Scream For Me: Bruce Dickinson

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Pubblicato il:20/03/2023
Oggi inauguriamo una serie di excursus sulle carriere soliste dei migliori vocalist ( e non solo ).
Scopriremo insieme i lati meno conosciuti dei nostri / vostri artisti preferiti e li esamineremo sotto una luce differente.
Partiamo alla grande con Bruce Dickinson

"Scream for me... Scream for us Bruce!"

Tattooed Millionaire (1990 EMI)

L’esordio solista di Bruce spiazza un po' tutti. Dimenticatevi i Maiden, “Tattooed” è il disco più commerciale e easy di tutta la produzione, contiene buone canzoni in stile tipicamente hard rock con chorus da cantare (la titletrack, “No lies” con intro che ricorda “Bring Your Daughter To The Slaughter”, “Hell On Wheel” ). Bruce si cimenta anche in una cover - senza infamia e senza lode in verità - di David Bowie (“All The Young Dudes”) ma sa anche pigiare sull’acceleratore come in “Dive!Dive!Dive!”, "Licking The Gun “ e “Zulu Lulu” sono canzoni quasi rock-pop ma hanno il loro perché in un contesto come quello di “Tattooed”, che ci fa conoscere un Bruce inedito ma fresco e vitale. Disco imprescindibile per il nuovo corso del singer dei Maiden.



Balls to Picasso (1994 EMI)

Il secondo disco solista uscito nel '94 ha avuto fortune alterne, è stato un flop dal punto di vista commerciale ma contiene uno dei pezzi migliori mai scritti da Dickinson, quella "Tears Of the Dragon" che da sola giustifica l'acquisto dell'album. Un pezzo teatrale, lirico, dalla grandissima melodia e dal grande solo, ma che purtroppo è un pesce fuor d'acqua in un lavoro astruso, criptico che si muove su canzoni legnose, complicate. Il disco manca di una direzione musicale precisa saltando da pezzi quasi rap come "Sacred Cowboys" a pezzi oscuri come "Cyclops", “No Way Out… To Be Continued“ passando per ballad come “Gods Of War” o pezzi simil-funky come “Shoot All The Clowns".



Skunkworks (1996 Sanctuary)

E qui vi voglio, fans dei Maiden.
Avete storto il naso all'uscita di questo album o lo avete apprezzato come un coraggioso tentativo di innovazione? Qualunque sia stato il vostro giudizio, "Skunkworks" dimostra (come peraltro la maggior parte della produzione solista) che il singer dei Maiden è un vero "genietto", capace di passare dalla NWOBHM all'alternative metal senza il minimo sforzo. "Skunkworks" - che doveva essere un nuovo gruppo musicale negli intenti di Bruce - è un album che strizza l'occhio all'alternative, al grunge e a una certa vena progressive e che, in quanto tale, sicuramente risulta indigesto al 90% degli estimatori del Bruce Dickinson cantante dei Maiden, ma che contiene canzoni tutt'altro che brutte e che andrebbero riscoperte. Superato lo shock iniziale, un ascolto attento del disco rimanda in più frangenti sia ai Soundgarden ("Dreamstae", "I Will Not Accept The Truth") che ai Pearl Jam più sanguigni ("Solar Confinement", "Faith"), un brano come "Headswitch", ad esempio, ha un tiro e una ritmica che si poteva trovare solo nei migliori Soundgarden
Certo l'ascolto del disco non è nè lineare nè semplice ed è forse penalizzato da una eccessiva durata (1 ora e 26 minuti) ma non per questo è da buttare come molti invece sostengono, anzi è meno ostico che altri lavori. La sua "colpa" è quella di essere uscito a fine anni '90 quando ormai il grunge aveva perso la sua spinta propositiva e soprattutto di essere cantato da un grande artista irrimediabilmente ostaggio dell'ingombrante ombra della Vergine di Ferro.



Accident Of Birth (1997 Castle)

Uscito nel 1997, è il disco più “Maiden-oriented” di tutti, con brani nei quali l’ispirazione Nwobhm/classix metal è espressa ai massimi livelli possibili, tra l’altro compare pure Adrian Smith alle chitarre. Il suono delle chitarre, i riffs, il songwriting, tutto ricorda i bei tempi in cui Bruce duettava con Steve&C., i brani si susseguono a ritmo serrato, il disco è una cavalcata unica “Darkside Of Acquarius” ha un mood micidiale, “The Magician” - con tanto di coretto “ooh ooh” è deliziosa - la titletrack stessa, “Welcome To The Pit” faranno la gioia degli estimatori dei Maiden dell’epoca senza dimenticare qualche pennata doom che ricorda i Black Sabbath epoca RJ Dio, da menzionare da ultimo la splendida power ballad “Man Of Sorrow”. All’epoca della sua uscita l’edizione tedesca della prestigiosa rivista Rock Hard lo incoronò come disco del mese.



The Chemical Wedding (1998 Sanctuary)

Uscito nel 1998, il disco - una sorta di concept sull'Alchimia - è ancora più oscuro di "Balls to Picasso" ed il contraccolpo musicale col precedente e più classico “Accident Of Birth” è evidente. Anche se decisamente heavy, l’album è complesso ed ermetico e già da titoli quali “Tumpets Of Jericho”, “Jerusalem”, “Gates Of Urizen”, “Book Of Thel” lo si capisce, quasi a voler marcare una pomposità forzata. Non che i brani siano brutti, sebbene alcuni un po' pesanti e legnosi, ad esempio "Confeos" ricorda i Deep Purple, "King In Crimson" ha un bel tiro ma ancora una volta i brani più riusciti risultano quelli più classici come "The Tower” che dal giro di basso e dal muro di chitarre ricorda “Wrathchild“ e "Return Of The King" con un riffama tipicamente maideniano.



Tyranny Of Souls (2005 Sanctuary)

Dopo l'intro "Mars Within", il disco del 2005 di Dickinson parte veloce e potente con l'ottima "Abduction" brano sferragliante dai pregevoli intrecci chitarristici, cui segue l'altrettanta potente "Soul Intruders" un mid tempo incalzante con grande spolvero di solos, riff quadrati e un chorus da cantare. La doppietta iniziale è da cardiopalma con un Dickinson in forma smagliante, cattivo come raramente non si sentiva, il disco offre altri brani di buona fattura quale l'epica "Kill Devil Hill", che sfuma in un finale melodico dopo averci offerto una cavalcata d'altri tempi, mentre le acque si calmano con la ballad di discreta fattura "Navigate The Seas Of The Sun" prima di riprendere quota con la maideniana "Power Of The Sun". "Tyranny Of Souls" riporta Dickinson su lidi a lui più consoni, le sperimentazioni musicali criptiche del passato sono ora un lontano ricordo.


Articolo a cura di Marco ’Metalfreak’ Pezza

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