Copertina 5

Info

Anno di uscita:2007
Durata:52 min.
Etichetta:AOR Heaven
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. DIVIDED
  2. CALL OF THE WILD
  3. BROTHERS IN ARMS
  4. HEAVY METAL THUNDER
  5. MAKE A STAND
  6. BREAK THROUGH
  7. FOREVER AND EVER
  8. MY RELIGION
  9. HOW LONG
  10. THE REAL DEAL
  11. PEACE OF MIND

Line up

  • Peter Sundell: voce
  • Torben Enevoldsen: chitarra, basso
  • Thomas Heintzelmann: batteria

Voto medio utenti

Se il nome di questa band vi dice poco, il contenuto del dischetto che ci propone, probabilmente, vi dirà ancora meno. Se insomma non siete incuriositi dalla nuova creatura di Torben Enevoldsen, chitarrista dei Fatal Force e Section A, o se non siete ammaliati dall’ugola (valida ma mai imprescindibile) dell’ex-Grand Illusion Peter Sundell, allora ben poco avranno da offrirvi le 11 canzoni che compongono questo “Call Of the Wild”, debut album dei Decoy.
La proposta dei Nostri si orienta verso un hard rock/heavy classico nelle intenzioni abbastanza diretto ed energico, scritto e realizzato con buon mestiere, memore soprattutto dei Dokken ma anche dei Rainbow di Joe Lynn Turner, riportando anche alla mente, ma forse involontariamente, i Queensryche di “Empire” (per dire, i main riff di “Divided” e “Break Through” sembrano una riproposizione di quello di “Hand On Heart”, della band di Seattle). Le sferzate hard’n’heavy più classiche, che l'album propone in tracce come la title-track, “Heavy Metal Thunder” o in “My religion”, registrano risultati che, a tratti, possono risultare in una certa misura anche accattivanti, ma che tutto sommato convincono poco, anche per via dei troppi luoghi comuni musicali e lirici che si riscontrano, e scorrono via veloci verso l’anonimato.
Di “Call Of The Wild” tuttavia non se ne può parlare male in tutto e per tutto, perché non è un album approssimativo, né realizzato formalmente male, è piuttosto un lavoro che coinvolge poco a livello emozionale (nonostante ci provi puntando anche sulla melodia, come in "Brothers In Arms" e "Forever and Ever") rivelando lungo tutta l’oretta scarsa della sua durata una disarmante mancanza d'ispirazione. E' proprio una musa ispiratrice troppo poco generosa, il principale problema di "Call Of the Wild", e lo confermano le buone performance che Enevoldsen e Sundell ci regalano attraverso un guitar playing preciso e accurato, il primo, e una prova vocale consapevole ed equilibrata, seppur inzuppata di luoghi comuni, il secondo. Come a dire, il potenziale non sarà fenomenale ma c’è e si sente - sono proprio le canzoni a non girare a dovere.
L’album si presenta quindi come un prodotto (!) poco coinvolgente, eccessivamente manierista e stagionato, che dice poco e che oltretutto dà proprio l’impressione di non aver fatto nulla anche solo per rischiare di dire, scrivere, suonare e/o proporre qualcosa in più.
Assolutamente poco convincente.
Recensione a cura di Enzo Pignataro

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