Tra scioglimenti,
tour d’addio, pensionamenti e rimaneggiamenti vari (per non parlare di dipartite,
ahinoi, “definitive”), il 2025 non è stato particolarmente “rilassante” per la platea
rockofila.
In dirittura d’arrivo dell’anno, ad aggiungersi al cospicuo elenco, arriva la notizia che questo “
Dancing with the devil” sarà il canto del cigno del
Lynch Mob, tra l’altro nati a fronte di un’altra cessazione artistica (allora temporanea) eccellente, quella dei fondamentali Dokken.
Ora, affrontare l’ultimo capitolo discografico della
band del favoloso
George Lynch senza “scorie” malinconiche, almeno per chi la segue dagli esordi, è pressoché impossibile, anche perché il precedente “
Babylon”, realizzato con la medesima
line-up, aveva destato impressioni più che positive, lasciando ipotizzare un intrigante “nuovo corso” del gruppo.
Concentrandosi, dunque, sui contenuti dell’opera, diciamo che tutte le suddette
good vibration sono confermate da una raccolta di buonissime canzoni, governate dalla chitarra fremente (e non ridondante) di
Lynch e dalla voce pungente di
Gabriel Colon.
Una
title-track dai bordi taglienti e
sleazy inaugura la scaletta di “
Dancing with the devil”, un albo che sa trattare la materia
hard-rock blues in maniera “matura”, come accade in “
Pictures of the dead”, o impegnarsi in commistioni stilistiche abbastanza efficaci, rilevabili in “
Saints and sinners”, intrisa di aggressività
metallica e di suggestioni
grunge.
Il
groove denso e psichedelico di “
Lift up your soul” e le pulsazioni massicce di “
Machine bone” avvalorano una certa vicinanza alle celebri istanze dell’
hard-rock “moderno”, mentre le torride scosse
blues di “
Love in denial” assecondano i gusti degli astanti maggiormente legati alla “tradizione” del genere.
“
Follow me down” ha il
refrain più orecchiabile del disco, ma nel complesso sconta qualche piccola sfocatura armonica, e se “
Golden mirror” è un suggestivo strumentale ricco di inebrianti effluvi esotici, la morbosa “
Sea of stones” e le spirali avvolgenti di "
The stranger” conducono l’astante in un clima sonoro decisamente meno rassicurante, in cui a dominare la scena sono inquietanti foschie
Ozzy / Sabbath-
iane.
Lungo un registro ancora una volta di natura
hard-psych si sviluppa, infine, anche la
bonus track riservata all’edizione europea di “
Dancing with the devil”, intitolata “
Somewhere” e da considerare un
addendum degno del considerevole valore complessivo del disco.
Consapevoli che spesso i musicisti sono anche simpatici “bugiardi” e che altrettanto di frequente cambiano idea, non rimane che augurarsi che questa non sia “davvero” la fine della parabola professionale dei
Lynch Mob, capaci di offrire, anche nel travagliato
rockrama del 2025, una dimostrazione di apprezzabile salute artistica.