Copertina 6,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2023
Durata:30 min.
Etichetta:El Puerto Records
Distribuzione:Kontor New Media / Edel

Tracklist

  1. SOUND OF HOPE
  2. ALIVE
  3. GHOST
  4. MY NAME
  5. DIAMOND
  6. VALLEY OF THE DAMNED
  7. END OF THE ROAD

Line up

  • Roman Beselt: vocals
  • Wayne Beselt: guitars
  • H. Beselt: drums
  • Marc Maurer: bass

Voto medio utenti

La narrativa del rock n’ roll è ricca di vicende familiari, con particolare risalto per le “fratellanze”.
Van Halen, Oasis, The Black Crowes, AC/DC, Sepultura, … sono solo i primi esempi che mi vengono in mente di coppie di fratelli impegnati nelle medesime compagini musicali, mentre per avvicinarsi al profilo dei teutonici Sons Of Sounds, bisogna tirare in ballo i miei adorati Mama's Boys o i Kings of Leon.
Eh già, perché i promotori di questa formazione sono i tre fratelli Beselt, impegnati fin dall’infanzia a condividere una bruciante passione per l’hard n’ heavy, tanto da giungere oggi, con il supporto di Marc Maurer (considerato a tutti gli effetti un membro “adottivo” della famiglia), al loro settimo full-length.
Seven”, questo il didascalico titolo dell’opera (e sette sono anche i brani che la compongono), offre una trentina di minuti di musica intrisa del tipico power tedesco, a cui però la band decide di applicare alcune interessanti variazioni soniche, atte a rendere la proposta meno prevedibile.
Nulla che possa consentire di conferire al disco un premio all’innovazione, ma comunque piace, ad esempio, come i Sons Of Sounds trattano la materia nell’opener denominata “Sound of hope”, una melodicamente intrigante disquisizione sonora dipanata su dogmi espressivi tipicamente Helloween-iani.
Il vocalist Roman si dimostra un valido emulo di Andi Deris e Tobias Sammet anche nella successiva “Alive” (che in realtà inizia come un po’ come una versione da Octoberfest di “Smooth criminal” …), altra gradevole divagazione (compreso un break quasi reggae) su temi noti, mentre con “Ghost” lo scenario diventa più oscuro e melodrammatico, rivelando le capacità della band di variare con disinvoltura ed efficacia il proprio schema espressivo.
A conferma di quanto appena affermato ecco che “My name” si avventura con esiti molto positivi in irrequieti terreni prog n’ metal n’ blues e “Diamond” sforna addirittura un arrangiamento teatrale tra Alice Cooper e Avantasia.
Valley of the damned” ritorna su sentieri maggiormente possenti e rapaci, mescolando Primal Fear e gli immancabili Iron Maiden e a “End of the road” è affidato il compito di porre fine alle ostilità rivelando il lato riflessivo, evocativo e bucolico della dinastia Beselt (& C.), piuttosto abile nello sviluppare pulsanti sinergie tra percussioni, basso, chitarra acustica e voce.
Che si tratti di una questione genetica (come dichiarò David Lee Roth, quando decise di puntare sui Bissonette …) o di motivazioni meno “scientifiche”, i Sons Of Sounds sono un gruppo solido, compatto, in grado d’innestare idee abbastanza interessanti nel tessuto connettivo di un canovaccio stilistico radicato e rigoroso … speriamo che l’armonia “fraterna” (non sempre duratura, nella storia del rock …) consenta loro future elaborazioni sonore ancora più sorprendenti e peculiari.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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