Copertina 8,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2004
Durata:39 min.
Etichetta:EG

Tracklist

  1. ECHOES FROM THE HUMAN NIHIL
  2. FOREIGN LAND OF MINE
  3. SOLITUDE
  4. THE SOLDIER THE MAN THE DEAD
  5. VIEW FOR THE FEW
  6. THE FREE DANCER
  7. NOTHING EXPLODES
  8. DEATH & DESIRE

Line up

  • Marco Garegnani: vocals, guitars, bass, synth & drums

Voto medio utenti

A scanso di equivoci, prima di vedermi piombare addosso le accuse di raccomandazione e favoritismo che da sempre si insinuano nella nostra povera scena metal italiana, lo ammetto... Marco Garegnani - in arte Melkor - è un mio amico, che conosco da ben prima della pubblicazione di "Echoes Of Solitude" o del primo "Promo 2001". Per quanto possa essere poco utile, vi assicuro che il votone riservato a questo album è il risultato di un lavoro qualitativamente molto buono e che soprattutto, se confrontato con la precedente prova di Marco, mostra una crescita compositiva di assoluto rispetto che può solamente farci sperare positivamente nella prospettiva dei lavori futuri! Il termine di confronto è sempre il Conte, e questa sensazione viene amplificata quando già dall'opener "Echoes From The Human Nihil" capiamo che qualcosa è definitivamente cambiato: Marco ha voluto sperimentare con l'ambient così come tentò Varg ad un certo punto della sua carriera. Il risultato può dirsi veramente riuscito, grazie ad una sapiente scelta dei suoni e degli arrangiamenti, unita ad un songwriting che - a differenza di qualche opera del già citato Conte - non viene mai a stancare. "Foreign Land Of Mine" è la "Jesus Tod" dell'album: sporca, malsana, gelida nei suoi riff cadenzati. Non rinunciando a spingere sull'acceleratore quando necessario, il progetto Melkor non diventa mai confusione fine a sè stessa e questo favorisce il coinvolgimento anche nei momenti più tirati, come appunto la conclusione di "Foreign Land Of Mine", in cui Marco arriva addirittura a sfiorare gli eccessi dei Darkthrone. Fantastico l'arpeggio iniziale di "Solitude", unito a quelle ritmiche così marziali che mi hanno ricordato "Fjelltronen" di Satyr Wongraven, probabilmente uno dei pochi lavori completamente ambient che si possano definire riusciti del tutto. Non ci sono parole per descrivere le sensazioni suscitate da questo pezzo, che nel finale viene risvegliato da una distortissima chitarra e da ferali blast-beat. Tutte le restanti canzoni sono degne di nota, pur vivendo degli stessi elementi compositivi delle prime tre: in particolare vi segnalo "The Free Dancer", che già circolava nella rete da tempo e "Death & Desire" che chiude un pò à-la-Bathory uno dei lavori a cui sono più affezionato. La grande inventiva di Marco si specchia anche nelle tematiche e nei testi non banali, tutti orientati alla comprensione della solitudine che è insita nell'animo umano... sperando che invece l'astinenza da musica di Melkor sia più breve possibile.
CONTATTI:
Marco Garegnani
Via Rossini 1
20010 Bernate Ticino (MI)
heresnogod@hotmail.com
Recensione a cura di Alessandro 'Ripe' Riperi

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