Reverence - Chamber of divine elaboration

Copertina 8

Info

Genere:Avantgarde
Anno di uscita:2007
Durata:55 min.
Etichetta:Avantgarde Music
Distribuzione:Masterpiece Distribution

Tracklist

  1. INFRA-CODE OF PERDITION
  2. ISTITUTION OF THE DIRT ARCHETYPE
  3. INFECTED FORMS OF DISTANCE
  4. INNER PHAZE
  5. WHITE JOURNEY.INC
  6. ASTRAL NOISE PROJECTION
  7. PRIDE OF INANIMATE EMPTINESS

Line up

  • I. Luciferia: vocals, guitars
  • Aym: bass

Voto medio utenti

Se cercate il classico disco da ascoltare distrattamente a casa mentre fate air guitar davanti allo specchio o da ascoltare in macchina mentre scorrazzate tutti fighi con la vostra ragazza, potete anche smettere di leggere questa recensione e passare oltre…
Già, perché l’ultimo lavoro dei francesi Reverence è tutto tranne che un disco facile da ascoltare. Quasi un’ora di atmosfere tetre e rarefatte, otto brani che vi porteranno ad esplorare gli angoli più remoti della psiche umana, con un ritmo lento, quasi innaturale, in una sorta di viaggio paranormale.
Di black metal ormai è rimasto veramente poco nella musica dei Reverence e se proprio vogliamo provare a dare una definizione di quello che suonano oggi i francesi possiamo tirare in ballo sonorità industrial (mi vengono in mente più di una volta i Current 93 e i Throbbing Gristle durante l’ascolto del cd), mescolate a qualche residuo black, nella sua forma più lenta e depressiva. Il tutto orchestrato in maniera eccellente dai due factotum della band, capaci di costruire canzoni con una personalità ben definita e di mantenere vivo l’interesse di chi ascolta, nonostante la proposta musicale non certo accessibile.
Già, perché è proprio questo il punto di forza di questo cd… pur trovandoci davanti a brani lunghi, molto particolari, sicuramente oppressivi per certi versi, riusciamo comunque ad arrivare in fondo senza problemi, senza noia e senza sentire il peso che sonorità di questo tipo in genere lasciano, anzi, siamo letteralmente trasportati dalle note in un viaggio mistico.
Appare evidente che un disco del genere non sia rivolto alle masse, come già detto in apertura di recensione, ma se dovessi consigliarlo ad una singola categoria mi troverei abbastanza in difficoltà, visto come è ben riuscita la miscela di tutti gli elementi di cui ho parlato fin’ora. Per questo mi rivolgo a quanti di voi riescono ad avere una visione più aperta della musica e quindi riescono ad apprezzare soluzioni armoniche non propriamente canoniche. “Chamber of divine elaboration” è un disco molto intimista, ermetico, dall’andamento gelido e morboso, ma allo stesso tempo “aperto” dagli innesti ambient che più di una volta spuntano fuori.
Il songwriting è personale e si nota fin da subito con l’opener “Infra-code of perdition”, brano molto lungo, che parte in sordina, lentamente ed entra nel vivo solo dopo due minuti e mezzo (su otto), e che ben riesce a mescolare tutte le influenze del gruppo, talmente ben amalgamate che quasi si può parlare di originalità, parola difficile da usare ai giorni nostri. Riff lugubri, al limite del funeral doom più intransigente, atmosfere al tempo stesso calde e gelide… non hanno fretta i Reverence e lo dimostrano con brani lunghi e dilatati, come “Inner phaze” e “Astral noise projection”, e anche se qua e là spunta fuori qualche accelerazione o qualche riff più marcatamente metal si tratta, appunto, di episodi, che non stravolgono l’andamento del disco.
Disco che, manco a dirlo, va ascoltato tutto d’un fiato. Ogni brano è parte integrante di un discorso ben preciso, ed estrapolarlo dal suo contesto sarebbe una barbarie.
Non vi nascondo che sono rimasto più che soddisfatto ascoltando l’ultima fatica dei Reverence, forse perché sempre più raramente accade, negli ultimi anni, di trovare una band che abbia una sua personalità e abbia il coraggio di osare, invece di buttare in pasto ai poveri metal kids l’ennesimo disco fotocopia. I Reverence ci sono riusciti, e solo per questo meritano considerazione, al di là dei gusti musicali.
A mio parere uno dei top album di questo scorcio di anno…
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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