Copertina 6,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2006
Durata:60 min.
Etichetta:Candlelight
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE HOUR
  2. CONSCIENCE
  3. DARK
  4. HOLLOW
  5. TURN OF THE TIDE
  6. THE WRAITH
  7. DIVINITY IN VAIN
  8. BLIND EYES
  9. MARY KING’S CLOSE
  10. UNFOLDED

Line up

  • Trym: drums
  • Geir Helge Fredheim: vocals
  • Thomas Rokne: guitars
  • Stian Mausethagen: guitars
  • Tor Seltveit: bass

Voto medio utenti

Oramai ne ho la certezza. Il trend musicale degli ultimi due anni è il ritorno pesante agli anni ottanta: dopo le reunion dei vari storic acts come Anthrax, Accept o l’emergere di realtà come Astral Doors o Black Majesty, pesanti debitrici di certe sonorità old school, possiamo chiaramente affermare che, terminata da tempo l’overdose power metal di fine anni novanta e accantonata l’esplosione “nu” di inizio secolo, il caro vecchio heavy metal, quello puro e senza aggettivi inutili ad appesantirne l’essenza, sia tornato definitivamente all’ovile.
Questi Paganize, che esordiscono su Candlelight Records e dei quali non sapevo nulla prima d’ora, sono un’altra delle numerose band che guarda ai primi Queensryche e Fates Warning, ai Black Sabbath, Helstar e Metal Church come loro numi ispiratori.
“The hour” è un disco heavy metal duro e puro, suonato con passione e convinzione, composto di brani elaborati e abbastanza complessi, basati su riffing potenti e monolitici e frequenti cambi di tempo. Nonostante i punti di richiamo siano evidenti, la band ha una certa personalità, e la sua preoccupazione principale sembra quella di scrivere canzoni di valore, che facciano scuotere la testa e che invoglino l’ascoltatore a rimettere il cd nello stereo dopo la sua conclusione.
“Hollow”, cupa e cadenzata, con forti richiami a Toni Iommi e compagni, “Turn the tide”, più veloce e devastante, con un incedere quasi thrash, o “Mary King’s close”, epica e marziale, sono solo alcuni esempi di ottime canzoni, che dimostrano tutto il valore di questo nuovo act.
Unici punti deboli paiono essere la voce del singer, non sempre incisiva, soprattutto sulle parti più alte, e l’eccessiva omogeneità di un songwriting che, nonostante le belle idee, alla lunga pecca un po’ di staticità: non ci sono molte parti melodiche e immediate, è un continuo assalto sonoro che piace sicuramente, ma che alla lunga annoia un po’.
Sono comunque sicuro che già col prossimo disco i Paganize sapranno farsi ricordare. Nel frattempo cerchiamo di dare un ascolto anche a “The hour”…
Recensione a cura di Luca Franceschini

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