Francamente prima di questa ristampa curata dalla
Metalville, non conoscevo “
Sweetlife”.
Eppure mi ritengo un grande estimatore degli
Sweet, in particolare del periodo sfacciatamente
glam, ma anche della loro versione più orientata all’
hard /
pomp rock.
Evidentemente nel 2002, quando uscì in origine quest’
album, ero “distratto” da sonorità diverse e da tante altre formazioni emergenti, non confidando nelle qualità di questi veterani britannici del settore.
Un errore, perché la
band, coagulata attorno all’irriducibile
Andy Scott, si dimostrava capace di produrre musica molto accattivante, in cui l’atavico approccio
glitterato di stemperava lungo traiettorie sonore diversificate, tra squarci
proto-metal e suggestioni di natura
adulta.
Insomma, se, per esempio, vi piacciono i Cats In Space (tra l’altro in questa versione degli
Sweet trovate proprio
Jeff Brown, ex membro dei
Gatti nello Spazio …) e anche voi avete colpevolmente trascurato questo pregevole dischetto, il mio consiglio è di recuperarlo prontamente, allo scopo di approfondire la “storia” di questi suoni e al tempo stesso di goderne in maniera piuttosto appagante.
Si comincia con una
title-track dalle raffinate coloriture
blues e si prosegue con una “
Do it all over again” (qui presente anche con un
mix differente) che punta sulla melodia spigliata e sulle tipiche armonie vocali corali per conquistare tutti i
fans del gruppo.
Le influenze
AOR (qualcosa tra FM e Foreigner) si fanno più pressanti nelle pulsazioni notturne di “
Everything”, mentre con “
Leap of faith” il clima sonico diventa più “eterogeneo”, tra chiaroscuri elettroacustici, sequenze pianistiche e atmosfere vagamente assimilabili a certi The Who.
Una forma d’ibridazione che ritroviamo pure nella melodrammatica “
You're crazy”, seguita da una “
Never say forever” che piacerà pure ai cultori di Toto e Jefferson Starship e da una “
Airheads” che invece riporta i nostri al periodo in cui condividevano la scena con
David Bowie e Mott the Hoople.
Nelle estrosità sfarzose di “
So far so good” emerge nuovamente l’influsso
Bowie-esco, così come in “
Everybody wants to” e “
Neon psychedelia”, con i loro
riff metallici e le velleità
anthemiche, gli
Sweet sembrano quasi voler gettare un “guanto di sfida” ai Kiss e a tutte quelle formazioni che hanno irrobustito con enorme successo i dogmi del
glam-rock.
Lo strumentale “
Sweetlife overunderture” aggiunge un trascurabile apporto barocco e sinfonico ad un albo che merita di essere riscoperto, o, ancor di più, “scoperto”, qualora ve lo siate perso per sconsiderata sventatezza o insensata sfiducia nei confronti di questi inossidabili e valorosi frequentatori (ancora oggi) del
rockrama internazionale.
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