Fra le uscite più significative dell’anno nel panorama Black metal italiano si colloca il debutto omonimo dei
Feruch, pubblicato originariamente da
Dolomia Nera in edizione vinile limitata e ora riproposto in CD da
Masked Dead Records e
Sulphur Music, con un nuovo artwork e due versioni — una standard e una speciale, arricchita da dettagli artigianali che ne sottolineano la cura estetica e l’attenzione alla materia.
Il gruppo, guidato dal fondatore
Fulgur Summa, si inserisce idealmente nel solco di una tradizione che congiunge la fiamma nera nordica di
Djevel e
Taake alla scuola italiana di
Beatrik,
Strix,
Tenebrae In Perpetuum e
Spite Extreme Wing, elaborando però una propria cifra espressiva che i membri stessi definiscono
Dolomitic Black Metal: una musica densa, avvolta da un senso tellurico e sacrale, radicata nelle leggende e nell’oscurità delle Dolomiti, nei retaggi pagani e nel culto degli antenati.
È il guitarwork a fare da padrone, strutturato sulle linee gelide e oscure della tradizione scandinava, dove di frequente i riff diventano talmente monocordi ed essenziali da far quasi sembrare le chitarre dei sintetizzatori (in ciò ricordano davvero molto gli
Spite di
"Non Dvcor, Dvco" – 2004). Delle maglie di ghiaccio su cui si stagliano blast beat potentissimi e linee vocali in lingua madre, malvagie ed evocative, facilmente distinguibili come di rado accade: non sempre in ambito estremo questa scelta paga, tuttavia in questo caso l'operazione risulta davvero riuscita, consentendo di comprendere nei dettagli i testi dal taglio esoterico, soprattutto se – come me – si è appassionati dell'argomento.
Ogni brano possiede una sua identità ben precisa – anche qui la lingua madre ben scandita si riconferma una scelta vincente – e
"Feruch" (catena montuosa che fa parte dei Monti del Sole, nelle Dolomiti Bellunesi) scorre via in un soffio, annichilendo qualunque cosa gli si pari davanti; incantando con il pathos mistico delle tradizioni montanare; ammaliando con la sua poetica e avvolgendo con alcune situazioni d'ambiente tanto minimali quanto calzanti.
Un inno alla montagna intesa non come semplice paesaggio, bensì come dimora del numinoso, luogo dove il gelo diventa simbolo di purezza e resistenza; dove il soffio del vento, disperdendosi nel silenzio freddo, rivela il vero volto del Sacro.
Dolomitic Mysticism Black Metal.
P.S. Segnalo che il disco è stato masterizzato dal grande
Atratus (
Tenebrae In Perpetuum, Beatrik).
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?