King Diamond - Give me your soul...please

Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2007
Durata:54 min.
Etichetta:Massacre
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE DEAD
  2. NEVER ENDING HILL
  3. IS ANYBODY HERE?
  4. BLACK OF NIGHT
  5. MIRROR, MIRROR
  6. THE CELLAR
  7. PICTURES IN RED
  8. GIVE ME YOUR SOUL
  9. THE FLOATING HEAD
  10. COLD AS ICE
  11. SHAPES OF BLACK
  12. THE GIRL IN THE BLOODY DRESS
  13. MOVING ON

Line up

  • King Diamond: vocals
  • Andy LaRocque: guitars
  • Mike Wead: guitars
  • Hal Patino: bass
  • Matt Thompson: drums

Voto medio utenti

Premetto che io ho un debole per King Diamond, uno dei pochi artisti metal che nella sua lunghissima carriera non ha quasi mai sbagliato un colpo. Certo, ci sono album leggermente inferiori al suo standard, ma non è mai sceso al di sotto della sufficienza. Anzi, ci ha sempre deliziato con cd completi sotto tutti gli aspetti, che difficilmente ti lasciano con l’amaro in bocca. I suoi concept ormai sono leggendari, così come le sue trame musicali, imbastite con l’aiuto del fido Andy LaRocque (con lui fin dal primissimo “Fatal portrait”) e da sette anni ormai anche dell’ottimo Mike Wead, con il Re anche nei Mercyful Fate. Se a questo aggiungiamo il ritorno all’ovile di Hal Patino al basso, assente per quasi dieci anni dalla band, vedete ce il cerchio si chiude. Certo recensire un nuovo lavoro di King con un promozionale non è il massimo, visto che un suo disco va apprezzato in toto, dai testi alla copertina all’artwork, e la voce che annuncia la data di uscita del cd non aiuta di certo, visto che salta fuori anche più volte all’interno dello stesso brano e spezza l’atmosfera… ma tant’è… “Give me your soul… please” è il dodicesimo lavoro in studio del Re Diamante e come da tradizione si apre con uno dei suoi leggendari intro. Subito dopo irrompe “Never ending hill”, classico brano in stile “Arrival” o “Welcome home” per capirci… e ascoltando anche “Is anybody here?” si capisce che la band su questo album è particolarmente ispirata. C’è una specie di ritrovata freschezza che pervade il cd e la sensazione è quella di una sorta di salto nel passato con un ritorno a capolavori come “Them” o “The eye”. Tutto questo grazie a riff di chitarra di nuovo serrati e ispirati come ai bei tempi e i soliti assoli dall’incredibile gusto melodico di cui solo LaRocque è capace. Le song scorrono via molto bene, il cd è gradevole e si fa ascoltare con piacere. Certo non aspettatevi nulla di innovativo, e direi che è anche giusto così. Da King Diamond ci si aspetta un cd alla King Diamond, e cercare altro sarebbe da stupidi. Lui ha il suo stile, ormai consolidato, e su questa falsa riga continuerà fino alla pensione, che ci auguriamo arrivi il più tardi possibile. La cosa che va rimarcata, come già accennato prima, è che sembrano finiti i tempi di “The graveyard” o di “Voodoo”, album comunque di spessore ma troppo cupi e “pesanti” da digerire. Già con la seconda parte di “Abigail” e con “The puppet master” si notava un songwriting di nuovo ispirato, e con questo “Give me your soul… please” le cose vanno avanti su questa linea. Certo non siamo comunque a livelli dei capolavori di inizio carriera, però lo standard è sicuramente alto. Tra le highlights del cd segnalo, oltre alle già citate songs di apertura, la titletrack, classico brano alla King Diamond, “Shapes of black”, dal sapore spiccatamente teatrale, in cui la voce di King cambia più volte registro, come da tradizione, passando dal narrato al cantato lugubre, la più pesante “The floating head”, con un interessantissimo riff iniziale molto tagliente e la bellissima “The girl in the bloody dress”. La vena creativa sembra non esaurirsi mai per il nostro danese, e a questo punto non resta altro che comprare il cd originale per apprezzare appieno tutto il “contorno” alla musica e vederlo di nuovo in azione dal vivo. Peccato che sia proprio di questi giorni la notizia dello slittamento del suo tour al 2008 per problemi alla schiena. Ma sono sicuro che tutti voi lo aspetterete comunque con impazienza. Al Re è concesso tutto…
Recensione a cura di Roberto 'Dulnir' Alfieri

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