(20 maggio 2011) Pestilence - Roma, Init Club

Info

Provincia:RM
Costo:non disponibile
Altro giro altra corsa, e quindi dopo l’incredibile show dei Voivod di un paio di settimane fa, eccomi di nuovo in partenza per Roma, questa volta per uno dei nomi storici del death metal mondiale, i Pestilence. Accompagnato da due amici, durante il viaggio si discute molto, e i dubbi relativi allo show degli olandesi non sono pochi, quindi la curiosità aumenta sempre più man mano che si avvicina l’orario del concerto. Convinto di essere arrivato anche questa volta in largo anticipo davanti all’Init, mi accorgo, invece, che poco dopo essere sceso dalla macchina lo show dei napoletani Nameless Crime stava già terminando, nonostante davanti al locale ci fossero solo 5-6 persone, e dentro non molte di più. E sono solo le 19.30, circa… Mah, misteri dei concerti…

A questo punto decido di entrare per poter assistere almeno all’esibizione dei 1ne Day, gruppo di cui ignoravo assolutamente l’esistenza. E una volta entrato mi sono accorto del perché… La proposta dei nostri, se non sbaglio triestini, è una sorta di nu metal di derivazione Korn, e pur se ben suonato non riesce a coinvolgere particolarmente i (pochi) presenti sotto il palco, tant’è che il cantante si dimostra anche abbastanza stizzito da questa cosa. E sinceramente non capisco affatto il suo comportamento. È vero che i gruppi che suonano vanno pur sempre rispettati, ma dico io, in un contesto del genere, spiccatamente estremo, come pretendi che sia la reazione del pubblico? Al massimo prenditela con l’organizzatore che ti inserisce in un bill altamente a rischio… Ad ogni modo, la loro ventina di minuti passa via senza lasciare il segno, se non per il fatto che si sono presentati on stage con degli strani ‘colori di guerra’ sui volti. Direi un po’ poco per impressionare una platea…

A questo punto le cose iniziano a diventare serie, perché salgono sul palco i Corpsefucking Art, volti noti della scena romana. Un po’ perché ovviamente giocavano in casa, un po’ perché stiamo pur sempre parlando di una band che sta in giro da quindici anni, fatto sta che la sala inizia a riempirsi e il livello musicale inizia ad alzarsi. Chi ha già assistito ad un loro show sa cosa aspettarsi: un assalto sonoro senza respiro a suon di brutal death serrato, contornato da quel pizzico di ironia che non guasta mai, e basta pensare a titoli come “Beverly Hills corpse”, “No woman no grind” o “High skull musical” per capire cosa intendo. Dal punto di vista tecnico/esecutivo, come sempre ineccepibili Andrea alla sei corde, che macina riff su riff, e lo scatenato Claudio, che a fine concerto esibirà con orgoglio una ferita sulla fronte procurata a suon di microforate. Non mi ha convinto del tutto invece l’operato del drummer, che a volte ho trovato leggermente fuori sincrono col resto della ciurma, ma sono dettagli che dal vivo lasciano il tempo che trovano. C’è da dire che dopo una mezz’oretta inizia a sopraggiungere una leggera noia, ma è più una considerazione personale legata al genere proposto dalla band capitolina, perché alla fine lo show risulterà in ogni caso vincente. Ma sicuramente il vincitore morale della serata resta il losco figuro che per tutta la durata dello show è rimasto seduto sul bordo del palco: trovata geniale!!

A questo punto, finito lo show dei romani, l’attesa per verificare lo stato di salute degli Antropofagus on stage è tanta tra i presenti, quindi dopo una necessaria boccata d’aria (come al solito all’interno del locale si soffoca) si torna tutti dentro. Per il resoconto dello show, però, passo la palla alla collega Selenia, con la quale formo ormai coppia fissa per quanto riguarda gli show romani (e non capite subito male, pervertiti!!). Noi ci risentiamo tra un po’ per i Pestilence… (Roberto Alfieri)

Dal grind dei Corpsefucking Art, passiamo al brutal death degli Antropofagus, una band italiana storica, nonché una delle prime, nella nostra Penisola, a proporre questo genere musicale.
Questa sera gli Antropofagus tornano sui palchi dopo ben dieci anni di assenza.
Vengono passati in rassegna pezzi tratti da No Waste of Flesh, full length del 2001, che noi appassionati e costanti fruitori delle sonorità più estreme dell’underground conosciamo a mena dito. Vengono eseguite “Recollections of Human Habits”, “Loving You in Decay” e soprattutto “Thick Putrefaction Stink”, sulla quale il pubblico letteralmente impazzisce.
La band esegue dal vivo anche i due pezzi tratti dal promo uscito qualche mese fa, “Eternity to Devour” e “Consumed by a Lacerating Desire”, e pezzi inediti, che saranno contenuti nel nuovo album che uscirà a Settembre. L'impressione iniziale è che gli Antropofagus, nonostante un'assenza così ostentata e duratura, non abbiano per fortuna perso la loro verve brutale, dimostrando, tuttavia, un netto cambiamento nell'approccio stilistico. Vengono, infatti, predilette soluzioni più tecnical death, virtuosistiche, e molto meno marce rispetto agli esordi.
L'impatto è devastante, purtroppo i suoni non sono eccelsi, un basso troppo alto ed una chitarra decisamente troppo bassa; ma per fortuna questo incide solo parzialmente sulla resa finale.

È il momento clou della serata. Sono state fatte molte scommesse in merito a come sarebbe stata la performance di una delle band cardine nella storia del death metal. Alcuni amici hanno per presa di posizione boicottato l'evento, perchè convinti dell'oramai inadeguatezza della band, incapace di regalare le emozioni degli esordi. Io decido di andare ugualmente, per testare di persona e con le mie orecchie quello che gli olandesi hanno da proporre a distanza di vent'anni da quello che considero uno dei capolavori assoluti del death metal, Consuming Impulse.
L'esibizione comincia con “The Predication”, pomposo intro del nuovo full lenght dei Pestilence, Doctrine, cui segue “Amgod”. La resa scenica devo dire che lascia un po' interdetti, soprattutto per quanto riguarda la forma fisica di un ingrassato Mameli.
Resto ad ascoltare molto attentamente quanto la setlist di questa sera ha da proporre, una setlist abbastanza scarna e che non mi soddisfa per nulla. Da Doctrine vengono eseguiti anche “Salvation” e “Absolution”, quest'ultima dedicata ad un altro main act della scena death, i Master.
Il pubblico sembra apprezzare ed è molto partecipativo; io, invece, passo progressivamente da un iniziale cinismo, ad un successivo sgomento, fino ad arrivare ad una profonda delusione.
Pezzi come “Suspended Animation” e “The Process of Suffocation” eseguite, a mio avviso, in versioni semplificate, o “The Secrecies of Horror”, con la voce di Patrick Mameli oramai sempre più somigliante a quella di John Tardy [cantante degli Obituary] quando ha il mal di gola, non possono che suonare come dei crudi colpi inferti al cuore. Per non parlare dei picchi di blasfemia sfiorati dal cantante di origini sarde nell'asserire che Doctrine è il miglior lavoro che abbiano mai prodotto.
Sì, mi sento decisamente una metallara ferita questa sera.
Non capisco l'estremo entusiasmo dei presenti in sala, probabilmente sono io troppo critica nell'analizzarli, ma da un gruppo di tale calibro come i Pestilence certe sbavature proprio non te le aspetti.
Persino il pezzo scelto come encore, “Resurrection Macabre”, tratto dall'album omonimo del 2009, suona abbastanza tedioso e stravolto. La voce di Mameli è completamente diversa da quella in versione studio, testimonianza di quanti miracoli i correttori di voce possano fare e di quanto sia sempre più fondamentale testare i gruppi anche in sede live, prima di essere sicuri di poter dare qualsiasi tipo di opinione.
Molte le cose che non ho apprezzato.
Oltre al già citato Mameli, una prova decisamente sotto tono da parte del chitarrista, Patrick Uterwijk, che sembra non azzeccare neanche uno degli assoli eseguiti. L'unico che pare salvarsi sembra il bassista, Paul Thesseling, a cui consiglio vivamente di dedicarsi agli Obscura, piuttosto che perdere altro tempo con un gruppo oramai morto come i Pestilence. Senza voto il batterista.
So che le mie parole sono molto brutali e spietate, ma dopo questa sera credo di essere abbastanza sicura nell'affermare che quella dei Pestilence sia una delle reunion più stupide della storia del metal. Si sarebbero dovuti fermare per rimanere di diritto nell'olimpo dei più grandi [e questo discorso lo si potrebbe fare per molte altre bands, come i Morbid Angel], invece cercano di scimmiottare i fasti passati senza neanche lontanamente avvicinarsene. (Selenia Marinelli)

Arieccoci… che dire? Selenia penso abbia descritto al meglio la situazione. È triste vedere come un gruppo con cui sei cresciuto quando eri ragazzino e che ha scritto pagine fondamentali della musica estrema come i Pestilence sia diventato la caricatura di sé stesso. Ed è ancora più triste se pensate al fatto che la colpa di tutto ciò sia da attribuire quasi esclusivamente a Patrick Mameli, ormai completamente perso in un mondo tutto suo fatto solo ed esclusivamente di tecnica e autoesaltazione (leggete un po’ di sue interviste e capirete questa mia affermazione). Qualcuno sa spiegarmi che senso ha avere chitarre a otto corde, un batterista e un bassista mostruosi, pezzi cervellotici, se poi dal vivo non si riesce a trasmettere un’oncia di emozione? Della magia dei bei tempi andati non è rimasto nulla, ormai se si parla dei Pestilence di parla solo di tecnica, e questa cosa è tristissima… Aggiungete una scaletta abbastanza scarna, e per lo più incentrata sugli ultimi lavori, tralasciando incredibilmente i capolavori del passato (Patrick, che c’è? Non sono all’altezza degli ultimi brani che hai composto? Blasfemo…) e la frittata è fatta. Alla luce di quanto detto fin’ora, sono rimasto basito nel sentire “Absolution” dedicata niente meno che ai mitici Master, un gruppo esattamente agli antipodi rispetto ai Pestilence, un gruppo che ha fatto dell’attitudine e della spontaneità la propria forza. Ma sicuramente non basito abbastanza rispetto a quanto lo sono rimasto nell’ascoltare gli assoli di Patrick Uterwijk. Possibile che li ha sbagliati tutti??? Non riesco a capacitarmene, vi giuro… Insomma, se dal punto di vista puramente esecutivo non c’è stato praticamente nulla da eccepire (a parte i già citati assoli), grazie soprattutto ad una sezione ritmica da paura, sono invece state troppe le ombre di uno show che mi ha lasciato decisamente l’amaro in bocca. E a quanto pare, raccogliendo un po’ di pareri in giro a fine concerto, non solo a me… E qui la domanda sorge spontanea, come accaduto decine di altre volte: ha un senso riformare una band che ha scritto pagine indelebili della storia della nostra musica preferita, per demolire quanto di buono fatto in passato con dischi e live show non all’altezza? La risposta ai posteri, io per adesso torno a casa deluso e amareggiato…

PS: Ma sto invecchiando io e quindi non sono al passo coi tempi, o cosa? Qualcuno di voi mi sa spiegare perché i due Patrick non avevano amplificatori sul palco ed erano attaccati direttamente sull’impianto? Sarà un’altra delle convinzioni di Mameli? Fatto sta che il suono delle chitarre non faceva certo gridare al miracolo… (Roberto Alfieri)
Report a cura di Roberto Alfieri

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 03 giu 2011 alle 14:17

Che c'entrano i Morbid Angel...

Inserito il 30 mag 2011 alle 15:19

Vanno sicuramente nel pre, e poi hanno il ritorno direttamente in-ear... gli ingombranti cabinoni sul palco, con la moderna tecnologia, si possono QUASI SEMPRE evitare.

Inserito il 30 mag 2011 alle 09:01

Patrick Mameli sei la vergogna del death metal. PS: Dehydrated 2......