Copertina 7

Info

Anno di uscita:2008
Durata:40 min.
Etichetta:Retroactive
Distribuzione:MusicBuyMail

Tracklist

  1. DOMINION & POWER
  2. EVERLASTING FIRE
  3. HAILSTONES
  4. HEAVY LADEN
  5. KING OF ALL KINGS
  6. RAISE ‘M HIGH
  7. SACRIFICIAL BLOOD
  8. SEA OF GALILEE
  9. THE CLOUDS
  10. UNDER THE ALTAR

Line up

  • Bill Menchen: vocals, guitars, keyboards
  • Rod Reasner: bass
  • Robert Sweet: drums

Voto medio utenti

Al di là del largo impiego del termine Power, sia nel nome del gruppo sia nel titolo del disco, non ci troviamo di fronte all'ennesima power metal band proveniente dalla Svezia o dalla Germania.
Questo trio, infatti, proviene dagli States e ha appena realizzato quello che è il loro secondo album, dopo l'omonimo esordio del 2006, e ne fanno parte Bill Menchen (chitarra e voce, Final Axe, His Witness e Titanic), il bassista Rod Reasner (anche lui nei Final Axe), e l'ex batterista degli Stryper, Robert Sweet.
Quello dei The Seventh Power è un Hard & Heavy Metal dalle marcate influenze seventies e Doom, che fanno pensare ai Black Sabbath, anche perchè la voce di Bill Menchen ricorda tantissimo quella di Ozzy Osbourne, mentre per quanto riguarda il contesto lirico, vedendo anche gli artisti coinvolti, non poteva che trattarsi di Christian Metal. E lo testimoniano non solo la bella copertina, i titoli ed i testi delle canzoni, ma anche l'approccio vocale di Bill Menchen, che a dispetto della sua rassomiglianza con il "demoniaco" Ozzy, non si lancia mai in toni malvagi o strazianti.
Apertura affidata a "Dominion & Power", che ha il passo di una "You Really Got Me" (The Kinks) fusasi a "Bark at the Moon", con Menchen che si mette in evidenza anche come chitarrista, mentre è invece la sezione ritmica a dettare il tempo sulla successiva "Everlasting Fire". Un buon inizio che però non trova seguito in quelli che si rivelano un paio di pezzi sottotono come "Hailstones" e "Heavy Laden", per poi riprendersi con "King of all Kings", brano che unisce feeling retrò a sonorità più moderne, e sopratutto con la potente (e vagamente psichedelica) "Sacrificial Blood" e con l'intensa "The Clouds". Chiude infine l'album la massiccia "Under the Altar", suggello di una proposta interessante, ben realizzata e decisamente molto meno scontata di quanto si potesse pensare.
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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