Secondo
album per
Cassidy Paris, che, francamente, con il suo debutto “
New sensation”, non aveva catalizzato in modo particolare il mio interesse di
rockofilo.
È stato sufficiente, invece, un solo un ascolto di questo “
Bittersweet” per rilevare come la mistura di
pop /
hard melodico propugnata dalla brava
vocalist australiana sia diventata più intrigante e incisiva, attrezzata per “sfidare” sul loro terreno preferito “gente” come Halestorm, The Pretty Reckless e
Avril Lavigne.
Con il contributo alla composizione di
Paul Laine (Danger Danger, The Defiants) e
Steve Brown (Trixter, Tokyo Motor Fist), l’opera mette a fuoco le notevoli capacità interpretative di
Cassidy (ispirata da icone del calibro di
Pat Benatar e
Joan Jett) e le affida ad una raccolta di canzoni sotto il profilo stilistico in equilibrio tra suggestioni
ottantiane e tentazioni “moderne”, mettendo nel mirino in maniera piuttosto efficace le attuali pertinenze “radiofoniche” (un po’ dimesse, invero …) del
rock n’ roll.
Qualche piccolo “scivolone” in terreni vagamente
kitsch (l’
anthem viziosetto “
Give me your love”, alla fine comunque abbastanza contagioso) e melodicamente un po’ apatici (“
Undecided”, “
Brand new day”) non sviliscono il valore complessivo di un albo che ostenta una sensibilità
power-pop di apprezzabile qualità (“
Butterfly”, “
Finish what we started”, "
Wannabe” e “
Turn around and kiss me”) e buone capacità di adulazione in ambiti espressivi d’ispirazione maggiormente “classica” (“
Stronger”, “
Nothing left to lose”, “
Getting better”, "
Sucker for your love”), dimostrando di saper integrare il tutto con sapienti dosi di vivace passionalità (il tocco
rootsy di “
Can’t let go”, che piacerà agli estimatori di
Shania Twain, l’eccellente “
Is anybody out there”, con un pizzico di
Bonnie Tyler inserito nell’impasto sonico).
La “contesa” tutta australiana con la compagna di etichetta
Leah Martin-Brown risulta così vinta da
Cassidy Paris, capace, con il suo “
Bittersweet”, d’intraprendere un percorso artistico promettente, che si rivolge senza eccessive e artificiose compiacenze ad una platea di ascoltatori potenzialmente ampia ed eterogenea.
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