Copertina 7

Info

Anno di uscita:2021
Durata:45 min.
Etichetta:Nuclear Blast

Tracklist

  1. DRILLED TO KILL
  2. DON´T DIE ON ME NOW
  3. KNIGHT OF THE DEAD
  4. AFTER THE RAIN
  5. DEVIL'S DAUGHTER
  6. SAIL THE DARKNESS
  7. THE QUEEN OF THORNS AND ROSES
  8. COME ON OVER
  9. SANGRIA MORTE
  10. IN SEARCH OF THE PEACE OF MIND

Line up

  • Michael Schenker: guitar, vocals
  • Ronnie Romero: vocals
  • Ralf Scheepers: vocals
  • Joe Lynn Turner: vocals
  • Michael Voss: vocals
  • Barry Sparks: bass
  • Steve Mann: guitar, keyboard
  • Bodo Schopf: drums
  • Simon Phillips: drums
  • Brian Tichy: drums
  • Gary Barden: guest on vocals
  • Robin McAuley: guest on vocals
  • Doogie White: guest on vocals
  • Derek Sherinian: guest on keyboards

Voto medio utenti

Per questo suo nuovo albo Michael Schenker ha abbandonato il suffisso “Fest” per recuperare lo storico “Group” e ciò nonostante rimangono intatte le connotazioni tipiche della “festa”, i cui invitati sono un manipolo di cantanti e musicisti di comprovato valore.
Tutta gente che non ha bisogno di presentazioni come Bodo Schopf, Brian Tichy, Simon Phillips, Barry Sparks e Derek Sherinian, impegnati a garantire il prezioso apporto esecutivo, mentre a Ronnie Romero, Ralf Scheepers, Joe Lynn Turner, Michael Voss, Gary Barden, Robin McAuley e Doogie White è affidata una “gestione microfonica” piuttosto ben calibrata a seconda delle diverse soluzioni espressive percorse.
Ed ecco che se da una parte è apprezzabile la discreta varietà dei temi, la presenza di tanti cantanti finisce per rendere un po’ “dispersivo” l’ascolto del disco, pur senza inficiarne in maniera invalidante l’efficacia complessiva.
Per chi è un “vecchio” estimatore del chitarrista nibelungo, e ha indelebilmente scolpito nel cuore e nella memoria le sue migliori prestazioni, ritrovarlo così rigenerato e disinvolto, con le nevrosi e le angosce che hanno caratterizzato la sua carriera apparentemente debellate, non può che essere una grande notizia.
Evidentemente Michael ha metabolizzato del tutto il fatto di non dover dimostrare niente a nessuno e il suo stile tecnicamente impeccabile e carismatico, così attento alla seduzione armonica, è ancora una volta la “carta vincente” di “Immortal”, sia che si tratti di sostenere le trame maggiormente heavy e sia nei frangenti in cui è la melodia a prendere il sopravvento.
Il passo da panzer dell’atto di apertura denominato “Drilled to kill” (qualcosa tra Accept, Judas Priest e Deep Purple, complici anche le tastiere di Derek Sherinian) è perfetto per l’ugola rapace di Ralf Scheepers, ma qualora l’idea di un guitar-hero al servizio della “forma canzone” fomenti la vostra sensibilità di rockofili, “Don´t die on me now” rappresenta la prima scossa del programma, propagata attraverso i registri (un po’ abulici, invero) di Joe Lynn Turner e istigata da un formidabile generatore sonico chiamato Rainbow.
Ronnie Romero contribuisce ad alimentare ulteriormente tale suggestione, e se “Knight of the dead” e “Come on over” sono ottimi esempi di trascrizione dell’Arcobaleno versione R. J. Dio, è “Sail the darkness“ a “impressionare” a fondo tutti gli estimatori di un gruppo e di un vocalist davvero “immortali”.
Con “After the rain” (cantata da Michael Voss) è invece il retaggio Scorpions-esco, tanto per non allontanarsi dai monumenti del settore, a emergere nitido, il rock n’ roll bollente “Devil's daughter“ (Scheepers al microfono) piacerà ai fans del MSG targato Graham Bonnet e “The queen of thorns and roses” rende un intrigante tributo all’hard melodico dei seventies.
Peccato, a questo punto, che il preludio all’ultima “botta emotiva” dell’opera sia la struttura musicale eccessivamente ripetitiva di “Sangria morte”, ma è anche vero che quando le note estatiche di “In search of the peace of mind” conquistano il proscenio, abilmente interpretate da Romero, Barden, McAuley e White, qualunque confronto rischia di diventare veramente arduo, celebrando come merita quel "Lonesome crow" per molto tempo considerato solo un “corpo estraneo” nella discografia degli Scorpioni teutonici.
Che “Il rock non morirà mai” il MSG ne era già convinto nel lontano 1984 e se anche per voi questa è una delle poche certezze dei nostri folli tempi, “Immortal” è un bel modo per festeggiare con il mitico Michael i cinquant’anni di una parabola artistica ancora capace di riservare parecchie buone vibrazioni.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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