Gli inglesi
Wode sono un gruppo che, nel corso degli anni, ha saputo evolversi passando da una proposta più classicamente Black Metal di inizio carriera, parliamo dell'omonimo esordio del 2016, ad una "nuova" forma espressiva che trova compimento nel nuovo
"Uncrossing the Keys", un album, il quarto del gruppo, difficilmente etichettabile poiché ricco di umori e sfaccettature diverse.
La base dalla quale muove il songwriting resta il Black Metal, declinato, a mio avviso, più in chiave greca che nordica, ma lo sviluppo architetturale dell'album ingloba ampie dosi di metal classico, di matrice occulta (mi verrebbe da segnalare il nome dei Tribulation), fughe in territori goth che richiamano Tiamat o Paradise Lost, e una attenzione maniacale alla melodia, sempre oscura, che permea tutto il lavoro allontanandolo, con decisione, dai lidi classici del metal estremo rendendolo, quindi, adatto ad un pubblico più vasto.
Quanto appena detto non vuol dire che gli
Wode abbiano rinunciato alla aggressività o si siano commercializzati: anzi, il loro "spericolato" mix di influenze diverse li rende personali ma anche non facili da ascoltare poichè
"Uncrossing the Keys" è talmente eterogeneo da spiazzare, fermo restando che occultismo e tenebre aleggiano su ogni nota dando, in ogni caso, un senso di coerenza ad una proposta che, in superficie, di coerenza sembra averne poca.
Il mio consiglio, forse demodè visti i tempi, è quello di dare prima un ascolto ai nostri e poi, con calma, decidere se questa musica intricata, melodica e dal sapore di tempi andati possa fare al vostro caso.
Per quanto mi riguarda, nei momenti di malinconia, un lavoro del genere potrà essere ospite del mio lettore.
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