Copertina 6

Info

Anno di uscita:2007
Durata:55 min.
Etichetta:Metal Heaven
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. HERITAGE OF SHIVA
  2. WALKING ON THORNS
  3. MIND OF A KILLER
  4. THIS AIN'T LOVE
  5. GONE WITH THE DOUGH
  6. BAREFOOT AND NAKED
  7. DOWN ON LUCK
  8. HEAT OF THE NIGHT
  9. ALI BABA
  10. SAME OLD CITY
  11. HOLD ON
  12. RED
  13. HERITAGE OF SHIVA

Line up

  • Armin Sabol: vocals, guitar
  • Mat Sinner: vocals, bass
  • Martin Schmidt: drums

Voto medio utenti

L'origine di questa formazione si perde nella notte dei tempi. Era infatti il 1977 quando due ragazzi, fans di Hendrix e delle altre stars dell'epoca, decidono di unire le proprie forze e dare vita agli Shiva.
Armin Sabol e Mat Sinner, chitarra e basso, reclutano un batterista per completare il loro power-trio e cominciano ad esibirsi per tutta la Germania, ottenendo presto una meritata fama di live-band. Ma dopo un solo anno di attività, arrivano i problemi. Il trio ha l'occasione di incidere un album d'esordio, ma l'inesperienza in sala di registrazione causa il fallimento della prova. Seguono le prime frizioni interne al gruppo, che continua comunque a suonare anche insieme a nomi di buona levatura.
La svolta decisiva arriva nell'80, quando c'è un secondo tentativo di realizzare il primo disco. La cosa si risolve nuovamente in un disastro, ed a quel punto gli Shiva decidono di sciogliersi e di andare ognuno per la propria strada.
Sinner troverà il successo con la formazione che porta il suo nome, mentre Sobol farà parte per qualche tempo dei Rage ed in seguito diventerà un importante produttore musicale.
Difficilmente i due avranno più pensato ai lontani giorni degli Shiva, finchè nel 2004 un amico comune li convince a riformare la band in occasione di un festival a scopo benefico. La coppia accetta di buon grado e trova in Martin Schmidt (ex-Atrocity, Leaves Eyes) il necessario terzo elemento.
Sul palco i vecchi amici ritrovano l'affiatamento, ma anche l'entusiasmo e gli stimoli di un tempo. Così, quella che doveva essere la rimpatriata di un solo giorno diventa un progetto serio e concreto. E lo scorso anno viene finalmente realizzato il disco posticipato di due decenni, anche se il trio ha preferito rinominarsi Goddess Shiva per sottolineare la nuova fase di quella carriera nata nei '70.
Chiarita tutta la genesi del lavoro, restano i soliti quesiti da porsi. Era veramente necessario resuscitare una meteora, passata in un lampo e senza lasciare tracce? Valeva la pena aspettare tutto questo tempo per ascoltare questo famigerato debutto?
Anche le risposte sono le stesse che valgono per la maggior parte di queste iniziative: no e no.
Come sempre non significa che il lavoro sia particolarmente brutto, semplicemente è qualcosa di non necessario in un mercato che strabocca di uscite. Qui siamo in presenza di validi musicisti e di un'ottima produzione, le canzoni sono classiche, ben suonate e confezionate nel migliore dei modi. Ma la musica paga il peso degli anni, arriva troppo in ritardo ed il gruppo non ha neppure cercato di rinfrescarla soffiando via un po'di polvere.
Il trio propone alcuni momenti rocciosi, ispirati ad un lontano periodo di passaggio tra l'hard rock e l'heavy metal, ma se alla fine dei '70 questi episodi rappresentavano qualcosa di innovativo, oggi non possono che risultare scontati e sorpassati. Inoltre i Goddess Shiva, pur non lesinando l'impegno, non hanno più l'energia di un tempo e cercano di sostituirla con il mestiere. La conseguenza è una serie di brani corretti e privi di intoppi, ma anche anonimi e di impatto debole.
Anzi, la band ottiene i migliori risultati quando si ispira direttamente all'antico rockblues bianco dei Cream. Oltre all'evidenza della classica "Barefoot and naked", dove Sobol può sfogare il proprio istinto solistico, oppure della lenta e sofferta "Same old city", altro pezzo bluesy che riporta ai primordi di questa formazione, anche nella sostenuta e rockeggiante "Walking on thorns" si coglie l'eco melodico dei temi immortali di Clapton e soci.
Se l'album "Goddess Shiva" fosse uscito quando era il momento, la storia del gruppo e dei suoi componenti avrebbe certamente preso una direzione diversa. Così non è stato, ed il passato non può essere corretto. Ai nostri giorni è soltanto un discreto esercizio musicale, stilisticamente sorpassato, ideato da una coppia di maturi signori per il piacere di ricordare la loro stagione più verde.

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