Copertina 8

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2023
Durata:44 min.
Etichetta:Metal Blade

Tracklist

  1. VELOCITY (S.E.P.)
  2. RELENTLESS
  3. SAILOR ON THE SEAS OF FATE
  4. SACRIFICE
  5. LOOKING GLASS
  6. DARK PARADE
  7. DISTANT SHADOWS
  8. DOWN BELOW

Line up

  • Jim Barraza: guitars
  • Greg Lindstrom: bass , guitars, keyboards
  • Robert Garven: drums
  • Tim Baker: vocals
  • Jarvis Leatherby: bass

Voto medio utenti

Quando ci si trova ad affrontare un nuovo disco con un peso rilevante, uno di quelli che sfoggiano in copertina un nome storico che certamente ha un carico di soggettività, di ricordi, esperienze, emozioni… beh, non è mai facile. Per questo occorre prendersi il giusto tempo e cercare di trattare l’album in modo tranquillo, senza farsi coinvolgere oltre misura, con calma e semplicità.

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH! Bombaaaaaaaa! Sono tornati! Komprareh, perdio! Komprareeeh! TOOOOOOP!

Bene, ora che mi sono sfogato e ho asciugato… le emozioni, cerco di ricompormi.

Tanto lo sapete già che è un bel disco, avete anche sbirciato il voto e potete pure ascoltarvelo da soli senza bisogno che vi dica di farlo. Ma siamo qui per amore della nostra musica, per parlarne, per scambiare impressioni. E allora partiamo.

Forever Black è stato un ritorno insperato, sorprendente, esaltante, di una qualità eccelsa; cosa che dopo quasi trent’anni di inattività della band era inimmaginabile. L’album ha stupito tutti, anche i più scettici, persino chi non aveva mai ascoltato una nota della storica formazione di Ventura. Poi è arrivato il maledetto COVID a tagliare subito le gambe alla rinascita dei Cirith Ungol che non sono però rimasti a guardare. Hanno tenuto accesa quella fiamma che li aveva ridestati dal lungo torpore, hanno saputo attendere nell’ombra, si sono finalmente sfogati con qualche bel live e, infine, sono riusciti a liberare la loro forza e la loro creatività con un altro album, con un’ulteriore prova di amore per la nostra musica preferita: Dark Parade.

Lo dico subito: il nuovo disco non raggiunge a mio parere l'altissimo livello qualitativo del suo predecessore, soprattutto sotto l’aspetto della varietà e dell'assenza, giocoforza, dell’effetto sorpresa. Manca forse un pezzo più diretto e incisivo a spezzare l'ascolto, e il finale del disco (specialmente "Down Below") lo sento un pochino sotto tono rispetto al resto della scoppiettante tracklist. Ma ci arriviamo.

Ciò detto, quello che Baker, Garven e soci ci presentano oggi sono una serie di brani emozionanti e convincenti, con un piglio che sembra live, quasi una jam session senza una forma obbligata da seguire.
La sensazione all’ascolto è quella di scorrazzare liberi nelle praterie dell’heavy metal, dove classic, epic e doom si fondono in modo fluido, naturale e senza costrizioni.

L’ossatura delle canzoni presentati su Dark Parade è abbastanza simile: si viaggia per lo più su mid tempo cadenzati, con l’inserimento ogni tanto di un elemento a spezzare il mood, qualche up tempo misurato, porzioni più rallentate e monolitiche; il cantato di Baker è sempre acido, sguaiato, con una fare cantilenante, una metrica molto uniforme da una canzone all’altra, così come è simile la progressione di accordi che spesso fa da sfondo ai brani.

Sarà un un disco monotono e prevedibile, direte voi. No signori, perché bisogna dedicare una targa, un monumento a Jim Barraza ed ogni piazza dovrebbe ospitare una sua effige e onorarlo. Il chitarrista americano riesce (supportato dal compagno Greg Lindstrom) a ricamare continuamente ogni canzone vergando melodie con la sua chitarra, ora più incisive, ora leggere, portando sempre freschezza, varietà e interesse verso componimenti molto classici nella costruzione. E’ lui il vero eroe di questo disco, capace di scrivere melodie funzionali e assoli spesso prolungati, virtuosi al punto giusto, fermandosi un attimo prima di esagerare. Assoli -dicevo- old style, senza perdersi in tapping, sweep, arpeggio ma invece dando ampio spazio a bending, hammer on/pull off, legato, feeling… e perfino qualche accenno blues ("Looking Glass").

Velocity -l’opener- è proprio un brano giocato su queste continue melodie che si rincorrono su un tempo tra i più veloci del lotto, così come "Relentless" ospita assoli prolungati, cosa che troviamo anche nella già citata "Looking Glass" (emblematica proprio dal punto di vista chitarristico) e così via.
Le canzoni hanno sempre una base heavy doom, a volte con un tono più epico, altre volte sono più massicce, sinistre o cadenzate e marziali (come la potentissima "Sacrifice", dotata di un riff che sembra una frana che scende dalla montagna e ti travolge) ma includono continui piccoli cambi di passo che tengono alta l’attenzione.
Un discorso a parte lo merita la lunga “Sailor on the Seas of Fate” ossessiva e cadenzata fino a metà della sua durata (con una linea che richiama vagamente In the Hall of the Mountain King, Edvard Grieg) poi viene squarciata da un riff tanto semplice quanto potente, da un cambio di ritmo che ti fa letteralmente correre nella stalla a prendere spada e cavallo, mentre ringrazi il cielo per essere metallaro, per poter godere di questa bontà divina.

Lungo la durata di Dark Parade sentiamo anche chitarre spagnole, influenze orientali, leggere tastiere a supporto di tanto in tanto, un colpo di nacchere (!), cawbell a tenere il tempo: tante piccole variazioni che servono a mantenere vive le canzoni. A proposito, i tamburi di Garven sono sempre ben piazzati e mai troppo prevedibili, marziali sì ma non piatti, fantasiosi ma non estrosi, e il nostro baffetto preferito forma con Leatherby una sezione ritmica schiacciasassi. E i suoni? Mioddio come suona questo disco! Una festa per le orecchie dove ogni strumento è perfettamente udibile, potente, naturale e le note escono direttamente dalle cazzo di mani dei musicisti e dall’ugola scartavetrata di Backer. Non è certo roba ultra-processata al computer e tutto questo aiuta ad avvolgere, ad inglobare l’ascoltatore che non si trova di fronte ed un muro di note ma è in mezzo al palco con la band. Sempre parlando di Tim, il cantante usa sì qualche leggero effetto, qualche supporto di tanto in tanto, ma offre una prova sempre convincente e mai artefatta, nel suo stile unico. Mentre l'anagrafe dice 66.

Come accennavo in apertura, le piccole ombre del disco le troviamo... in chiusura. Solitamente la parte finale di un grande album (come Dark Parade senza dubbio è) ha quel qualcosa, quella canzone che ti spinge a premere subito play per riascoltarlo tutto subito, che presenta sorprese nascoste; le ultime cartucce. "Distant Shadows" è invece “solo discreta”; dall'incedere lineare, sì piacevole, atmosferica e scura ma forse priva di quella scintilla che ci si aspetterebbe. Ma è soprattutto "Down Below" ad essere un pochino sotto tono: l'unica del lotto a non convincere fino in fondo a causa della sua staticità e prevedibilità. Qualcosa che lascia leggermente l'amaro in bocca per il “gran finale mancato”.
Nel frattempo le profonde emozioni e le sensazioni positive che scaturiscono dalle altre canzoni sono già entrate in noi e il disco è qualcosa che si ama al primo passaggio nelle orecchie. Poi continua a fermentare, a stratificarsi con gli ascolti... ma quel finale lì lascia un pochettino meh.
Ovviamente è una considerazione del tutto personale; sarebbe certamente più semplice e sbrigativo bollare il tutto come “fantastico/meraviglioso/imperdibile” e avanti il prossimo.

Tirando le somme -non so se a questo punto ci sia ancora qualcuno rimasto a leggere- Dark Parade è l'ennesimo miracolo musicale di una band resuscitata, di una formazione che non ha raccolto nulla in termini di popolarità ma che ha sempre garantito genuine emozioni ai propri fedeli fan a suon di metallo epico e oscuro. I Cirith Ungol non sono mai scesi a compromessi negli anni e sicuramente una voce così velenosa e sgraziata non li ha aiutati ad allargare la propria platea; ma non tutto il metal è fatto per le classifiche, altrimenti si chiamerebbe pop.
Ovviamente Dark Parade è una delle uscite top di questo 2023 e sapete già cosa dovete fare: filate ad ascoltarlo, subito!

-Edit-
Un paio di giorni dopo aver terminato queste righe è stata comunicata la notizia della fuoriuscita di Jim Barraza dalla band per motivi di salute. Ricordo che il chitarrista era entrato in formazione in seguito alla fuoriuscita di Jerry Fogle e aveva suonato sull'ottimo Paradise Lost prima che la band andasse in stand-by. Oltre al grande dispiacere a livello umano per il buon Jim, ci sono rimasto abbastanza male per il comunicato scarno e freddo, fatto uscire in un momento a mio parere sbagliato. Non so, a questo punto e con questa ennesima sfiga, quale futuro possa avere la formazione americana. Nel frattempo attendiamo notizie e, spada in mano, celebriamo Dark Parade come merita.

-Edit II-
Come prevedibile, i Cirith Ungol hanno annunciato la fine della loro attività live al termine 2024, dopo di che la band non si esibirà più dal vivo. Notizie non confermate sottintendono che ci sia altro (screzi interni) oltre ai problemi di salute di Jim. Non è però corretto prendere voci di corridoio come fatti: supportiamo sempre la musica, non le chiacchiere.


Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 21 ott 2023 alle 02:01

Mamma mia, sto contando i giorni quando mi arriva

Inserito il 20 ott 2023 alle 14:23

Ennesimo disco stratosferico. Meno agile ma più massiccio e oscuro del precedente. Suono super, esecuzione super da parte di tutti. Down Below per me non è assolutamente debole ma una sassata nera assoluta. La title track evoca benissimo la magnifica copertina. Detto questo sono tutti dettagli derivati anche da gusti personali. Quello che è importante è che questo disco sia qui in alto, trattato come dovrebbe essere perché ogni metallaro giovane o vecchio dovrebbe essere un fan dei Cirith Ungol.

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