A distanza di 4 anni da quel piccolo gioiello che fu, a mio modesto parere,
V-Preparatus Supervivet, tornano gli svedesoni
Insania, alfieri, tra i più rappresentativi e longevi, del power melodico scandinavo (nonché, uno dei miei gruppi preferiti in questo sottogenere, con il quale sono “cresciuto” da quel meraviglioso
Sunrise In Riverland che, solo a nominarlo...scusatemi ma, non ce la faccio...troppi ricordi).
The Great Apocalypse, uscito sempre per
Frontiers Records, conferma l’ottimo stato di salute della band di Stoccolma, che si riflette attraverso un lavoro caratterizzato da grondante musicalità, da liriche che, grazie alla voce del sempreverde
Ola Halén, raggiungono vette dalle tonalità inarrivabili per noi comuni mortali, da un inconfondibile lavoro di doppia cassa, svolto dall’inesauribile
Mikko Korsbäck, ma soprattutto, dall’ecclettismo alla chitarra del funambolico
Nicklas Dahlin, il quale, rimasto orfano dello storico collega Peter Östros, dopo il recente split, dimostra comunque di sapersela cavare, più che egregiamente, anche da solo.
In realtà, a essere sinceri, l’album non parte proprio benissimo.
Infatti, a dispetto dell’ineccepibilità della sfera tecnico-strumentale (vero e proprio punto di forza di questo lavoro), alcuni refrains delle prime tracce non convincono completamente, prestando eccessivamente il fianco a trame melodiche stucchevoli e scontate; è questo il caso della opener
The Trinity, in cui fa la sua comparsa, come special guest, Tommy Johansson (Graz, chiedo umilmente perdono per ciò che ho scritto), ma anche della successiva
Indestructible.
Fortunatamente però, è solo un falso allarme.
La classe innata, la creatività e, non ultimo, il cuore pulsante degli
Insania, sono sempre gli stessi degli esordi e, alla lunga, finiscono inevitabilmente per emergere, in maniera prepotente, generando brani decisamente più efficaci, potenti ed anche epici. Ascoltate la ficcante
No One’s Hero, la seducente
Afterlife (brano a metà strada, tra vecchio e nuovo, ovvero tra
Helloween e
Majestica), la teatrale
Revolution, l’agrodolce
The Prophesier, l’impetuosa (e stupenda)
Fire From Above, arricchita dall’assolo di tastiera del “nostro” Andrea Atzori (già negli interessantissimi
Tales And Legends) oppure ancora,
Underneath Eye e la conclusiva title-track, brani intensi, avvolti da un’aura magica, che sembra riportare l’ascoltatore indietro nel tempo, laddove tutto ebbe inizio, ovvero nelle incantate e incontaminate atmosfere degli anni 90, epoca in cui il power dominava incotrastato all'interno del panorama metallico.
Come dite? Talvolta si avverte quella sensazione di già sentito?
Certo, ci mancherebbe, avete pienamente ragione, ma sono pur sempre sonorità collegate a quella tradizione che gli stessi
Insania, insieme ad una miriade di altre bands, hanno contribuito a forgiare e diffondere, dunque, per assurdo, si tratta di elementi più originali di quanto possa sembrare, comunque appartenenti al DNA degli svedesi.
Alla fine,
The Great Apocalypse, seppur con qualche piccola imperfezione iniziale, si rivela un album brillante ed emozionante, assolutamente degno di far parte della gloriosa discografia degli
Insania che, a distanza tutti questi anni, riescono ancora a trasmettere lo stesso entusiasmo di un tempo, nonostante l’impietoso incedere del tempo.
Che si può dire a una band di tale grandezza, se non un enorme GRAZIE, anzi....TACK SÅ MICKET INSANIA!