Ma che bella sorpresa!
Dopo il discreto debutto di un paio d’anni fa, i tedeschi
Sintage, provenienti da Lipsia, compiono un deciso passo in avanti con questo secondo sigillo discografico, intitolato
Unbound Triumph e uscito per la
High Roller Records, divenuta ormai una certezza nel settore del metallo tradizionale, grazie alla sua abilità nello scovare e nel lanciare realtà sconosciute ma, altrettanto interessanti, dell’underground teutonico (chi ha detto
Kerrigan?)
La band, rispetto all’esordio
Paralyzing Chains, opta saggiamente per un ispessimento del proprio song-writing, concretizzatosi tramite l’introduzione in pianta stabile di una seconda chitarra (ad opera di
Chili) che affianca quella di
Julez (all’anagrafe
Julian Lichtenheld, già chitarrista dei promettentissimi
Morbyda); ne esce cosi, un disco inevitabilmente più incisivo, per merito anche della voce pungente di
Randy e della tenacia, in fase ritmica, di
Marcus (basso) e
André (batteria).
Unbound Triumph ci propone, da subito, una vera e propria sferzata di energia purissima, rivelandosi un album graffiante, genuino e, pur essendo abbastanza diretto, molto variegato e più complesso di quanto possa sembrare ad un primo superficiale ascolto.
Partendo da un sound di base, dalle evidenti venature heavy-speed, tipicamente "ottantiane" (emblematica, a tal proposito, la doppietta iniziale
Ramming Speed-Cutting The Stars, ma anche la conclusiva
One With The Wind), il muro di suono dei
Sintage si propaga poi in direzioni differenti, matenendo sempre costante la propria musicalità e muovendosi tra diversi territori; strizzando vistosamente l’occhio, tanto al rock di stampo melodico (
Electric Walls, Beyond, Beyond The Thunderdome), quanto al power (
Blood Upon The Stage), senza disdegnare qualche passaggio più maligno, merito indubbiamente della formazione di
Julez, vicino a territori thrash (
Prisoned By The Dark).
Volete cercare proprio il classico pelo nell’uovo?
E va bene; allora diciamo che
Silent Tears, per essere una ballad, non brilla per profondità emotiva, ma, sul finale, le chitarre ci regalano un’inaspettata e piacevole impennata dal sapore folk-power, che aumenta decisamente il livello qualitativo.
Altri difetti? Difficile trovarne.
Certamente, i
Sintage non spiccano per originalità (d'altronde, quale band nel 2025, peraltro in questo sottogenere, lo fa?), ma con
Unbound Triumph ci regalano un lavoro sentito, sorprendentemente fresco, assolutamente convincente e, talmente intenso, che sembra trasudare passione da tutti i pori metallici!
Insomma, un vero e proprio TRIONFO, senza se e senza ma.