È un ritorno con poche sorprese quello dei
Magic Pie, che provano a impreziosire l’introduttiva
“The Missing Chord” con orchestrazioni sontuose che di fatto servono solo a nobilitare un rock progressivo egregiamente strutturato e suonato ispirato a istituzioni quali Transatlantic e Spock’s Beard.
La successiva
“By The Smoker’s Pole” è una ballad elegante ma non particolarmente incisiva a cavallo tra Deep Purple Mark IV e Uriah Heep, mentre
“Name It To Tame It” rasenta il plagio (ascoltate
“The Conflict” di Neal Morse che poi ne riparliamo).
Gli echi pinkfloydiani di
“Kiddo…” sfociano in tracce grintose del calibro di
“Someone Else’s Wannabe” ed
“Everyday Hero”, che mi hanno ricordato i Presto Ballet delle origini, prima della conclusiva e inconsueta
“Maestro”, efficace nella sua gloriosa linearità.
Ma qualche piccolo rischio mai?
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