
INCARNATED SOLVENT ABUSE
UNFIT FOR HUMAN CONSUMPTION
CADAVER POUCH CONVEYOR SYSTEM
CAPTIVE BOLT PISTOL
GENITAL GRINDER
THIS MORTAL COIL
DEATH CERTIFICATE
BLACK STAR / KEEP ON ROTTING IN THE FREE WORLD
CORPORAL JIGSORE QUANDARY
HEARTWORK
CARNEOUS CACOFFINY

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KING DIAMOND
Dopo questo tuffo nel passato più estremo del metal, e dopo aver volutamente lisciato i Sabaton a favore del poker di cui sopra, arriva per me il momento più atteso di tutto l’Hellfest, nonché il modo migliore di concludere questa prima giornata di concerti, visto che sul palco del Temple (scandaloso, come già detto in apertura, relegarlo qui…) sta per salire l’unico e proprio Re, KING DIAMOND! Quando parte l’intro l’adrenalina sale a mille, e quando le note di "The candle" fuoriescono dall’impianto si capisce fin da subito che questa notte assisteremo ad un concerto fuori dal comune. La band è al top, ma soprattutto lui, King, è in formissima. Si ok, in alto sulla suggestiva scenografia allestita sul palco c’è Livia Zita che gli dà manforte nelle parti più acute, ma chi ha orecchie buone per sentire, si accorgerà prestissimo che è solo un piccolo rinforzo, le due voci sono ben distinguibili e quella di King Diamond arriva perfettamente dove deve arrivare! Lo show è un concentrato di classici alternati a piccole chicche, da canzoni non suonate live da una vita, alla nuovissima "Masquerade of madness", che andrà a finire sul nuovo album di prossima pubblicazione, e qui presentata in esclusiva, e vi assicuro che si tratta di un ottimo brano. Forse soltantoAndy LaRocque l’ho trovato leggermente sotto tono, come se patisse il fatto di passare più tempo dietro il mixer che sulle assi di un palco, tant’è che ad occuparsi di buona parte degli assoli penserà Mike Wead, ormai nella band in pianta stabile dal 2000. Che dire? Tra siparietti teatrali, comparse, brani immortali, e acuti infernali, lo show vola via in un baleno, e quando si arriva all’encore quasi non ci si crede sia già passato quasi tutto il tempo a disposizione della band. Sarà affidato a "Black horsemen" il compito di chiudere lo show, e quale modo migliore di porre un sigillo ad un’esibizione impeccabile?
INARRIVABILE

Tracklist:
INTRO: ST. LUCIFER'S HOSPITAL
THE CANDLE
VOODOO (FIRST TIME SINCE 2013)
INTRO: FUNERAL
ARRIVAL
A MANSION IN DARKNESS
INTRO: LET IT BE DONE
MASQUERADE OF MADNESS (NEW SONG; FIRST TIME PLAYED LIVE)
HALLOWEEN
INTRO: OUT FROM THE ASYLUM
WELCOME HOME
THE INVISIBLE GUESTS (FIRST TIME SINCE 2006)
TEA
SLEEPLESS NIGHTS
BEHIND THESE WALLS (FIRST TIME PLAYED LIVE)

Encore:
THE LAKE (FIRST TIME SINCE 1986)
BURN (FIRST TIME SINCE 2012)
BLACK HORSEMEN
OUTRO: SOMETHING WEIRD

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Foto: Roberto Alfieri

Foto Facebook
Report a cura di Roberto Alfieri

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