Copertina 7

Info

Anno di uscita:2002
Durata:40 min.
Etichetta:Meteorcity

Tracklist

  1. INTRO
  2. DIG THE RIDE
  3. BORN OF FIRE
  4. CHROME SHOP
  5. MEANSPIRIT
  6. ANGEL
  7. STAB YOUR BACK
  8. FIREFIGHT
  9. BOX FULL OF DIRT
  10. SOUTHBOUND
  11. CONSPIRACY
  12. WORLD WITHOUT END

Line up

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Temevo che la storia dei Solarized si fosse fermata al momento della fuoriuscita di Lou Gorra e Lee Stuart, che ora sono gli Halfway to Gone, invece la formazione del New Jersey è ancora viva e vegeta e torna sulle scene con il nuovo “Driven”, dopo aver inserito nei ranghi il chitarrista Dave Topolenski (ex Drag Pack) ed il bassista Mike Fiore. La robusta linea musicale non è mutata, un’imponente fuzz-sound che deve molto ai primi lavori dei Fu Manchu, dai quali è stata presa anche un’insana passione per motori e deserti, ma c’è stato un’evidente progresso nella vena compositiva e l’energia stradaiola non è venuta certo a mancare. Tutti brani forti e decisi, dal ritmo incalzante, che catturano subito l’attenzione e non mollano la presa fino alla fine, partendo dalla veloce “Dig the ride”, prosecuzione del precedente “Neanderthal speedway”, fino alla voluminosa “World without end”, vicina ai Nebula, alla quale è impossibile rimanere indifferenti se non si è già morti.
In mezzo parecchia roba interessante, gli stop’n’play della pesantissima “Born of fire” costruita intorno ad una ritmica mammouth, il groove ottantiano molto metal di “Moonspirit” e “Firefight”, un lento rotolio di macigni in “Angel” valorizzato dal malinconico urlo della lead di Hogan, qualche reminiscenza punkeggiante nella schizzata “Chrome shop” confermata dalla minuscola cover “Stab your back” dei The Damned di Rat Scabies, uno strumentale acido e psichedelico “Southbound” con sfoggio di slide guitar, una torrida “Cospiracy” che vede protagonista la rotondetta drummer Reg Satana, brava nell’offrire varietà ai ritmi e comunque nel picchiare sodo. Come si intuisce, un lavoro di grande calore e vitalità nel segno della scuola americana di questo genere, la quale dopo un periodo di appannamento sta tornando in grande spolvero.
Le note dolenti sono dovute ancora una volta ad una certa monotonia della voce del leader, che si sforza di dare impronte diverse alla sua tonalità monocromatica ma vi riesce solo in parte, appiattendo in qualche passaggio la brillantezza del potente sound.Aggiungerei anche un dubbio sulla produzione che pare scesa di un gradino rispetto all’album d’esordio. Piccoli difetti che impediscono di trasformare in eccelso quello che è un ottimo disco per ogni appassionato di stoner, ma se il gruppo troverà l’amalgama perfetto con i nuovi entrati sarà lecito aspettarsi qualcosa di fenomenale dai diavoli del New Jersey.

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