Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2018
Durata:53 min.
Etichetta:AOR Heaven

Tracklist

  1. ON THE RUN
  2. ALIVE
  3. DANGEROUS
  4. ON MY SHOULDER
  5. RAINBOW WARRIOR
  6. THE FIRE INSIDE
  7. ADVENTURELAND
  8. MORAL DECAY
  9. MY OWN WORST ENEMY
  10. LOST IN MYSELF
  11. WE ARE BACK
  12. SIXTEEN YEARS
  13. MORE THAN A THOUSAND CHARADES

Line up

  • Christoffer Borg: vocals, guitars, bass, synth
  • Felix Borg: drums, bass, guitars, synth

Voto medio utenti

Secondo albo per i Taste, che non hanno nulla a che vedere con gli omonimi blues-rockers irlandesi del fenomenale (e “criminalmente” sottovalutato) Rory Gallagher, sono svedesi e propongono un AOR tastieristico molto ottantiano e “cinematografico”, intriso di un certo buon gusto espositivo e di un cristallino rigore sonoro.
Moral decay” non è esattamente un disco “imperdibile”, eppure è senz’altro consigliabile a chi, per esempio, nei tempi recenti ha apprezzato Diamond Dawn, Wigelius e Art Nation (con cui i fratelli Borg hanno pure collaborato) o, volendo risalire a ritroso la “storia” del rock melodico scandinavo, riserva un posto speciale a Europe, Alien e Bad Habit nel proprio cuore di musicofilo.
Composizioni un po’ “plastificate” e un pizzico di superficialità emozionale non consentono alla raccolta di conquistare irrimediabilmente i sensi degli estimatori del genere, e ciononostante “Alive”, “Dangerous”, "Rainbow warrior”, “The fire inside”, “We are back” e la ballatona "On my shoulder” costituiscono un ascolto sicuramente assai gradevole e ricreativo, conducendo l’astante appassionato in un suggestivo clima di “nostalgica spensieratezza”.
Altrove, come anticipato, l’effetto “epidermico” sembra prendere il sopravvento, smorzando il potenziale anthemico dei pezzi ("Adventureland”) e rendendo i tentativi d’indurimento dei suoni ("My own worst enemy”) esercizi di stile abbastanza banali e artefatti.
Così, se la title-track dell’opera si colloca a metà strada tra pacchianeria e seduzione, tocca a “Lost in myself” documentare in maniera esplicita che nel bagaglio artistico del duo nordico c’è anche tanto pop-rock (“roba” alla A-Ha, tanto per fornire un’idea di massima della situazione…) e dimostrare che tale approccio, pur rischiando di allontanare l’audience più hard-oriented, può riservare notevoli soddisfazioni.
I Taste di “Moral decay” non deludono i loro fans, ma per quanto mi riguarda continuano a galleggiare nell’affollato limbo dei “gregari”, bravi, competenti e privi di una vera e consistente forma di leadership espressiva.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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