Il Black metal si scrive con i fremiti del cuore nel suo rivolgersi all'occulto; con la nostalgia per il passato, i miti e le leggende; con il senso di appartenenza a qualcosa che trascende l'individuo, spinti dalla sete di sangue dei vampiri che, ancora oggi, si aggirano sotto forma di spettro per i castelli desolati del
Grande Nord… Un luogo non per forza di cose geografico, da cui l'arte oscura debba necessariamente fluire, bensì una sorta di vicinanza – passatemi la forzatura retorica – all'
Agartha (centro spirituale primordiale secondo il
Guénon) della Nera fiamma, la cui luce per emanazione investe oggetti ed esseri del mondo fenomenico in misura differente, secondo il grado di prossimità spirituale al Centro, da cui l’influenza discende. E nel caso del nuovo progetto solista di
Revenant (
Order of Nosferat, Sakrista, ex-Sarastus, ecc.ecc.),
Velmorth, il quale debutta in questi giorni di inizio Dicembre 2025 tramite la
Purity Through Fire, con il full-length
"Feral Dominion", la prossimità alla Luce del
Grande Nord si fa particolarmente intensa.
Otto tracce che parlano l'idioma della prima generazione (inerente alla seconda ondata) della
Sacra Fiamma scandinava anni '90 (tra cui
Gehenna e
Ragnarok) – com'è ormai consueto per tutti i complessi di questo artista – declinate, per essere precisi, perlopiù in chiave finlandese secondo i criteri della seconda stirpe –
Satanic Warmaster, Horna, Sargeist – e rivisitate in salsa tedesca: lo stesso
Sakrista probabilmente è il nome più vicino a quanto contenuto in
"Feral Dominion" – benché qui la qualità sia ben più elevata del suo ultimo LP – altresì, anche i riadattamenti "Epic" fatti da
Odal e
Negator negli anni 2000, possono rappresentare riferimenti a cui guardare.
È bello vedere come il vecchio canovaccio nero possa risultare ancora oggi convincente. Strutture rarefatte,
zanzarose al punto giusto, tremolo a lama di rasoio, hooks melodici in stile
Satyricon; synth di sottofondo che donano un tocco di mistero contribuendo alla tessitura di quel manto gelido tanto caro al Black, fino a sfociare in partiture Dungeon-synth sulla scia del
Conte, di
Mortiis ma anche del minimalismo spettrale del
Satyr di
"Fjelltronen" (1995).
Un bilanciamento continuo tra fasi d'atmosfera e assalti frontali, contraddistinto da un gusto armonico che rende affascinante e orecchiabile il disco in tutti i suoi 41 minuti.
Finalmente
Revenant, pur non proponendo niente di nuovo, riesce, dopo un po' di anni di adagiamento sugli allori, a dar vita a un'opera in grado di esprimere, nella maniera più spontanea e ispirata, la malia del Black metal in tutta la sua letalità.
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