Italian Metal Heroes, The Golden Age Of The Italian Rock (Pt. #3).

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Pubblicato il:29/04/2024
E rieccoci per la terza volta a dissertare della lodevole (e infaticabile …) iniziativa della Aua Records indirizzata alla valorizzazione della “storia”, spesso oscura e complicata, dell’hard n’ heavy italico.
Italian metal heroes” si prefigge, infatti, ricordiamolo per i più “distratti”, di porre in atto attraverso un ormai parecchio imponente catalogo, la doverosa riscoperta di formazioni musicali che sicuramente avrebbero meritato “qualcosa” di più e di diverso dal rimanere un “nostalgico” e spesso “livoroso” (per i torti subiti …) ricordo nelle memorie di maturi rockofili.
Pronti per la nuova stimolante carrellata di band poco conosciute, dimenticate e/o “criminalmente” sottovalutate? Bene, allora via …

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Arpia - Live Piper 1988 – Official Bootleg (Cd)
1. Preludio
2. Resurrezione
3. Metamorfosi

Cominciamo con una vera “chicca”, dedicata agli Arpia, una delle formazioni, per l’appunto, maggiormente “incompresa” dell’intero panorama musicale del Belpaese, artefice di una ricerca sonora e lirica (divenuta nel tempo sempre più raffinata e matura) incredibilmente carismatica e coinvolgente, edificata su una variegata e “indefinibile” formulazione artistica, del tutto avulsa dalle facili collocazioni di genere.
Come ebbi già a “dire” su queste stesse colonne, la miscela di inquietanti e mistiche atmosfere oscure, testi arguti e seducentemente "ermetici" e forza "d’urto" nelle strutture armoniche, rappresenta solo un’indicazione generica dell’assoluta libertà espressiva che i romani hanno saputo concedere alle loro conturbanti interpretazioni musicali.
Impossibile non entusiasmarsi, dunque, per la scelta della Aua Records di celebrare il terzetto capitolino attraverso questa registrazione di un loro concerto tenutosi nel febbraio del 1988 al celebre Piper di Roma, dove veniva riproposto per intero il secondo demoResurrezione e metamorfosi”.
L’incisione, contenente un preludio e due articolate suite (suddivise in vari “movimenti”), incarna al meglio la dirompente e “istintiva” forza espressiva con cui gli Arpia investivano l’astante ai tempi dei loro esordi.
La resa sonora più che discreta (siamo sempre di fronte ad un bootleg …) rende “Arpia - Live Piper 1988” un documento musicale imprescindibile per tutti gli estimatori del gruppo e riattiva (dopo lo strepitoso ritorno degli anni 2000 …) il desiderio di potersi strabiliare ancora una volta di fronte ad un auspicabile nuovo passo nel multiforme percorso artistico di un autentico patrimonio del nostro rockrama.


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Storm - Don't Waste Your Time / Hard Times (Cd)
1. Don't Waste Your Time
2. I Don't Know
3. Shock Me
4. Dreaming All Night
5. What Can I Do?
6. Don't You Leave Me
7. Believe In Yourself
8. Hard Times
9. Fly Away
10. I Need You

Questa pubblicazione dedicata ai bolognesi Storm risveglia “antichi” (e mai del tutto soppressi …) rigurgiti di frustrazione, patiti da un giovane rockofilo già infatuato dell’hard melodico e ansioso di poter testare direttamente la nuova “sensation” italica del genere … scrissi alla band per richiedere il loro secondo nastro dimostrativo (incensato sulle pagine della “bibbia” Metal Shock), ma non ricevetti mai una risposta (colpa delle poste?), rimanendoci piuttosto male.
Poter oggi, a distanza di più di trent’anni (sob …), colmare adeguatamente una siffatta lacuna, mi rende ovviamente felice, anche perché “Don't waste your time / Hard times”, comprendente i due demo (rispettivamente del 1988 e del 1990) della band felsinea, mi consente di confermare appieno l’apprezzamento che la critica dell’epoca spese per una formazione davvero abile nell’assimilare la lezione della grande tradizione dell’AOR statunitense (con gli Heart in veste di capofila) per poi tradurla in canzoni sempre piuttosto emozionanti e coinvolgenti.
Pilotato dalla voce cristallina (dalle sfumature timbriche abbastanza particolari e per questo potenzialmente “divisiva” …) di Mary Boschi e supportato dalle tastiere fascinose di Sylvia Minguzzi, il programma sciorina classe e buongusto per tutta la sua durata, con una menzione specifica per “I don't know”, la ballatonaDreaming all night” (da “Don't waste your time”), “What can I do?”, “Believe in yourself” e “Fly away” (da “Hard times”).
Da lì a poco purtroppo gli Storm si scioglieranno, con Mary e alcuni altri componenti che confluiranno nei Crudelia, di cui parleremo tra qualche riga …


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Crudelia – Playing With Fire (Cd)
1. Playing With Fire
2. Money
3. Don't Go
4. Fly Away
5. Dance Dance Girl
6. Never Fool Your Heart
7. Face To Face
8. Trail Of Broken Hearts
9. Playing With Fire (Live)
10. Money (Live)
11. Don't Go (Live)
12. Fly Away (Live)
13. Trail Of Broken Hearts (Live)
14. Dreaming (Live)
15. Small Town (Live)
16. Dance Dance Girl (Live)
17. Never Fool Your Heart (Live)
18. Star (Live)

La trasposizione su Cd di questo demo del 1992 dei Crudelia, è da considerare un’altra delle numerose “punte di diamante” di cui si può fregiare “Italian metal heroes”. Il progetto melodico ordito da Mary Boschi dopo lo scioglimento degli Storm è stato infatti finora uno dei “segreti” meglio custoditi del rock tricolore, uno di quelli “inspiegabilmente” affidato soltanto alle memorie degli indefessi esploratori delle reliquie sonore del Belpaese.
Ascoltato oggi “Playing with fire” mantiene intatto il suo fascino e conferma la qualità e la professionalità con cui la band tentava di trovare un suo “spazio” nell’ambito dell’hard melodico, recuperando l’approccio “adulto” degli Storm e rendendolo più “ricreativo” e trascinante, come dimostrano pezzi come la scalciante “Money”, l’esuberante "Dance dance girl” e l’incalzante “Trail of broken hearts”.
La title-track dell’opera, la notturna “Don't go” e “Never fool your heart”, arrivano, poi, ad ostentare l’innato buongusto “radiofonico” di una formazione che anche su di un palco, alla luce delle tracce catturate dal vivo (e qui cogliamo l’occasione per aggiungere una menzione speciale anche per il chitarrista Michele Vanni) incluse nel disco, sapeva il fatto suo.
Citare i Crudelia, quando si parla di sciagurata sottovalutazione (dovuta anche alle caducità delle “mode”), grazie a “Playing with fire” diventa, dunque, un fatto inoppugnabile.


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Sphinx Heir – Trigonometry (Cd)
1. Restless
2. Livin' in the Night
3. Child Dreams
4. Hell Driver
5. Sphinx Heir
6. Law
7. Strange Ways (Unreleased)

Beh, devo ammettere che in questo caso la mia radicata passione per la “storia” dell’hard n’ heavy tricolore ha subito un bello “smacco” … finora non avevo mai sentito parlare dei bolognesi Sphinx Heir, a quanto apprendo autori nel 1987 di un demo oggi trasposto su Cd ed inserito nel ricco e prestigioso assortimento di paladini del metallo italico offerto da “Italian metal heroes”.
Una “sorpresa” dunque, e anche piuttosto piacevole, dacché i nostri proponevano un sound piuttosto “classico”, debitore della NWOBHM, ma non per questo semplicistico e povero di contenuti, riuscendo a diversificare le soluzioni espressive in maniera abbastanza efficace, tra anthem poderosi (“Restless”) e pause maggiormente brumose ed evocative (“Sphinx Heir”).
L’aggiunta di una traccia completamente inedita (la mordace “Strange ways”) arricchisce ulteriormente il valore di “Trigonometry”, un disco che merita un’opportuna collocazione nelle collezioni di tutti gli estimatori del genere.


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Oracle / Storm – The Demo Years (Cd)
1. Intro
2. I Am The Only Queen
3. Damocle's Sword
4. Fuckin' Care Of Dying
5. Cruel
6. The Third Sign
7. Oracle
8. The Wolf Is Free
9. Metempsychosis
10. Gautamata The Buddha
11. Storm
12. Confession

Vi piace l’epic-metal? I Manilla Road sono tra i vostri gruppi preferiti? Allora dovreste conoscere gli Storm baresi, considerati, grazie al tumultuoso demoThe wolf is free” (1987), tra i più accreditati e valorosi seguaci dei maestri di Wichita (senza però dimenticare, in aggiunta, anche il contributo alla “causa” fornito da Cirith Ungol e Virgin Steele).
Un’ammirazione che non si limita al “riciclaggio” e ostenta una certa personalità, incrementata nel nastro dimostrativo del 1990 “I am the only queen”, realizzato sotto la denominazione Oracle e in cui i pugliesi attingono pure dai Judas Priest più tenebrosi.
The demo years” raccoglie entrambe le produzioni musicali del gruppo e ci riconsegna un sound complessivamente piuttosto maturo e suggestivo, che, come anticipato, soprattutto nell’opera del ’90 (alimentata da un intrigante concept sui diversi stadi emozionali che investono l’essere umano di fronte all’annuncio di una imminente dipartita) dimostrava pienamente le qualità espressive degli Oracle, declinate attraverso una forma di metallo epico dalle fascinose peculiarità gotiche e sacrali.
La grande tradizione italica del settore (dai primi Halloween ai Wotan, fino a formidabili entità artistiche del calibro di Adramelch e Dark Quarterer) poteva contare su un altro importante esponente, finalmente oggi rivelato in tutto il suo primordiale ed evocativo impeto sonoro.


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T.R.B. - Love On The Rocks (Cd)
1. Take It Easy
2. All Over Now
3. Mr. Candy Man
4. Heaven
5. Love On The Rocks
6. Gid-Up
7. Come Back
8. I Don't Know My Future
9. Rescue Me
10. Living In The Nightmare
11. Kill The Killer (Gulp!)
12. Baby Rose (Ebony Compilation Track)
13. Black Shadow (Demo)
14. War (Demo)
15. Wildcat (Demo)
16. Rescue Me (2024 Edition)

La Tirrenia Rock Band è un’altra di quelle formazioni che vanta un enorme credito nei confronti del “destino”. Forse sarebbe meglio parlare di una spiccata “miopia” da parte di quell’industria discografica, che tuttavia, stimolata dalla critica musicale specializzata e dal pubblico, inizialmente sembrava aver compreso il valore della band casertana.
Capitanati dal duo Gerry Vitrone (voce) e Lino Fusco (chitarra), i T.R.B. attirano l’attenzione degli addetti ai lavori grazie ad un paio di demo che sorprendono per qualità espressiva e per l’energia elargita, contenute in una forma di hard n’ heavy piuttosto vigorosa e variegata, consigliabile per chi ritiene Rainbow, Van Halen, Whitesnake e Aerosmith modelli inattaccabili di arte sonica.
La label britannica Ebony Records contatta i campani e li include nella compilation “Rocks meets metal” lasciando intendere la possibilità di ulteriori sviluppi professionali.
In realtà, bisognerà attendere fino al 1991 per vedere i T.R.B. approdare al debutto discografico sulla lunga distanza, patrocinato, però, dalla decisamente meno prestigiosa Albatros Records.
Il disco, intitolato “Love on the rocks”, è una collezione di canzoni decisamente coinvolgente e di classe, intrisa di hard-rock dalle sfumature blues, ottimamente pilotate dall’ugola potente di Vitrone e dalla chitarra viscerale di Fusco, arricchite all’occorrenza dalle tastiere fascinose di Fausto Mesolella (anche produttore dell’albo, noto per la militanza nella Piccola Orchestra Avion Travel e purtroppo mancato nel 2017).
Pezzi come “Take it easy”, “All over now” e la sinuosa “Mr. Candy Man” (“roba” che potrebbe piacere anche ai fans dei The Quireboys) ostentano uno spiccato buongusto per le pulsanti melodie di natura hard n’ blues, mentre l’acustica "Heaven” aggiunge all’impasto sonoro un pizzico di opportuna “ruffianeria malinconica”, a ulteriore dimostrazione delle competenze e dell’intelligenza artistica dei campani.
Impressione confermata dall’ardore southern-sleaze della title-track dell’Lp, e se “Come back” arriva a lambire addirittura territori frequentati da certi Rush, a “I don't know my future” è affidato il compito di mostrare il lato più introspettivo della band.
L’incalzante e spedita “Kill the killer” poneva fine alle ostilità di “Love on the rocks”, ma nella sua riedizione griffata Aua Records trovate, oltre a materiale tratto dai nastri dimostrativi, anche la piccola burrasca metallica denominata “Baby rose”, che trovò posto nella succitata raccolta inglese.
Un’esuberante versione di “Rescue me” targata 2024, infine, induce ad auspicare un “ritorno” sulle scene discografiche della Tirrenia Rock Band, legittimata a reclamare almeno un pizzico di quella doverosa considerazione mancata negli anni novanta.


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Raw - The Tape Years 1987-1990 (Cd)
1. Battlefield
2. Outobreakers
3. Look Out
4. Tool of Death
5. Mental Daze
6. Fuck the Lord
7. Don't Let the Fire Out
8. Blaspheme
9. Sheep At the Grass
10. Run the Blockade
11. When I Wake Up
12. Rabbia (Live)
13. Mental Daze (Garage version)

Tre demo, tra il 1985 e il 1989, non furono sufficienti a far uscire dal pantano dell’underground i romani Raw, artefici di uno speed / thrash metal piuttosto “classico”, ma dal notevole impatto emotivo.
Determinato ad esternare con inarrestabile forza d’urto tutto il suo dissenso nei confronti del “sistema”, il quintetto capitolino, guidato dall’ugola rabbiosa di Marco Ricci, forniva al pubblico che apprezzava Exodus, Legacy (poi Testament) e Overkill la sua “versione dei fatti”, espressa al meglio in brani come “Battlefield”, “Mental daze”, “Outobreakers”, “Don't let the fire out” e nelle più elaborate “Sheep at the grass” e “Run the blockade”.
Ai Raw, come a molti altre “meteore” nel nostro metalrama non fu concesso il tempo necessario per sviluppare una proposta musicale maggiormente distintiva e fantasiosa, e forse l’avrebbero meritato, alla luce di questo “The tape years 1987-1990”.


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Mothra – Better To Reign in Hell Than Serve in Heaven (Cd)
1. Till Death
2. Venus
3. Nothin' To Say, Nothin' To Do
4. The Misery Of Mankind
5. Black Sea (as Metal Dust – demo 1984)
6. Metal Power (as Metal Dust – demo 1984)

Con “Better to reign in hell than serve in heaven”, la Aua Records celebra una delle entità musicali più estrose del rockrama italico, da inserire verosimilmente nel novero di quei gruppi troppo “avanti” per essere compresi fino in fondo dai loro coevi.
Inizialmente dediti a blues e jazz, i casertani, per volere del cantante Antonio "Red Angel" De Vivo, cambiano ben presto orientamento espressivo, rivolgendosi, con la denominazione Metal Dust, ad una configurazione cangiante di heavy metal, che mescolava senza porsi pastoie di genere, speed, epic e scorie doom.
I due brani del Cd risalenti a un demo del 1984 di questa incarnazione del gruppo, esibiscono in maniera piuttosto chiara tale attitudine, riconducibile ad una forma di “primordiale” contaminazione tra Cirith Ungol ed Exciter.
A metà degli eighties i campani cambiano denominazione, e come Mothra realizzano alcuni altri nastri dimostrativi, l’ultimo dei quali (che mutua per l’appunto il suo titolo da “Il discorso di Satana” tratto dal celebre poema epico “Paradiso Perduto” di John Milton) irrompe nel 1986 nella scena metallica tricolore con tutto il suo carico “ibridativo”, in una sorta di crossover ante litteram che sorprende per finalità, cultura e idee.
Il tutto è fatalmente ancora un po’ “caotico” e ciononostante s’intuisce (ascoltare “Venus” e “Nothin' to say, nothin' to do” per un immediato riscontro …) che il concetto di progressive thrash (“roba” vagamente alla Blind Illusion, per intenderci) non era esclusivamente una prerogativa dei metal-head “evoluti” d’oltreoceano.
La registrazione un po’ “sbilanciata” (ma più che dignitosa) non consente verosimilmente di apprezzare appieno tutte le sfumature del variegato sound dei Mothra, un gruppo di cui anche il rockrama contemporaneo, troppo spesso eccessivamente “omologato”, avrebbe parecchio bisogno.


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Urban Fight - The Demo Years (Cd)
1. It's My Time (to Die)
2. Marchin' Again
3. Forgotten Nightmare
4. Lotta urbana 1988
5. Circle
6. Don't Fear the Night
7. Evil Empire
8. Lonely and Silent
9. Demon of Chaos
10. B. B. Blues

Veterani del panorama musicale bolognese, gli Urban Fight si formano nei primi anni ottanta con un’attitudine inizialmente vicina ai dettami della scena Oi/punk, per poi indirizzarsi più decisamente verso sonorità metalliche, pur senza abbandonare del tutto un approccio alla materia di natura punk / hardcore.
Nasce così un suono trascinante e iconoclasta (alimentato da testi sempre alquanto caustici), ottimamente rappresentato dal 4-tks demo del 1988 “Ethylic rendez-vous”, il primo ad essere incluso in questo “The Demo Years”. Tre brani nuovi ed una rivisitazione di “Lotta urbana” (presente nel nastro d’esordio “No eroi!” del 1982), ritraggono una formazione influenzata dal thrash e piuttosto abile nel colorare di cupa tensione espressiva le sue esecuzioni (con una “Forgotten nightmare” a rappresentare il lato più riflessivo del gruppo), pilotate dal basso pulsante di Umberto “Nevro” Girotti e dalla voce al vetriolo di Claudio "Stoned" Sassi.
Con il secondo demo-tape inserito nel Cd, titolo “Burp! (When the rats do not dance)”, del 1991, i felsinei mutano leggermente “pelle”, con Claudio che finisce per occuparsi anche del basso, Umberto che passa alla chitarra e l’ingresso di Piergiorgio “Piergi” Tesini alla batteria.
Il sound della band, pur sulla scia del lavoro precedente, diventa più compatto, denso e incisivo, con “Evil empire” e la tenebrosa “Demon of chaos” che illustrano piuttosto efficacemente il “nuovo corso” degli Urban Fight. A “Lonely and silent” (riedizione in lingua inglese di “Progresso”, sempre dal debutto della band) è affidato il compito di mantenere l’indissolubile legame con il “passato”, mentre “B. B. blues” pone un ironico e provocatorio sigillo all’opera.
Gli Urban Fight, tra pause, modifiche di formazione e di orientamento musicale, mi risulta continuino ad essere tuttora attivi, ma se volete (ri)scoprire i primi passi di questi fieri “combattenti urbani”, “The demo years” è sicuramente una scelta appropriata.


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Fingernails - No One Can Stop Rock 'n' Roll – 00s rarities (Cd)
1. Dentro un RnR (Demo)
2. Anestesia (Demo)
3. Tutto o Niente (Demo)
4. Con le Unghie e con i Denti (Demo)
5. Buio (Unreleased)
6. Am I (Unreleased)
7. Politician Fame (Unreleased)
8. Passionate Politican Whore (Unreleased)
9. Splash (Unreleased)
10. My Dream (Unreleased)
11. Rotten Souls (Live Florence 2014)
12. Crossfire (Live Florence 2018)
13. Queen of the Street (Live Florence 2018)
14. Whisky and Pain (Live Florence 2018)
15. Terra Promessa (Demo)
16. Tutti x Uno (Demo)
17. Odiali (Demo)

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Fingernails - Who Can Stop Rock n Roll? – 80s rarities (Cd)
1. Help Me Please (Promo 1988)
2. Friday (Live at Gun of Brixtgon Pub 1983)
3. Baby Please Don't Go (Live at Gun of Brixtgon Pub 1983)
4. She's a Rocker (Live at Centocelle, Rome 1983)
5. Scappa uomo (Demo 1985)
6. Kill Killed (Live at Uonna Club 1988)
7. Crazy into the Night (Live 1985)
8. Road Master (Live Roma WK 1983)
9. This Is the Way (Live Roma WK 1983)
10. Heavy Night (Live 1985)

Dedicare ben due pubblicazioni a una delle formazioni storiche del metallo capitolino, rappresenta un legittimo plauso alla determinazione e all’abnegazione di Maurizio "Angus" Bidoli e dei suoi Fingernails, tutori, fin dal lontano 1981, di una forma tanto viscerale quanto rigorosa di frenetico hard n’ heavy, influenzato pesantemente da Motorhead e AC/DC.
Una manciata copiosa di demo-tapes, poi il debutto discografico ufficiale nel 1988 (con l’eponimo full-length su Cobra Records) e poi ancora altre numerose incisioni (tra dischi in studio, live e compilation) testimoniano la convinzione e la passione imperiosa di una band che non ha mai “mollato”, neanche quando l’attenzione del pubblico di riferimento era concentrata su sonorità decisamente diverse.
Ovviamente, a sostenere la carriera dei nostri c’è anche parecchia qualità nel trattare con acume un consolidato canovaccio espressivo fatto di riff potenti, ritmiche cingolate, assoli taglienti e voci ruggenti, il tutto riproposto in maniera pressoché “invariata” nel corso del proprio voluminoso repertorio.
Insomma, non sono in tanti ad essere in grado di stimolare in maniera efficace e continuativa gli “istinti primari” dei rockofili e se i Fingernails (tra picchi e qualche flessione) sono stati in grado di superare indenni mode e contaminazioni varie, evidentemente è perché la tensione emotiva profusa dai loro strumenti e dalle loro composizioni è di un tipo che “arriva” (come si usa dire oggi …) anche in assenza di particolari raffinatezze e contaminazioni.
Dei due Cd (con intestazione analoga, tra l’altro …) in questione, il più interessante (nonostante la registrazione abbastanza "artigianale") è probabilmente il “Who can stop rock n roll?”, ricco di intriganti reliquie ottantesche, ma ai fans del gruppo non sarà sfuggita neanche la presenza di gustose rarità e di alcuni inediti degli anni 2000 in “No one can stop rock 'n' roll”, che lo rendono in pratica appetibile allo stesso livello del suo quasi gemello (in forma interrogativa).
Maurizio continua instancabile a portare avanti la filosofia artistica dei Fingernails e a impegnarsi in altri progetti musicali, ad ulteriore certificazione che quarant’anni abbondanti non sono sufficienti ad attenuare l’energia inesorabile del Rock n’ Roll.
Articolo a cura di Marco Aimasso

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