Copertina 6

Info

Demo
Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2006
Durata:30 min.

Tracklist

  1. HISTORY (OF A NAME)
  2. THE SIDEWINDERS'S SWING
  3. REBIRTH
  4. M'HELLANCHOLY
  5. FINGERING YOUR ASSHOLE

Line up

  • Jacopo Zacchia: lead, rhythm guitar, acoustic guitar, background vocals
  • Giacomo Caleffi: lead, rhythm guitar
  • Gabriele Grespan: bass
  • Marco Gagliardi: drums
  • Marco Vantini: vocals, background vocals

Voto medio utenti

Con il nome leggermente impegnativo di Picture of a Thousand Worlds, si affaccia dai sotterranei della scena hard ‘n’ heavy italica questo simpatico (carina, anche se non originalissima, l’idea di rappresentarvi sulla cover interna del demo, con delle divertenti fattezze cartoon-istiche) quintetto mantovano, il quale assegna proprio a tale monicker (l’Immagine di Mille Mondi) la propria volontà di “… non volersi focalizzare su un preciso genere, espandendosi piuttosto a tutto ciò che si può intendere hard rock di un certo livello …” (con riferimento alla biografia della band).
L’intento è sicuramente lodevole, ma per raggiungere un obiettivo così ambizioso e fare in modo che tale pluralità si traduca in “coerenza” e non sia considerata solo “indecisione”, credo siano necessari almeno quattro elementi fondamentali: preparazione tecnica, affiatamento esecutivo, ricco e variegato “vocabolario” musicale e idee molto chiare.
Cominciando a passare in rassegna i punti sopraccitati, diciamo subito che i POTW, nelle cinque canzoni che compongono il dischetto, dimostrano immediatamente un’abilità strumentale di buon livello, soprattutto nelle doti “estetiche” delle chitarre del duo Jacopo Zacchia / Giacomo Caleffi e nella pulsante e sufficientemente fantasiosa “puntualità” del bass player Gabriele Grespan, così come l’amalgama collettiva, nonostante i passati cambi di line-up, mi sembra assestarsi, a parte qualche marginale incertezza, su standard più che apprezzabili.
Se analizziamo, poi, le due prime tracce del Cd, possiamo abbastanza tranquillamente affermare che anche la proprietà e la varietà di “linguaggio” è una dote da poter ascrivere ai nostri lombardi; la gradevole vivacità hard-rock dell’opener “History (of a name)” (bello, pur nella sua “familiarità”, il break basso-batteria) e ancor di più la gustosa volubilità dello strumentale “The sidewinders’s swing”, che coagula al suo interno contemporaneamente hard, blues, fusion e rock ‘n’ roll, sono segni piuttosto confortanti di un glossario prodigo di “fraseologie” e abbastanza “forbito” nei termini.
Con il terzo pezzo, “Rebirth”, viene affrontata la materia heavy metal e seppure il risultato sia sostanzialmente piacevole all’orecchio, con le sue enfatiche progressioni, la song non appare perfettamente coordinata e disattende pure un po’ l’inventiva intravista nei brani precedenti, mentre con “Fingering your asshole”, una discreta cavalcata devota al “potere metallico”, in cui si sceglie ancora una volta di fare a meno del supporto vocale, si chiude con fin troppo formalismo il 5-tracks dimostrativo.
Tra i due numeri appena descritti, si colloca la deboluccia “M’hellancholy”, un tentativo non troppo riuscito di abbassamento dei toni, con un clima “soft” poco ispirato, nonostante i vaghi sentori Floydiani del pre-finale.
Giudicando, nonostante qualche fastidioso squilibrio (ne risulta penalizzato principalmente il suono della batteria, che appare talvolta eccessivamente “secco” e prevalente), la resa sonora con una sufficienza piena, è tempo di trattare l’ultimo degli aspetti che ho identificato come basilari per il raggiungimento del target prefissato: quello relativo alla nitidezza della “visione” complessiva.
Da questo punto di vista mi sembra proprio di riscontrare un po’ di “astigmatismo” e anche, forse, un certo “timore” nell’allontanarsi da territori assai “confortevoli” o quantomeno la tendenza a non smettere del tutto di frequentarli per una sorta di residua forma di “cocooning” stilistico.
Peccato, perché la vitalità dei momenti migliori mi aveva fatto sperare di avere a che fare con un gruppo davvero capace di stagliarsi dalla “massa” … così, invece bisogna parlare ancora una volta di una formazione dalle interessanti potenzialità, ma che dovrà decidere se lavorare poco per essere “una delle tante” oppure impegnarsi soltanto un po’ di più, seguendo quell’istinto creativo che a volte scintilla dalle sue composizioni, per poter davvero arrivare a compiere un sostanzioso salto di qualità.
Ovviamente, anche se maggiormente “rischiosa”, mi auspico che sia la seconda delle opzioni ad essere la prescelta e che il successore di questo Ep possa già evidenziare un passo avanti in questa direzione. Alla prossima ragazzi!

Contatti: Email: info@potw.it – Web Site: www.potw.it
Recensione a cura di Marco Aimasso

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