Avevo lasciato i
Feanor nel 2021 con la pubblicazione doppia dell'EP 'Boundless I Am Free' e, fino a quel momento, dell'ultimo lavoro in studio 'Power Of The Chosen One'. Due lavori che, almeno personalmente, non mi avevano granchè colpito, e che pur mostrando un'energia e passione decisamente presente, non spiccavano, e che sono finiti molto presto nel dimenticatoio fra i tanti. Nel vedere però il nome della band argentina tra le release di questi mesi autunali/invernali, ho deciso di dare una chance a questo nuovo
'Hellhammer'. Prima fra tutti, un decisivo cambio di lineup dove a rimanere stabili sono i due membri originali, ossia
Gustavo Acosta al basso e
Emiliano Wachs alla batteria, mentre per il resto c'è stato un totale rinnovamento, e da segnalare sopratutto il reclutamento di
E.V. Martel alla chitarra, conosciuto probabilmente ai più per essere subentrato nei Manowar al posto di Karl Logan dopo lo scandalo legato a quest'ultimo che scoppiò nel 2018. Non che il buon Martel sia stato un apporto significativo nella band statunitense per il breve periodo nel quale è stato presente, vuoi anche per la presenza e i dettami di un certo Joey DeMaio, ma certamente la curiosità di vedere di cosa sarebbe stato finalmente capace in una band meno "autoritaria" era abbastanza. Secondo, ma non meno importante, il cambio di etichetta alla
No Remors Records, etichetta che si è fatta un nome di rilievo nella scena metal classica assieme ad altre come High Roller o Dying Victims.
E quindi, questo
'Hellhammer'? Beh, senza sbilanciarmi troppo, c'è da dire che i
Feanor sembrano essere letteralmente rinati! Ovviamente non stiamo parlando nè di capolavoro e nè di top album, ma qui la qualità è tanta e, a discapito di qualche naturale riempitivo come l'evitabile
'Maglor the Singer' o la scontata
'Houses of Fire', il resto del disco viaggia su coordinate heavy/power metal davvero ben fatte. Si passa dalla melodica e quasi happy 'Bad Decisions' alla Titletrack, cadenzata e battagliera nel suo incedere, a
'H.M.J' con il suo ritornello azzeccatissimo (e che sembra citare spudoratamente i Running Wild con i cannoni che si sentono su 'Under Jolly Roger'). Il cantante
Micke Stark, pur non raggiungendo vette di carisma, riesce a portare la pagnotta a casa grazie a un'energia invidiabile nel cantare pezzi come
'Sirens Of Death', o nella lunga
'The Ballad of Beren and Luthien', quasi teatrale nei suoi nove minuti di durata, ma per nulla grottesca come spesso capita su canzoni di questo tipo, o noiosa. Parlavo di
Martel, ed effettivamente pur non mostrando chissà che maestria nella chitarra, si trova decisamente più a suo agio rispetto ai Manowar, dove i riff emergono prepotentemente (
'This One's For You'), e non sono messi in secondo piano rispetto ad altri strumenti.
Dopo un periodo abbastanza buio, o mediocre che dir si voglia, sembra quindi che i
Feanor siano letteralmente rinati, e senza far scoppiare grandi fuochi di artificio,
'Hellhammer' riesce ad assolvere il suo compito molto bene, e speriamo che questo trend positivo continui. Non cambierà la vita, ma dischi di heavy metal così ogni tanto possono solo che far bene al cuore.
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