Copertina 9

Info

Anno di uscita:2006
Durata:64 min.
Etichetta:Inside Out
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. TRUTH IS PAIN
  2. PUPPETEERS
  3. THIS WONDERFUL WORLD
  4. OUT OF IDEAS
  5. HOPE
  6. INTO THE UNKNOWN
  7. NO LONGER TOUCHING GROUND
  8. USELESS ARGUMENT
  9. THE VOICE WITHIN
  10. CALL IN DEAD
  11. SILENT SCREAMS
  12. INTRODUCTION
  13. THE MILLIONAIRE
  14. JOANNA
  15. A FATHER’S LOVE
  16. MEMORY TO FIGHT
  17. THE DIARY
  18. A WOUND THAT WON’T HEAL
  19. THE FINAL SILENCE

Line up

  • Herman Saming: vocals
  • Ola Andersson: guitars
  • Jerry Sahlin: keyboards
  • Peter Asp: bass
  • Thomas Lejon: drums

Voto medio utenti

Semplicemente delizioso. Sono queste le prime parole che mi sgorgano spontanee appena terminato l’ennesimo ascolto di questo piccolo capolavoro, il quarto, targato A.C.T., band svedese dalla classe sopraffina. Come definire “Silence”? Un viaggio onirico tra i suoni e gli echi della propria anima, all’inseguimento di un senso, anche dove il senso, a volte, sembra sfuggire. 19 brani, di cui gli ultimi 9 vanno a comporre una suite, chiamata “Consequences (the long one)”, che ci racconta della tragica storia di Joanna, una giovane donna disperatamente desiderosa di un figlio, a cui il destino sembra aver riservato un percorso arcano…. Aggiungeteci un bonus video…. In poche parole, insomma, gli A.C.T. urlano sottovoce il bisogno di essere, esprimersi, parlare per esistere, reso in note da cinque musicisti assolutamente eccellenti nei rispettivi strumenti, anche se ognuno meriterebbe una citazione: le chitarre sono dosate, dure e morbide quando serve, il drumming è semplicemente da applausi, non sentivo da tempo un batterista così versatile, i suoni di tastiere sono semplicemente perfetti, 80’s quando serve, spaziali à la Ayreon in altri momenti, il basso è una colonna dai mille intarsi, e la voce di Herman è sognante, liquida, caramellata e speziata quanto basta. Bello. Aggiungete a questo un suono d’insieme che spazia con la massima disinvoltura da Spock’s Beard a Pain of Salvation, Supertramp, Rush, Saga o Queen per certi arrangiamenti barocchi: da spellarsi le mani. Per non parlare, poi, della traccia video, che vede i nostri alle prese con “Landlord”, un pezzo emblematico della poliedrica mistura chiamata A.C.T. Avrete ormai capito dalle mie parole che si sta parlando di un lavoro decisamente sopra la media, ma di molto. Nella mia personale top ten del 2006, credo guarderà con disprezzo i dischi dal 5 in giù.

P.S. La voluta omissione di citazioni di questo o quel brano non è affatto casuale: ripeto, questo disco è una gemma. E di una gemma non può piacerti solo un faccia; è la luce, non la pietra, che fa un diamante.
Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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